Archivio di Maggio 2011

Il Lab57 – Alchemica interverrà al
Teknival Meeting Rave
by
Kernel Panik, Sono Pirate Unit, Trackerz & Urban Kaos
28-30 Maggio
Italia Nord-ovest
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Il Lab57 – Alchemica interverrà all’ evento:

Cosa c’è sotto? …..
by
Frangette Estreme
XM24 – Via Fioravanti 24, Bologna


>>PROIBIZIONISMO E CONTROLLO SOCIALE: APPELLO CANAPISA 2011

>>Il CANAPISA e’ SOTTO ATTACCO!!!!
Leggi le ultime news…

>>INFO STREET

Il Lab57 sarà presente al Canapisa col suo caratteristico camper ed i suoi operatori per sostenere questa manifestazione di libertà.

>>Vedi tutte le foto e video del Canapisa 2011!!!!

Si è aperto il 16 maggio a Bologna il processo d’appello per la morte di Federico, che a 18 anni ha perso la vita nel 2005 dopo un’intervento della polizia. In primo grado quattro agenti, Enzo Pontani, Paolo Forlani, Monica Segatto e Luca Pollastri sono stati condannati a pene di 3 anni e 6 mesi per l’eccesso colposo nell’omicidio colposo del ragazzo.

Nella seconda udienza del 17 maggio in Corte d’Appello sono state accolte parzialmente le richieste dei difensori dei quattro agenti condannati in primo grado: non ci sarà nessun nuovo sopralluogo in via dell’Ippodromo a Ferrara, non saranno ascoltati vecchi e nuovi testimoni, ma è stato fissato il prossimo 24 maggio un confronto fra esperti sulla causa della morte di Federico.

Questi i fatti, nulla di nuovo, ma è vergognoso secondo noi il modo insinuante e discriminatorio che i media utilizzano per sfruttare e capitalizzare ad ogni costo lo stereotipo del drogato senza nessun timore di infangare la verità e la memoria di omicidii di stato come Aldrovandi o Stefano Cucchi.

Questo è il titolo e un estratto dell’ articolo da Repubblica:

Morte violenta o da stress da stupefacenti
Caso Aldrovandi, esperti a confronto

……….

IL PADRE “Cosa aveva fatto di male?”

La difesa dei quattro poliziotti condannati in primo grado aveva avanzato diverse richieste. Saranno acquisiti memoria e ingrandimenti dei vetrini istologici del professor Claudio Rapezzi, cardiologo bolognese, consulente delle difese dei 4 poliziotti, e una serie di articoli tratti dal sito Pubmed su nuovi studi sugli effetti delle ketamine, droghe sintetiche potenti, in caso di assunzione.

I giudici della Corte hanno deciso d’ufficio di fissare un confronto in aula, il prossimo 24 maggio, tra il professor Rapezzi e il superconsulente delle parti civili Gaetano Thiene: il primo esperto, consulente delle difese, ha sempre sostenuto che la morte di Federico fosse dovuta ad uno stress da katecolamine, sostanze stupefacenti assunte, mentre il professor Thiene ha indicato come tesi delle cause della morte violenta, la compressione del fascio di His, basando questa sua convinzione sulla lettura della fotografia del cuore di Federico agli atti dell’autopsia.

Interpretazione medico-legale che aveva dato lo spunto al giudice di primo grado per avere la prova determinante delle cause della morte del ragazzo, una immobilizzazione eccessiva e violenta da parte degli agenti.

Sulla base di ciò che emergerà dal confronto tra i due consulenti la Corte valuterà se ordinare un’altra nuova perizia medico-legale superpartes. Viene modificato pertanto il calendario d’udienze: cancellate quelle di domani e del 23 prossimo, si torna in aula il 24 per il confronto dei periti e si prosegue il 25 e 30 maggio.

Presente in aula la mamma Patrizia Aldrovandi: “E’ sempre positivo un confronto tra esperti – ha commentato sulle decisioni della Corte -, è un bene che si facciano ulteriori accertamenti anche per confutare le tesi del professor Thiene, un esperto riconosciuto a livello mondiale”

……….

Facciamo nostre le parole di Patrizia Aldrovandi e come sempre cerchiamo di fare chiarezza su come vengono riportate le notizie:

ad esempio le katecolamine, NON SONO “sostanze stupefacenti assunte” (come frettolosamente riporta Repubblica), ma le CATECOLAMINE ( scritto son la c e non con la k!!!!, forse per essere più alla moda e/o per associarla alla famigerata ketamina)

sono sostanze (adrenalina, noradrenalina e dopamina) prodotte naturalmente dal nostro organismo che può aumentarne considerevolmente la produzione  in seguito a stimoli (stress, esercizio muscolare, ipotensione, emorragie, ipossia, ipoglicemia, esposizione al freddo).

vedi http://www.cdi.it/it/SaluteEdEducazione/Esami/CATECOLAMINE/index.html

Nel caso della morte violenta di Federico, è piuttosto evidente e documentato da fotografie tremendevideo lo stress che può aver provocato  il rilascio di CATECOLAMINE nel suo organismo e soprattutto la sua orribile morte.

Inoltre riguardo ai presunti nuovi studi messi agli atti dalla difesa dei 4 poliziotti sull’ uso di ketamina ( e non ketamine al plurale..!?) , aspettiamo di vedere quali siano, considerando che si tratta di un anestetico usato da decenni in chirurgia su umani e animali, si veda comunque  questa recente ricerca (agosto 2010):

…….

Lo studio, condotto dal Mood Disorders Research Unit del National Institute of Mental Health e diretto da Carlos Zarate, si è concentrato su una fascia di pazienti su cui i trattamenti tradizionali non sembrano funzionare.

Lo studio rivela che l’assunzione di ketamina “ha prodotto una immediata (entro qualche minuto) e robusta risposta antidepressiva”. Glieffetti antidepressivi sono pero’ limitati nel tempo: due settimane dopo l’assunzione di ketamina, i pazienti ritornavano a livelli depressivi originali. Cosa peraltro vera anche nel caso di molti farmaci antidepressivi tradizionali.

La ketamina, dal punto di vista fisico, e’ una sostanza sicura. E’ uno dei rari anestetici che non ha effetti diretti sul cuore o sui polmoni. Era usata sui campi di battaglia durante la prima Guerra Mondiale. E’ ancora usata su soggetti che non tollerano altri anestetici, che invece tendono a rallentare la respirazione e il battito cardiaco.

………

Speriamo che la difesa degli agenti tenga ben presente questo studio, anche se smentisce tutto ciò che tentano di dimostrare, cioè che sia l’assunzione di ketamina la causa dell’ arresto cardiaco o di “un’ alterazione psicofisica violenta e incontenibile” tale da giustificare un’intervento dei poliziotti così violento.

Purtroppo questo genere di giornalismo scandalistico è da anni perfettamente prono e funzionale al Teorema del Drogato, di cui è esimio e instancabile propugnatore il Ministro Giovanardi, il quale continua a sostenere che Federico AldrovandiStefano CucchiAldo Bianzino, etc… sarebbero morti comunque perche’ drogati e che tutte le ecchimosi, fratture, ematomi sarebbero gli effetti terribili delle DROGHE assunte da questi “zombi”, come li ha lui stesso definiti senza nessuna vergogna.

E’ questo stesso delirante e vergognoso Teorema che vorrebbe sostenere anche la difesa dei poliziotti che hanno ammazzato Federico, e per questo vi invitiamo tutti a diffondere e divulgare notizie riguardo a questa vicenda e invitiamo tutti a presenziare alle prossime UDIENZE:

IL 24 MAGGIO ORE 10

PER CONTINUARE IL 25 E 30 MAGGIO

PRIMA SEZIONE, CORTE D’APPELLO – TRIBUNALE VECCHIO – PIAZZA DEI TRIBUNALI

 

Facciamo sentire il nostro calore e tutta la nostra solidarietà alla famiglia Aldrovandi e a tutte le vittime della violenza di stato.

>>Vedi il video: Verità, grido il tuo nome! – il video-denuncia sulla morte di Federico Aldrovandi

Lab57 – Achemica

Associazione culturale Livello57

Prossimo intervento Lab57 – Alchemica:
>>Per info vai al sito di Xm24…

7 maggio 2011
morto in via dei toschi  – 35enne – probabile overdose di eroina

4 maggio 2011
morto in via carracci – 46enne – probabile overdose di eroina

26 aprile 2011
morto in piazza dei martiri  – 21enne – probabile overdose di alcool

1 febbraio 2011
morto via in zamboni, facolta di lettere – 28enne – overdose di eroina

11 gennaio 2011
morto in piazza maggiore – neonato – mancanza di cure

E’ ormai consuetudine morire per le strade di Bologna, nessuno se ne “indigna”, la politica pre-elettorale delle poltrone non ne parla, non una riflessione su cosa si dovrebbe fare per far fronte ai disagi che sul territorio si materializzano, per mancanza di qualsiasi intervento, in cadaveri.
Da tempo denunciamo invano a Bologna la pressoché totale assenza d’interventi di riduzione dei rischi con operatori esperti in grado di riconoscere e soccorrere tempestivamente consumatori in difficoltà per overdose o mix pericolosi, come se chi utilizza sostanze psicoattive non abbia più alcun diritto.

Non e’ un caso se l’unica voce che si sente a riguardo dell’ultima morte nelle strade del centro di Bologna e’ l’ associazione di commercianti che chiede piu’ PULIZIA e POLIZIA.

Infatti ormai da anni la politica del PD alimenta la paura della gente rincorrendo le idee xenofobe e razziste di partiti come la lega nord e pdl che demonizzano gli immigrati, i lavavetri, i tossicodipendenti e i senza fissa dimora, ribadendo con il loro immobilismo che le soluzioni ai problemi sociali sono il carcere e i cie, riservando a chi dice NO, denuncie, arresti e manganelli .

Non solo a Bologna ma in tutta la provincia si taglia pesantemente la spesa sociale, chiudono i dormitori e i servizi a bassa soglia, si taglia l’assistenza domiciliare, gli interventi di strada, l’integrazione degli alunni diversabili, gli spazi d’aggregazione giovanile, non si fanno politiche per la casa, si aumentano rette scolastiche e affitti, tutte scelte che stanno portando ad grosso impoverimento delle persone, scelte che negano la dignita’  delle persone che non hanno denaro per comprarsela.

DENUNCIANDO LE “POLITICHE SOCIALI” CRIMINALI dell’intero territorio metropolitano vogliamo sottolineare come siano in linea con quella nazionalfascista del governo centrale, che con le sue leggi lavora per eliminare fisicamente la gente che ha problemi e non i problemi della gente!

Per chi vive per strada, ai margini della società, per chi ha problemi di dipendenza, per immigrati senza documenti e per chi lotta affinche’ queste politiche non avanzino le uniche porte che si aprono sono CARCERE, C.I.E., T.S.O. e FOGLIO DI VIA

RIBELLARSI A TUTTO QUESTO E’ GIUSTO!

COSTRUIRE PERCORSI AUTORGANIZZATI E DI AUTODIFESA DA QUESTE POLITICHE CRIMINALI
E’ NECESSARIO!

Associazione Culturale Livello57 e Lab57 – Alchemica
verso la Settimana delle Culture Antifasciste 23/6 – 1/7 2011

Dopo il pestaggio di due carabinieri nella provincia di Grosseto, associato per fare notizia al Pasquatek di Sorano da quasi tutti i media, abbiamo cercato di fare chiarezza chiedendo al Fatto Quotidiano di pubblicare una rettifica ragionata dei fatti:
Dopo il massacro dei carabinieri il popolo  del rave si ribella: “Non è solo sballo e droga”

Il Lab57 stava intervenendo al contemporeo Pasquatek a Spoleto, che si è svolto senza nessun probelma, sia per la gestione dell’evento, la sicurezza sanitaria e il rapporto con forze dell’ordine che sono arrivati in forze(14 volanti!!!) il 25 mattina, senza che nessuno sapesse nulla dell’ aggressione in toscana.
E’ andato tutto bene per il lavoro degli organizzatori e la piena collaborazione col Lab57, garantendo sia il rispetto che la pulizia del prato montano che ospitava l’evento attraverso rimborsi al bar per chi puliva tutta l’area.

Inoltre pubblichiamo volentieri l’articolo Il «rave» come capro espiatorio , pubblicato per la rubrica di Fuoriluogo sul Manifesto del 4 maggio 2011, di Stefano Bertoletti, del Progetto Extreme, un servizio di riduzione dei rischi che è intervenuto al Pasquatek toscano proprio grazie ad un nostro contatto con alcuni degli organizzatori.

Stefano Bertoletti commenta per la rubrica di Fuoriluogo sul Manifesto del 4 maggio 2011 la vicenda dell’aggressione ai carabinieri a Grosseto.

Fonte: Il Manifesto, di Stefano Bertoletti 04/05/2011

Due carabinieri sono stati massacrati a bastonate per un ritiro di  patente che stavano effettuando dopo l’alcoltest: l’aggressione barbara avvenuta a Manciano, vicino a Grosseto, da parte di quattro ragazzi (tre minorenni) ad un posto di blocco colpisce per il grado di violenza e per la dimensione di rabbia folle che rivela.
E’ però sbagliata  l’associazione fatta dai media (e da politici importanti come il presidente della Regione Toscana) con la presenza di un rave party nella zona, come se questo fosse il vero responsabile dell’episodio.
Ero presente a quel rave come operatore del Progetto Extreme, che, insieme ad altri servizi di riduzione dei rischi sul territorio nazionale, riesce ancora a raggiungere questo tipo di eventi divenuti sempre più rari e nascosti: il “Pasquatek”, un technival storico quest’anno alla sua prima edizione in Toscana, è iniziato sotto la pioggia nella serata del 23 Aprile per durare fino al 25 in un’area privata concessa agli organizzatori, una radura piuttosto ampia circondata da boschi.
Partecipavano 500 persone, progressivamente in aumento: una situazione complessivamente tranquilla e gestibile, con una presenza di forze dell’ordine efficiente ma discreta e non scoraggiante per chi voleva vivere l’evento.
Quanto all’aggressione ai carabinieri, si è scoperto che i ragazzi autori del fatto erano sì diretti al rave provenienti da una discoteca fiorentina, ma non l’hanno mai raggiunto. Un aspetto che non cambia assolutamente la gravità dell’episodio, ma rende insensata la rappresentazione fornita da tutti giornali: il rave è stato messo sul banco degli accusati, indicato come l’origine dell’episodio criminale.
Non vi è invece relazione tra l’aggressione e il rave e, su un piano più generale, ci appare semplicistico e rischioso considerare i rave, insieme ad altri ambienti del divertimento, come un problema da risolvere, banalmente, proibendo. Il che non toglie che si debba riflettere seriamente sulla crescita degli episodi di violenza negli ultimi anni sia negli ambienti del divertimento che in altri ambienti pubblici, piazze, stadi: sembra diffondersi (anche) tra gli adolescenti un sentimento di rabbia che spesso sfocia in violenze a volte dure e imprevedibili, insieme a una incapacità di riconoscere limiti, leggi o di rispettare coloro che li devono tutelare. Senza affrontare questi temi non è possibile garantire seriamente sicurezza ai cittadini e alle forze dell’ordine quotidianamente impegnate in strada.
Anche per i rave e le feste autorganizzate qualcosa si può fare.
La maggioranza sia degli organizzatori di eventi che dei frequentatori è disponibile –penso-  a collaborare per modificare gli aspetti maggiormente rischiosi che possono compromettere l’andamento delle attività e della vita quotidiana. Per questo pare una buona idea quella suggerita dal Presidente della Regione Toscana, di varare leggi regionali che possano regolare in modo più preciso eventi e manifestazioni come i rave party: a patto che questo significhi pensare a come rendere accessibili spazi pubblici o privati per svolgere questo tipo di manifestazioni rispettando regole precise riguardo alla gestione dello spazio con i servizi necessari per la loro sicurezza.
Attualmente questo non accade, perché le leggi vigenti e le attuali politiche di divieto rendono praticamente impossibili i rave: tanto da aver creato la progressiva fuga nel “sommerso”degli eventi, che avvengono ormai in situazioni di totale occultamento e in assenza di ogni criterio di sicurezza. In altri casi, come a Manciano, i rave si tengono in spazi privati presi in affitto, al pari di altri eventi che però non subiscono gli stessi processi di stigmatizzazione.  Seguendo questa strada, le Regioni interessate potrebbero, come si è detto, avere la sorpresa di trovare una disponibilità anche da parte di chi organizza questo tipo di eventi e la comprensione da parte di coloro che li frequentano, non più costretti a nascondersi.
Sarebbero ben disponibili anche gli operatori dei servizi di riduzione dei rischi, che ormai da più di un decennio lavorano concretamente per garantire la salute pubblica. Anche in quei contesti del divertimento dove a qualcuno sembra inutile intervenire, preferendo la (assai pericolosa) scorciatoia della proibizione.

 

Dopo il massacro dei carabinieri il popolo  del rave si ribella: “Non è solo sballo e droga”

Cronaca | di Lorenzo Galeazzi

28 aprile 2011, Il Fatto Quotidiano

Nonostante i protagonisti del pestaggio non stessero tornando da un rave ma da una dscoteca, il caso riporta d’attualità questo tipo di feste che nell’accezione comune richiamano solo all’abuso di droghe. Un fenomeno che, almeno nelle origini, al contrario voleva coniugare musica elettronica e culture giovanili, danza e protesta politica

Il caso di cronaca avvenuto durante il ponte pasquale a Sorano, in provincia di Grosseto, ha riacceso i riflettori sul fenomeno dei rave party. Poco importa la scoperta che i giovani protagonisti del pestaggio non stessero tornando da un rave, ma da una serata brava in discoteca. Ecco i fatti. Due carabinieri sono stati pestati brutalmente da quattro ragazzi poco distante dal luogo di una di quelle feste. La colpa dei due militari? Avere fatto l’alcool test al guidatore della macchina e comunicargli che, visti i risultati, la patente gli sarebbe stata sequestrata. Tanto è bastato per far scattare la violenza contro i due agenti che sono stati pestati con pugni, calci e una spranga di ferro. I due feriti si trovano ricoverati in gravi condizioni: uno è in coma farmacologico per le percosse subite, l’altro rischia di perdere un occhio. Mentre per i quattro ragazzi (fra cui un solo maggiorenne) è stato confermato il fermo di polizia e le accuse nei loro confronti sono gravi, a partire dal duplice tentato omicidio. Al momento non sono ancora disponibili i referti tossicologici in modo da appurare se il branco abbia agito, oltre che sotto l’effetto dell’alcool, anche sotto l’effetto di qualche droga.

Assieme alla condanna per l’episodio, a finire sotto accusa sono state anche questo tipo di feste che, è bene ricordarlo, sono per definizione illegali o, come dice il popolo dei rave, free e cioè libere. A cominciare dal presidente della Regione Toscana Enrico Rossi che ha chiesto un intervento del Parlamento per “consentire ai sindaci di esercitare la loro attività di controllo”. Peccato però che i quattro protagonisti del “pestaggio di pasquetta” non stessero tornando dal rave, ma da una discoteca. E che all’origine della violenza bovina non ci fossero i contestatissimi party ma una notte di sballo nei locali fiorentini à la page. Come riportano le cronache, il branco stava andando e non tornando dalla festa illegale nella città toscana.

Anche se il collegamento diretto fra il rave e l’episodio di cronaca è venuto clamorosamente a mancare, quanto accaduto a Sorano ha colpito ed è stato condannato dalla stessa comunità che frequenta e organizza questo genere di eventi. Il loro timore adesso è che la repressione contro i rave da parte delle forze di sicurezza si faccia ancora più massiccia.

“I rave party sono sempre stati nell’occhio del ciclone per le loro caratteristiche di libertà e di divertimento non convenzionale – dice un organizzatore di party che non vuole rivelare il suo nome – ma è scorretto associare ai party gli episodi spiacevoli come quello di Grosseto”. Un’opinione condivisa anche da un operatore del Lab 57, un’organizzazione che si occupa di “riduzione del danno” durante le feste: “Quello che è accaduto a Sorano poteva tranquillamente accadere all’uscita di una discoteca o a qualunque altro luogo di aggregazione giovanile. Il problema della violenza cieca non riguarda i rave, piuttosto ha a che vedere con i modelli culturali della società nel suo complesso”. Non è facile entrare in contatto con i protagonisti di quel mondo, i pochi disponibili a parlare lo fanno solo sotto anonimato. “E’ perché le nostre feste sono illegali e siamo sempre sotto la lente della polizia. Anche se non facciamo niente di male”.

Insomma il popolo dei party non ci sta a essere associato a quanto accaduto durante la nottata di follia di Grosseto. Eppure il connubio rave-droga-violenza per molti è un dato di fatto. “Non mi stupisce affatto questo tipo di atteggiamento – dice un dj molto famoso nel circuito delle feste – E’ perché siamo un movimento underground, che la gente conosce poco e che i giornalisti declinano con stereotipi del tipo ‘raver drogato e violento’”.

Ma che cosa sono esattamente i rave party? “E un movimento che si colloca fra musica e contestazione politica che arriva in Italia dall’Inghilterra nei primi anni novanta”, dice Michele, ex dj della Tekno Mobil Squad, una delle crew più famose in Italia. “Quando organizziamo un rave party, di solito occupiamo uno stabile industriale di una qualche periferia urbana. Creiamo una Taz, una zona temporaneamente autonoma che utilizziamo per il tempo della festa e poi la restituiamo alla città”.

L’origine del fenomeno coniugava la musica tecno, le culture giovanili e la protesta politica. Peccato che negli anni questi aspetti siano andati scemando tutto a vantaggio di una cultura dello sballo che di politico ha ben poco. “E’ vero – continua il dj – Ciò che era nato come un movimento underground, quindi per definizione poco diffuso e limitato ad un numero ridotto di persone, è stato gradualmente trasformato in un movimento di massa. La ‘tempesta’ di articoli che dipingevano il rave come un mercato della droga, un ritrovo di spacciatori, ha fatto sì che fosse sempre più frequentato dalle persone interessate esclusivamente a questi aspetti. Questa pubblicità negativa ha favorito l’accesso di un pubblico sbagliato”. Un circolo vizioso che si è andato autoalimentasi e quando si parla di rave, si pensa allo spaccio, al consumo e alle morti per overdose o mix fatali di sostanze. “E’ fuorviante pensare che i rave siano l’unico posto in cui la gente può sballare – attacca l’operatore di Lab 57 – In discoteca succede molto di peggio dove chi consuma droga lo fa in un ambiente poco sicuro per se stesso e per gli altri”.

Il Lab 57 è un’organizzazione vicina al mondo dei rave party che si occupa di riduzione del danno. “Quando viene organizzata una festa – racconta l’esponente di Lab 57 – noi contattiamo gli organizzatori e allestiamo una zona di decompressione, al riparo dalla musica assordante, in cui distribuiamo bevande analcoliche e materiale informativo sulle varie sostanze. C’è anche un equipe pronta a intervenire in caso di abuso di qualche sostanza. Questa è quella che noi chiamiamo riduzione del danno”.

Anche nel rave di Soriano era presente un’unità come la vostra? “Sì – risponde l’operatore – ma è ovvio che unità di quel tipo, che lavorano con pochissimi fondi, non riesca a intercettare le centinaia di persone che partecipano alle feste”. Dai gabinetti delle sale da ballo milanesi frequentate da veline e calciatori alle atmosfere fumose dei rave party, il binomio festa uguale sballo è sempre più presente. Con buona pace dei pionieri dei rave che pensavano di far passare un messaggio di protesta politica attraverso le casse che sparavano acid house, tecno trance o drum ‘n bass. Il problema è il consumo, non il tipo di festa, commerciale o underground, legale o illegale che sia.

aggiornato alle 16.27 del 28 aprile 2011

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