CHIUDERE TUTTI I MANICOMI CRIMINALI (OPG) !!!!!!
28 Marzo 2015
Corteo a Reggio Emilia
– Nuovo CONCENTRAMENTO ore 14,30 in Piazza Gioberti
– al termine del corteo saluto sotto l’OPG di Reggio Emilia
CAMPAGNA NAZIONALE PER LA CHIUSURA DEGLI OPG
(gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari)
LIBERIAMOCI DEI MANICOMI
LIBERIAMOCI DELLA PSICHIATRIA
>>> Info sul sito del Collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud
TSO e altre robe da matti. Guida all’autodifesa
>>>> Leggi e Scarica l’ Opuscolo….
TSO e altre robe da matti. Guida all’autodifesa
A seguire il documento della Campagna per la chiusura degli OPG
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Tra realta’ psichiatrica e carceraria
CHIUDERE TUTTI I MANICOMI CRIMINALI
– CAMPAGNA PER LA CHIUSURA DEGLI OPG
gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari)
LIBERIAMOCI DEI MANICOMI, LIBERIAMOCI DELLA PSICHIATRIA
a cura di
RETE ANTIPSICHIATRICA per contatti: violazione@autistici.org
Composta da gruppi, associazioni e individualità impegnati nella lotta
contro i metodi della psichiatria.Alcune di queste realtà offrono un
concreto sostegno alle persone che si trovano nella morsa psichiatrica o
che rischiano ben presto di caderci.
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CENNI STORICI
Il Manicomio Criminale (MC) come principale istituzione per l’esecuzione
delle misure di sicurezza è stato introdotto nel 1876 e regolamentato
nel 1930 con il Codice Rocco.
Nel 1891, con il Regio Decreto 1 febbraio 1891, n. 260 “Regolamento
generale degli stabilimenti carcerari e dei riformatori governativi”, il
Manicomio Criminale viene ridenominato Manicomio Giudiziario (MG), pur
rimanendo sostanzialmente invariato.
Nel 1975, con la Legge n. 354 “Norme sull’ordinamento penitenziario e
sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta”
(legge Gozzini), il Manicomio Giudiziario (MG), viene ridenominato
Ospedale Psichiatrico Giudiziario (OPG), pur rimanendo sostanzialmente
invariato come principale istituzione per l’esecuzione delle misure di
sicurezza.
Le riforme carcerarie del ’75-’86 e quelle psichiatriche del ’65-’78
hanno prodotto solo un cambiamento di definizione.
In tutti questi anni, mentre l’OPG è rimasto cristallizzato nella sua
forma fascista, con la legge 180/1978 gli Ospedali Psichiatrici vengono
lentamente smantellati e sostituiti da una serie di istituzioni
(ospedali, case famiglia, comunità, ecc.) ed il ricovero coatto viene
regolamentato e ridefinito come Trattamento Sanitario Obbligatorio in
reparto psichiatrico.
Allo stesso modo le carceri vengono formalmente coinvolte in un processo
di apertura, che paradossalmente conduce ad un allargamento della
popolazione carceraria tramite un più ampio e capillare sistema di
controllo esterno al carcere. Con la legge Gozzini le carceri si aprono
alla società e si instaurano una serie di misure alternative
all’internamento.
L’individualizzazione della pena, voluta dalla Gozzini, ha fatto
sviluppare nell’ambito carcerario ipotesi sul soggetto criminale sempre
più somiglianti alle pratiche psichiatriche sui “malati di mente”;
infatti i percorsi rieducativi si confondono con quelli terapeutici e
gli psicofarmaci si diffondono massicciamente anche in carcere .
Negli anni ’70-’80 una rivoluzione culturale antisegregazionista si
afferma sul piano legislativo, ma nella realtà rimangono inalterati il
pregiudizio di pericolosità sociale del malato mentale e lo stigma del
recluso.
Se nel tempo l’attenzione politica e legislativa si è spostata dalla
malattia al malato, dalla pericolosità al disagio, e dalla punizione
alla rieducazione, nella società i corpi degli psichiatrizzati e dei
carcerati sono rimasti comunque esclusi e imprigionati.
Una nuova tecnologia del controllo sociale si diffonde: l’industria
farmacologica sforna prodotti capaci, in alcuni casi, di sostituire le
camicie di forza, i letti di contenzione e le sbarre.
Qual è e qual è stato il fondamento di tutte queste istituzioni deputate
all’esecuzione delle misure di sicurezza?
E’ ed è sempre stato l’internamento di una persona giudicata socialmente
pericolosa, cioè di una persona che potrebbe reiterare la stessa
condotta in futuro.
In altre parole, si priva della libertà un individuo per quello che si
suppone sia e non per quello che effettivamente fa.
Tale principio è un fondamento delle società autoritarie: non a caso è
stato il fascismo a introdurre le misure di sicurezza, tra le quali
rientra anche il confino.
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LA SITUAZIONE OGGI
E’ del 30 maggio 2014 la Legge n°81 che converte il decreto legge del 31
marzo 2014 n°52 recante
disposizioni in materia di superamento degli Opg (Ospedali Psichiatrici
Giudiziari).
Il decreto n° 52/2014 prevede la proroga dal 1° aprile 2014 al 31 marzo
2015 il termine per la chiusura degli OPG e la conseguente entrata in
funzione delle REMS (Residenze per l’Esecuzione Misure Sicurezza).
Attualmente in Italia gli OPG presenti sono sei e si trovano ad Aversa,
Napoli, Barcellona Pozzo di Gotto, Montelupo Fiorentino, Reggio Emilia,
Castiglione delle Stiviere.
Ad oggi, in questi veri e propri manicomi criminali, ci sono rinchiuse
circa 850 persone.
I dati nel trimestre 1 giugno/1 settembre 2014 segnalano: n. 84 ingressi
contro n. 67 persone dimesse; quindi continuano nuovi ingressi,
nonostante si debbano privilegiare le misure alternative al ricovero in
OPG.
Come si finisce in un OPG? In Italia, in caso di reato, se vi sia
sospetto di malattia mentale, il giudice ordina una perizia
psichiatrica; se questa si conclude con un giudizio di incapacità di
intendere e di volere dell’imputato, lo si proscioglie senza giudizio e
se riconosciuto pericoloso socialmente, lo si avvia a un Ospedale
Psichiatrico Giudiziario (articolo 88 c.p.) o in una struttura
residenziale psichiatrica per periodi di tempo definiti o meno, in
relazione alla pericolosità sociale.
Entrando nello specifico, il Decreto prevede l’eliminazione del
cosiddetto ergastolo bianco, che consiste nell’indeterminatezza della
durata dell’internamento.
Nelle future REMS la durata della misura di sicurezza non potrà essere
superiore a quella della pena carceraria corrispondente al medesimo
reato compiuto: ci preoccupiamo, pertanto, del fatto che le persone che
hanno già scontato in OPG tale pena non finiscano nelle REMS, ma vengano
liberati subito e senza condizioni.
Tuttavia la legge prevede, al momento della dimissione dagli OPG,
percorsi e programmi terapeutico-riabilitativi individuali, predisposti
dalle regioni attraverso i dipartimenti e i servizi di salute mentale
delle proprie ASL.
Alla fine di tale percorso, qualora venga riscontrata una persistente
pericolosità sociale, è comunque prevista la continuazione delle
esecuzione della misura di sicurezza nelle REMS.
Tradotto significa l’inizio di un processo di reinserimento sociale
infinito, promesso ma mai raggiunto, legato indissolubilmente a pratiche
e sentieri coercitivi, obbligatori, contenitivi .
Come ben ricorda Giorgio Antonucci, il manicomio non è una struttura,
bensì un criterio; la continua ridenominazione di tali strutture sopra
riportata, infatti, non può nascondere la medesima contraddizione di
fondo: l’isolamento del soggetto dalla realtà sociale per la sua
incapacità di adattamento nei confronti di un mondo su cui nessuno muove
mai alcuna questione e che nessuno mette mai in discussione.
L’intervento diventa così a priori manipolativo.
Nella realtà, pertanto, è lo stesso obbligo a una perenne assistenza
psichiatrica territoriale a configurarsi come un vero e proprio
ergastolo bianco.
Noi crediamo, invece, nel bisogno e nella costituzione di reti sociali
autogestite e di spazi sociali autonomi, in grado di garantire un
sostegno materiale, una casa senza compromessi di invalidità, nonché un
reddito e un lavoro non gestiti dai servizi socio-sanitari, bensì
autonomamente dal soggetto.
Una rete in grado di riesumare e coltivare quel legame unico,
antispecialistico e non orientato a una cura protocollare che, in nome
della scienza, non lascia spazio all’uomo.
Quel legame sciolto dal discorso capitalistico, demiurgo di consumatori
in solitario godimento.
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IN ALTRE PAROLE…
Chiudere i manicomi criminali senza cambiare la legge che li sostiene
vuol dire creare nuove strutture, forse più accoglienti, ma all’interno
delle quali finirebbero sempre rinchiuse
persone giudicate incapaci d’ intendere e volere.
La questione, insomma, non può essere risolta con un tratto di penna,
non è sufficiente stabilire che quello che è stato non deve più essere,
e pensare che il problema si risolva da sé. È vero che per troppo tempo
gli Opg sono stati un territorio dimenticato in cui ogni dignità e
diritto sono annullatati ma ci sono da più di un secolo e mezzo e la
legge che gli regola è del 1904.
Per abolire realmente gli OPG bisogna non riproporre i criteri e i
modelli di custodia ma occorre metter mano a una riforma degli articoli
del codice penale e di procedura penale che si riferiscono ai concetti
di pericolosità sociale del “folle reo, di incapacità e di non
imputabilità”, che determinano il percorso di invio agli Opg.
Viene ribadito, oltretutto, il collegamento inaccettabile cura-custodia
riproponendo uno stigma manicomiale; dall’altro ci si collega a sistemi
di sorveglianza e gestione esclusiva da parte degli psichiatri,
ricostituendo in queste strutture tutte le caratteristiche dei manicomi.
La proliferazione di residenze ad alta sorveglianza, dichiaratamente
sanitarie, consegna agli psichiatri la responsabilità della custodia,
ricostruendo in concreto il dispositivo cura-custodia, e quindi
responsabilità penale del curante-custode.
La questione non è solo la chiusura di questi posti: non si tratta solo
di chiudere una scatola, per aprirne tante altre più piccole. Il
problema è superare il modello di internamento, è non riproporre gli
stessi meccanismi e gli stessi dispositivi manicomiali. Il problema non
è se sono grossi o piccoli, il problema è che cosa sono. Il manicomio
non è solo una questione di dove lo fai, se c’è l’idea della persona
come soggetto pericoloso che va isolato, dovunque lo sistemi sarà sempre
un manicomio. Magari più bello, più pulito, ma la logica dominante sarà
sempre quella dell’esclusione e non dell’inclusione.
La Legge 81/2014 con la misura di affidamento ai servizi sociali
costituisce un passo in avanti nella riduzione delle misure reclusive
totalizzanti, ma, mantenendo inalterato il concetto di pericolosità
sociale, non cambia l’essenza della modalità di risoluzione della
questione.
Nonostante sia previsto un maggiore contatto dell’individuo con la
società, l’isolamento rimane all’interno dell’individuo attraverso
trattamenti psicofarmacologici debilitanti che conducono a fenomeni di
cronicizzazione.
Cambieranno i luoghi di reclusione, in strutture meno fatiscenti e più
specializzate, ma allo stesso tempo ci sarà una gestione affidata al
privato sociale, andando così incontro a fenomeni di allungamento della
degenza per mantenere i finanziamenti, con una presa in carico vitalizia
ad opera dei servizi psichiatrici.
Questa legge non soddisfa l’idea di un superamento di un sistema
aberrante e coercitivo, infatti permangono misure di contenzione
svilenti per l’individuo e trattamenti farmacologici troppo debilitanti
e depersonalizzanti per poter essere definiti positivi per la persona.
Uno concreto percorso di superamento delle istituzioni totali passa
necessariamente da uno sviluppo di una cultura non segregazionista,
largamente diffusa, capace di praticare principi di libertà di
solidarietà e di valorizzazione delle differenze umane contrapposti ai
metodi repressivi e omologanti della psichiatria.
Note
[1]La ridenominazione è un elemento centrale nella storia della
psichiatria: da quella del Manicomio Criminale (MC-MG-OPG-REMS) a quella
dell’Elettroshock (oggi definito Terapia ElettroConvulsiva –TEC-). Lo
scopo è evidentemente quello di “cambiare nome” per “cambiare
significato” e nascondere così gli orrori legati a certe pratiche e a
certe strutture. (M. Foucaut, L’ordine del discorso,1971; J.Lacan,
Seminario XVII, 2001).
[1] Dal 1930 nel Manicomio Criminale sono stati internati i folli rei e
i rei folli.
I folli rei sono coloro che hanno compiuto un reato in stato di
incapacità di intendere e di volere per infermità mentale, sono stati
prosciolti ma internati perché ritenuti socialmente pericolosi.
I rei folli, invece, sono coloro che hanno compiuto un reato, sono stati
condannati ad una pena detentiva e, successivamente, in carcere sono
stati riconosciuti socialmente pericolosi per infermità mentale.
Nella proposta di superamento degli OPG, le REMS accoglieranno i folli
rei condannati alla misura di sicurezza; mentre i rei folli rimarranno
all’interno delle carceri, trasformate in novelli OPG.
[1] F.Rahola, Zone definitivamente temporanee, 2003