UNA DECOROSA REPRESSIONE
Tre giorni di discussione e incontri su corpi, decoro e repressione
23-24-25 Febbraio 2018 – Bologna
https://www.facebook.com/events/399625527146401
http://www.ecn.org/xm24/evento/decorosa-repressione-giorno-1-forme-vita/?instance_id=33782
PROGRAMMA [IN AGGIORNAMENTO]
Giorno 1 // FORME DI VITA
Venerdì 23 Febbraio, Xm24 (via Fioravanti 24)
Dalle 18:00
Tavola rotonda: Dal daspo negli stadi al daspo urbano
Intervengono:
– Andrea Ferreri
(autore di “Ultras, i ribelli del calcio”, http://www.bepress.it/ )
Associazione di mutuo soccorso (https://mutuosoccorso.noblogs.org/)
– Giso Amendola (docente di Sociologia del diritto – Università di Salerno)
[in aggiornamento]
Ore 20:00 cena
Dalle 21:00
Free Party: repressione, messa a profitto e prospettive politiche
Intervengono:
Tobia d’Onofrio (autore di “Rave new world”, http://www.agenziax.it/rave-new-world/)
Pablito el drito (autore di “Once were ravers”, http://www.agenziax.it/pablito-el-drito/)
Alessandro de Pascale (autore di “Guerra e droga” http://www.castelvecchieditore.com/prodotto/alessandro-de-pascale-guerra-droga-con-una-nota-finale-di-antonio-maria-costa-postfazione-di-lab57-e-infoshock/ )
e i collettivi/sound
Lab57 (Bologna)
[in aggiornamento]
Un indecoroso festeggiare. Free party: repressione, messa a profitto, prospettive politiche
(venerdì 23 febbraio h21)
Il controllo dei corpi, degli spazi che questi vivono, passa anche dal divertimento. I provvedimenti istituzionali che mirano a regolamentare le modalità, i tempi e i luoghi della socialità si moltiplicano a vista d’occhio. Tra i molti obiettivi che animano queste strategie, sicuramente si può individuare, da un lato la gestione del profitto che deriva dalle attività ricreative (no money, no party!), dall’altro il controllo del divertimento stesso, portato avanti con ordinanze e polizia, ai fini di assicurare ai cittadini un tempo libero protetto dal disordine, dal bivacco, dal caos notturno di musica assordante e dal consumo abusivo di alcolici (non parliamo delle droghe!).
Insomma, un tempo libero che, con il pretesto del decoro, viene ritagliato e modellato ottimizzando la sua messa a profitto.
Sin dalla sua nascita, l’esperienza dei free party ha risposto all’esigenza di affermare una zona altra, esterna alle dinamiche imposte dalle istanze economiche, amministrative, istituzionali che regolano la quotidianità dello spazio “pubblico” e di chi lo attraversa. Una zona libera dai grossi flussi economici, ottenuta mediante la pratica dell’occupazione e regolata attraverso la possibilità di accedervi liberamente. Una zona libera dai tempi della società civile, in cui la musica può andare avanti per interi giorni. Una zona ostile al proibizionismo, alla politica volutamente miope e riduttiva che lo caratterizza. In poche parole una zona che nasce, si organizza e si moltiplica nell’illegalità; che non riconosce, e spesso contesta, la legalità come limite applicabile alla propria possibilità di articolazione. Nella sua connotazione più politicizzata, questo complesso fenomeno, ha saputo allestire una critica alle forme di socialità offerte e imposte dall’esistente, contagiando in maniera virale le geografie di città, zone industriali e rurali, donando loro, in zone circoscritte e per tempi relativamente limitati, una fisionomia aliena al grigiore consuetudinario.
Ma i tempi sono cambiati. Chi ha vissuto la stagione d’oro delle feste ne parla con nostalgia, come di una parentesi meravigliosa e irrimediabilmente perduta. Eppure i free party continuano a esserci; le persone continuano ad andarci.
È chiaro come l’organizzazione di queste feste, che si muove nella dimensione dell’illegalità, sia stata costantemente oggetto di numerose azioni repressive. Controlli, denunce e sgomberi hanno sempre accompagnato la storia dei free party. Con il passare del tempo le strategie di controllo si sono sedimentate, è stata collaudata una serie di risposte, nella lotta a questo tipo di esperienze. Il controllo è divenuto capillare negli ultimi anni, setacciando informazioni che sempre più girano su Facebook, su Whatsapp, sui GPS dei cellulari.
Indubbiamente, molte delle istanze portate avanti dal movimento dei free party sono state convertite e reinserite nel grosso flusso di denaro. Locali privati organizzano serate goa fino alla mattina. Grandi festival richiamano migliaia di persone, spingendo musica tekno per giorni. Il tutto rigorosamente per il business. La possibilità di raduno è garantita, in uno spazio ritagliato, regolamentato, assicurando la possibilità di usi e consumi con prezzi da club.
D’altro canto neanche le feste illegali che continuano a svolgersi, sono aliene alla messa a profitto. In diverse occasioni, la volontà di battere cassa si è imposta sulle altre dinamiche, trascurando le istanze di autonomia che pur sempre hanno caratterizzato l’esistenza dei free party.
Di conseguenza, sentiamo la necessità di proporre una discussione attorno alle possibilità di riorganizzazione di queste feste, con l’obiettivo di coinvolgere chiunque viva questo momento, non solo come una semplice sospensione carnevalesca della vita quotidiana, ma come forma di esperienza che porti con sé una critica al reale. Un confronto teso ad affrontare le contraddizioni che attraversano l’organizzazione di questi eventi, provando a sviluppare dal basso delle prospettive di auto-organizzazione politica. Un dibattito che ponga al centro l’esclusione di forme di fascismo, sessismo, razzismo dalla nostra voglia di divertirci. Un divertimento che rivendica la propria opposizione alle dinamiche del profitto e del controllo.