Cannabis| di Federico Martelli|
19 April 2019
Cosa significa ‘smettere di fumare perché l’erba è diventata troppo forte’?
La cannabis con alti livelli di THC è una realtà, ma c’è molta confusione sul tema.
Fin da quando ero adolescente, chiunque mi guardi in faccia o mi senta parlare ha l’impressione che io sia un “fattone.” La verità è che al di là delle apparenze non sono un grande consumatore di cannabis. E il motivo principale è l’ansia che mi sale quando fumo—dovuta a sua volta all’ansia che provo già al naturale. Semplicemente, quell’atteggiamento pacifico che viene scambiato per fattanza è dovuto al fatto che l’ansia consuma tutte le mie energie, lasciandomi esausto.
Il mio rapporto con la cannabis è iniziato nell’adolescenza e gli effetti sopracitati mi hanno sempre accompagnato, ma è solo quando sono andato a vivere da solo che ho iniziato a farne uso quotidianamente, sperimentando appieno lo stato confusionale relativamente blando che ancora oggi innesca in me. (In questo senso, mi tornano in mente le parole illuminanti del saggio di Carl Sagan sull’erba: “La cannabis mi ha trasmesso com’è la sensazione di essere ‘matto’ e la consapevolezza che noi usiamo la parola ‘matto’ per evitare di pensare a cose che sono troppo dolorose per noi.”)
In quel periodo ho anche cambiato frequentazioni, aprendomi al mondo della vita notturna. Lì ho scoperto che molti prendono di tutto, ma hanno il terrore dell’ansietta provocata dalle canne—così, nella maggior parte dei casi, io ero l’unica persona che voleva fumare. Per queste ragioni, da qualche anno ho smesso di fumare tutti i giorni.
All’epoca non ho fatto troppe indagini sulla cosa, dando la colpa all’esistenza di una fantomatica cannabis potenziata—una prospettiva condivisa da diversi conoscenti e rintracciabile in numerosi articoli e discussioni online. Il sottotesto è sempre lo stesso: “Ho smesso perché l’erba era diventata troppo forte.”
Dato che penso che le sostanze psicotrope siano una risorsa per l’umanità e che non vorrei mai essere associato a chi si rifiuta di capire come funzionano, ho interrogato qualcuno più qualificato di me per trovare risposta alle seguenti domande: fumiamo davvero erba in qualche modo “potenziata”? Questa ossessione per il THC dei produttori di erba ci renderà tutti folli? C’è qualcuno in Italia che ha documentato in modo sistematico questo aumento di potenza?
La prima persona che ho contattato è Max di Lab57, un progetto di Bologna che da 20 anni fornisce supporto informativo, ascolto psicologico e punto di primo soccorso per evitare le conseguenze dell’abuso di sostanze, unici in Italia a offrire gratuitamente dal 1998 la possibilità di effettuare in forma anonima test colorimetrici delle sostanze più diffuse.
Max ha fatto subito naufragare la mia speranza di trovare qualcuno che avesse condotto studi sistematici, spiegando che l’unica tecnica per rilevare il livello di THC nell’erba è quella gas-cromatografica. Viene usata nei laboratori tossicologico-forensi, degli ospedali, e nei laboratori privati a pagamento. A richiederla sono principalmente i produttori di cannabis light che devono assolutamente rientrare nel range di THC concesso dalla legge.
In ogni caso, il membro di Lab57 trova la domanda sull’erba potenziata mal posta. ”Cosa vuol dire erba potenziata? Possiamo ad esempio risalire a una delle prime volte in cui è stata diffusa questa espressione: cioè quello del Caso Amnesia. Si tratterebbe di una qualità di erba intrisa di metadone, eroina, acido di batteria, cocaina—di tutto quello che ti pare. È una bufala diffusa dai giornalisti, grazie anche alla pubblicazione da parte delle Forze dell’Ordine di comunicati stampa fuorvianti. Non c’è nessuna evidenza che sul mercato sia mai arrivata erba trattata in questo modo. Questo esempio è l’emblema di cosa significa parlare in questi termini: si crea solo confusione.”
La ricerca di un maggior livello di THC da parte dei produttori invece è reale, e ha portato a perfezionare le tecniche di coltura, lavorazione e di assunzione.
Se nell’ultimo caso può bastare l’esempio del vaporizzatore, che ha un effetto molto più potente rispetto a una classica canna di erba col tabacco, tra le tecniche di coltura Max cita talee, innesti, selezione delle genetiche, semi autofiorenti e/o femminizzati, lampade elettriche a Led specifiche, o cogliere il prodotto nel momento della fioritura, in cui il livello di THC è maggiore (tendenzialmente: più resta sulla pianta, più aumenta il CBD). Quanto ai metodi di lavorazione che assicurano un maggior livello di THC, questi comprendono la classica estrazione alcolica per ottenere olio di cannabis concentrato, l’estrazione di resina di cannabis a freddo, con acqua ghiacciata, o l’estrazione di Butane Hash Oil o Butane Honey Oil, eseguita con gas butano, con cui si raggiungono percentuali altissime di THC (dal 20 percento della pianta, fino al 90).
Ma c’è un altro aspetto importante da sottolineare: quando si parla in modo semplicistico di sostanze psicotrope, si tende a credere che producano sempre gli stessi effetti in tutte le occasioni e su chiunque. Invece, spiega Max, “vale sempre la regola del triangolo del dott. Norman Zinberg, che costituisce la base della teoria e pratica della riduzione del danno e autoregolazione. Drug, Set e Setting: drug è la sostanza in sé, con le sue proprietà; set sono i vissuti emotivi di ogni individuo, col suo passato e la sua progettualità, infine il setting è il contesto, l’ambiente fisico e relazionale all’interno del quale si assume la sostanza. Questo triangolo determina l’effetto finale.”
Quindi, i problemi di ansia esistevano anche con la cosiddetta cannabis classica. Inoltre, le stesse persone in fasi diverse della loro vita possono giovarne in termini di tranquillità e rilassamento o andare in ansia anche fumando lo stesso tipo identico di cannabis. ”Detto questo, è chiaro che concentrazioni esasperate di THC non controbilanciate dal CBD, ma anche da altri terpeni e principi attivi, fanno in modo che l’effetto sia più difficile da gestire,” ha spiegato Max.
Riguardo l’associazione canne-psicosi, Max assume una posizione ancora più critica. ”Sono stati documentati in letteratura casi di persone con paranoie, problemi di ansia e persecuzioni. Inoltre ci sono tutta una serie di sintomi che possono essere peggiorati dalla cannabis come da tante altre sostanze. Però da lì a dire che la cannabis provochi la psicosi ce ne passa, ci sono pochissimi e controversi studi a riguardo.”
Nella mia indagine ho contattato anche il collettivo di Milion Marijuana March Italia. La MMM è una manifestazione che nasce in Canada nel 1999 dando il via alle prime marce pacifiche contro il proibizionismo in varie città a cui, dal 2001, si è unita anche Roma. Gli obiettivi condivisi sono la fine delle persecuzioni legali e sociali nei confronti dei consumatori; l’accesso all’utilizzo terapeutico e la riappropriazione del diritto di coltivare la cannabis.
MMM Italia conferma quanto detto da Max sulle analisi delle sostanze: ”A parte alcuni centri di ricerca autorizzati, questa è una condotta borderline sia per chi ne fa richiesta, sia per chi la pratica,” mi hanno spiegato, sottolineando un altro problema: il controllo delle qualità dei prodotti, dato che secondo le loro stime in Italia circa 6 milioni di persone fanno un utilizzo regolare di cannabis per finalità terapeutiche o ricreative.
Per loro il problema si estende alla cosiddetta cannabis light. ”Si controlla che il principio attivo rimanga sotto lo 0,6 percento, e quindi ci si preoccupa che le persone non si ‘sballino’, ma oltre questo niente altro. Ad esempio, non preoccupa l’eventuale presenza di metalli pesanti e/o residui chimici derivati da una coltivazione non adeguata. Per legge, infatti, non si tratta di un prodotto destinato all’ingestione umana, ma di un fantomatico articolo ‘per uso tecnico’ e di ‘ricerca’. Tutto perché chi rappresenta lo Stato non vuole ammettere che le persone fanno regolarmente uso di Cannabis fumandola, vaporizzandola o mangiandola.”
La prossima MMM italiana si terrà l’11 maggio a Roma, e con essa verranno presentate proposte concrete contenute in un Manifesto per la cannabis libera redatto e sottoscritto da numerose realtà antiproibizioniste e da migliaia di altre persone. Il 3 giugno, le loro proposte—tra cui la legalizzazione e il tracciabilità dei prodotti—verranno sottoposte anche alle Istituzioni, in un incontro già fissato presso il Ministero della Giustizia.
In attesa di buone notizie, mi auguro una vita con meno ansia per tornare a godermi gli effetti positivi della cannabis.