Carta dei diritti delle persone che usano sostanze
NIENTE SU DI NOI SENZA DI NOI – Genova 2014
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Siamo persone che usano o hanno usato sostanze; persone prima di tutto, dotate di dignità e del diritto a condurre un’esistenza libera nelle comunità cui apparteniamo e nel mondo intero.
Siamo persone, che usano sostanze perché riteniamo ciò una scelta, possibile e insindacabile nel rispetto del valore della persona umana.
Noi conduciamo un’esistenza fatta di relazioni e affetti, impegnata sotto il profilo professionale e civico, ma minacciata da norme che tendono a punirci come criminali.
Siamo persone che hanno visto e rischiano di vedere calpestata la propria dignità a causa dello stigma e del pregiudizio.
Siamo persone che hanno subito crimini in nome di una “guerra alla droga” il cui fallimento è palese a livello mondiale. Guerra alla droga che in realtà è una guerra alle persone che ne fanno uso.
Vogliamo che nelle università, nelle scuole, nella società tutta siano prese in considerazione ricerche sociali e scientifiche che trattino il fenomeno dell’uso di sostanze in modo diverso da quelle di chiara impronta proibizionista che ostacolano la convivenza civile, alimentano atteggiamenti d’intolleranza per le diversità, distanze reciproche e disuguaglianze.
Vogliamo impegnarci per favorire un percorso di uscita dall’epoca buia del proibizionismo, le cui conseguenze hanno prodotto e producono alienazione, malattia, stigma e violazione dei diritti umani.
Pensiamo che questo cambiamento culturale possa portare a eliminare o ridurre gli aspetti problematici legati all’assunzione di sostanze, come si è constatato laddove si è adottato un approccio meno repressivo e punitivo come ad esempio quello olandese; in ogni caso riconosciamo il valore e l’importanza dei servizi di riduzione del danno e di prevenzione dei rischi, e ne sosteniamo l’implementazione e la diffusione capillare.
Considerati lo stigma, la discriminazione, la sistematica violazione e privazione della libertà personale che siamo costretti a subire nel nome del proibizionismo; e poiché crimine e violenza sono generati proprio dal paradigma proibizionista, che dietro i precetti morali tutela, di fatto, i profitti delle narcomafie e i molteplici interessi apparentemente legittimi e notoriamente intrecciati con quelli criminali.
Riteniamo non più derogabile il pieno riconoscimento della non punibilità e del non sanzionamento delle persone per l’uso di sostanze e per tutte le condotte che non violino o ledano la libertà altrui e che siano riconducibili all’uso personale o di gruppo.
Riteniamo che nuove e comuni politiche sulle droghe, basate sull’evidenza del fallimento del proibizionismo e ispirate ai diritti, siano ormai una necessità globale.
Per tali motivi, nel novembre 2013, a Napoli, nell’ambito del Seminario nazionale dedicato al ruolo delle persone che usano sostanze e degli operatori pari nella strategia e negli interventi di rdd, promosso dalla Rete Italiana per la Riduzione del Danno ITARDD, con il contributo di alcuni rappresentanti delle drug users union europee abbiamo iniziato a ragionare in merito all’esigenza di percorsi diretti a sviluppare l’attività di advocacy.
In seguito abbiamo rilanciato e reso concreto questo concetto al Convegno nazionale “Sulle orme di Don Gallo”, svoltosi a Genova nel febbraio di quest’anno, con l’inizio della stesura di una Carta dei diritti delle persone che usano sostanze. Questi due importanti appuntamenti hanno dato impulso a un lavoro collettivo che ha coinvolto una rete sempre più ampia costituita da persone impegnate a vari livelli nelle istituzioni e nella società civile, e da differenti realtà, gruppi e associazioni, per affermare la libertà di scelta e l’uguaglianza fra tutti gli esseri umani indipendentemente dall’assunzione di qualunque sostanza.
La presentiamo, invitando tutte e tutti a riconoscersi nei suoi punti e diffonderla.
Sostengono e condividono i principi della Carta:
Comitato Spontaneo Utenti Ser.T. Viale Suzzani, 239 – Milano, Associazione I Ragazzi Della Panchina Onlus – Pordenone, Associazione Isola di Arran – Torino, Indifference Busters – Torino, Indifference Busters – Torino, COBS Piemonte – Torino, Associazione Tipsina – Venezia, PIC – Pazienti Impazienti Cannabis.
Csoa Forte Prenestino – Roma, LAB57 Laboratorio Antiproibizionista – Bologna, ENCOD – European Coalition for Just and Effective Drug Policies, Osservatorio Antipro Canapisa – Pisa, Million Marijuana March Italia, Csoa Terra di Nessuno – Genova, Collettivo Infoshock Csoa Gabrio – Torino, Centro sociale Strike – Roma, Sn.info sportello antiproibizionista – Roma.
ITARDD – Rete Italiana di Riduzione del Danno, Forum Droghe, Associazione Antigone – Roma, Lila Onlus – Lega Italiana per la lotta contro l’Aids, Comunità San Benedetto al Porto – Genova, Associazione Insieme Onlus – Firenze, Associazione Psicologi Senza Frontiere ONLUS, Associazione Culturale Le Oasi – Torino, ITACA Società Cooperativa Sociale – Bergamo, Gesco Consorzio Cooperative Sociali – Napoli, Associazione Mastropietro & C. – Cuorgnè (TO), Cooperativa Lotta contro l’Emarginazione – Sesto San Giovanni (MI), Cooperativa Il Cammino, NPS Italia Onlus, Donneinrete Onlus.
Per contatti e adesioni scrivere a: carta.assuntori@gmail.com.
Carta dei diritti delle persone che usano sostanze
1 – La ricerca di stati modificati di coscienza è una pratica transculturale che caratterizza le società umane di ogni luogo e tempo attraverso una molteplicità di strumenti e tecniche (deprivazione sensoriale, meditazione, musica, danza, trance, assunzione di sostanze psicoattive, ecc…) che esprimono nella loro ricchezza la profonda interazione tra individuo, società e ambiente circostante. L’assunzione volontaria di sostanze psicoattive per modificare e modulare i propri stati di coscienza appartiene alla sfera delle libertà individuali e come tale esige rispetto, pertanto non è perseguibile, sanzionabile, criminalizzabile né può essere motivo di discriminazione e stigmatizzazione sociale e culturale.
2 – La dignità delle persone e i diritti umani fondamentali sono ineliminabili e inviolabili, indipendentemente dai comportamenti e dalle condizioni di vita dei singoli individui. Nessuna norma o trattamento in contrasto con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani può essere applicato nei confronti di una persona a causa dell’uso di sostanze.
3 – Sancito il fallimento della war on drugs, la riduzione del danno si propone come chiave d’interpretazione degli usi di sostanze psicotrope e quale approccio ottimale a quelli problematici tanto nella gestione quanto nella prevenzione degli stessi.
4 – In generale le persone sono in grado di autoregolare i propri stili di assunzione quando hanno la possibilità di accedere a una informazione libera da pregiudizi, stereotipi e discriminazioni. La società deve contribuire alla realizzazione di condizioni ambientali che favoriscano l’autonomia e l’autogestione delle persone, invece di contrastarle come avviene nel contesto punitivo e proibizionista.
5 – La cessione senza scopo di lucro, così come l’acquisto condiviso e l’uso in comune di sostanze tra maggiorenni, non possono in ogni caso configurare ipotesi di reato penale o illecito amministrativo.
6 – I servizi pubblici rivolti alle persone che ritengono di fare un uso problematico delle sostanze devono garantire la libertà terapeutica e la bassa soglia di accesso, la trasparenza delle informazioni sulle prestazioni disponibili, il coinvolgimento attivo e il protagonismo delle stesse persone nelle scelte e negli obiettivi delle azioni, che non potranno avere, in alcun caso, carattere coercitivo, prevedendo l’astensione dall’uso di sostanze solo come uno degli obiettivi possibili.
Si rivendica il rispetto dei due diritti sanciti dalla “Carta Europea dei diritti del malato” ai punti due e cinque, in altre parole il diritto di accesso ai servizi senza discriminazioni di risorse finanziarie, luogo di residenza, possesso di documenti, tipo di malattia e libertà di scelta della cura, ovvero, ogni trattamento sanitario inclusa l’astensione dallo stesso. Nel rivendicare il diritto e la libertà di scelta della cura, rifiutiamo con fermezza il prevalente paradigma biomedico e le conseguenti risposte medicalizzanti spesso conniventi con le lobby del farmaco, in quanto tendenti a riprodurre meccanismi di etichettamento diagnostico, di cronicizzazione istituzionale e a rinforzare i processi di stigmatizzazione sociale.
7 – L’uso di sostanze non deve costituire un limite al diritto alla salute. La distribuzione gratuita di strumenti per l’uso sicuro (programmi distribuzione/scambio siringhe, distribuzione di naloxone) e il sesso sicuro (preservativi maschili e femminili) sono una misura di salute pubblica che va garantita su tutto il territorio nazionale ed estesa anche all’interno delle carceri. Va facilitato e implementato un sistema di accesso ai trattamenti sostitutivi conforme al principio di sussidiarietà, anche attraverso l’azione dei medici di base e nel completo rispetto della privacy.
Le “stanze per l’uso sicuro” e la distribuzione controllata di eroina, date le sperimentazioni avviate da diverso tempo negli altri paesi europei e delle quali sono stati verificati gli esiti positivi, vanno considerate azioni da implementare anche nel nostro Paese senza l’inutile ostacolo di precetti morali.
8 – Il diritto all’abitare è un diritto fondamentale che non può essere negato a nessuna persona per nessuna ragione e l’assunzione o meno di sostanze non può costituire motivo di discriminazione.
9 – Il diritto a un lavoro regolarmente retribuito deve essere garantito anche quando le persone, che in seguito all’uso di sostanze sperimentano delle problematiche, scelgono volontariamente di intraprendere un percorso di cura che preveda lo svolgimento di una mansione lavorativa o di apprendistato.
10 – Le ASL e i servizi di tutela della salute pubblica devono organizzare servizi di analisi delle sostanze accessibili; va inoltre implementata la diffusione di pratiche e strumenti per il controllo della qualità economicamente alla portata di tutti come i kit cromatografici.
Le persone che usano sostanze hanno in ogni caso il diritto di autorganizzarsi riguardo alla limitazione dei rischi, basandosi sulle proprie esperienze e competenze, seguendo una logica e un approccio di peer support e il diritto di intraprendere azioni finalizzate a reperire le sostanze secondo etiche e criteri condivisi.
11 – I controlli atti a rilevare uno stato alterato, in particolari situazioni in cui potrebbe svilupparsi pericolo per sé o per gli altri, devono essere finalizzati a valutare con metodologie convalidate l’effettiva capacità di svolgere un’azione socialmente rilevante e non a individuare una condotta pregressa o criminalizzare stili di vita. Le modalità di accertamento sull’uso di sostanze alla guida o nei luoghi di lavoro devono pertanto essere adeguate e attendibili: la presenza di metaboliti inattivi nel sangue o nei tessuti riscontrata mediante analisi non può in ogni caso essere motivo di sanzione o limitazione di diritti e libertà, di messa in discussione del posto di lavoro o di discriminazione riguardo all’assunzione.
12 – Non dovrebbe essere vietata la coltivazione di nessuna pianta, cactus o fungo contenente principi attivi dotati di azione psicotropa (effetti psichedelici, stimolanti, sedativi o altri). La coltivazione finalizzata all’uso personale, così come la raccolta di quanto cresce spontaneamente in natura, evita il ricorso al mercato illegale clandestino, che non offre alcuna garanzia dal punto di vista della qualità.
13 – La distribuzione della Cannabis e dei suoi derivati e la coltivazione della stessa devono essere regolamentate partendo dal presupposto che la persona che utilizza sostanze deve essere libera di scegliere il metodo di approvvigionamento che ritiene più idoneo. Va riconosciuto come inalienabile il diritto di ognuna/o a coltivare la cannabis per il proprio uso tanto per fini ricreativi quanto terapeutici.
Va prevista la possibilità di creare associazioni (Cannabis Social Club) e un sistema di deleghe in favore di persona/e di fiducia, qualora l’interessato sia impossibilitato alla coltivazione per vari motivi, o preferisca comunque svolgerla altrove, al fine di garantire in ogni caso il diritto di ottenerla secondo la propria preferenza e applicando la tecnica colturale più idonea. Inoltre per tutte le associazioni o aziende che la producono per conto terzi, vanno previsti standard qualitativi nel rispetto dei dettati dell’agricoltura biologica, da verificare con analisi periodiche certificate.
14 – La Cannabis e i suoi derivati sono già riconosciuti un valido costituente per numerose terapie, tanto in merito ai principi attivi quanto alle varie forme vegetali per l’uso terapeutico (infiorescenze, tinture, estratti oleosi ecc.). Per i pazienti, non solo va garantito l’accesso al farmaco nel pieno rispetto della libertà di cura e a un’eventuale produzione statale o regionale, ma anche la scelta del metodo di approvvigionamento, prevedendo la possibilità dell’auto-coltivazione, dell’appartenenza a un’associazione o della delega a persona di fiducia (vedi punto 12). Vanno inoltre condotte campagne d’informazione per il personale medico.
15 – Gli stili di assunzione e gli effetti di tutte le sostanze sono espressione della complessa interazione tra individuo, ambiente, cultura sociale di appartenenza e sostanza. Per una comprensione più ampia e per affrontare le problematicità connesse agli usi, è indispensabile una pluralità di strumenti e forme d’intervento che rispettino la totalità dell’individuo e la sua volontà.
La psichiatrizzazione dell’uso, che considera l’assunzione di sostanze come una patologia, è riduzionistica e fuorviante; spesso si limita a sostituire le sostanze illegali con altre legali, e può essere pericolosa per l’incolumità e la libertà delle persone, quando si concretizza nell’internamento coatto e nella somministrazione forzata di psicofarmaci.
16 – Nel caso esistano condizioni cliniche tali da non rendere compatibile il diritto alla salute della persona con il regime detentivo, deve essere garantita, come previsto dalla normativa vigente, la possibilità di usufruire di misure alternative. Inoltre, deve essere garantita la continuità delle cure in entrata e in uscita dal carcere e nei trasferimenti verso altri Istituti. Tale diritto va garantito anche nei confronti delle persone che si trovano in stato di fermo o di arresto.
17 – La discriminazione, all’interno di strutture sanitarie, di persone affette da svariate patologie e in particolare da malattie assimilabili a patologie correlate all’uso (HIV, epatite, TBC) costituisce una realtà che è testimoniata ogni giorno dalle persone che la subiscono attraverso le Help line delle Associazioni. Si rende pertanto necessaria e urgente la realizzazione di moduli formativi relativi agli aspetti culturali e deontologici rivolti alle differenti professioni sanitarie coinvolte.
18 – In assenza di fatti che comprovino una palese incapacità genitoriale di persone che usano sostanze, non è possibile revocarne la potestà.
19 – Lo status di straniero presente nel territorio nazionale, in regola o meno con le norme di soggiorno non può essere motivo di discriminazione rispetto all’applicazione della legge in materia di droghe, né costituire un limite all’accesso a servizi e trattamenti come previsto dalla Circolare n. 5 del 2000.
20 – Qualunque sia il luogo in cui la persona che usa sostanze si trova, o qualunque sia il suo stato, di fermo, arresto o detenzione, e qualunque ne sia il motivo e la durata, devono essere adottate misure atte a garantire il rispetto del diritto a non essere sottoposta a tortura, né a trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti. Nessuna violazione di tale diritto può essere ammessa.
21 – I saperi e le esperienze delle persone che usano sostanze, o le hanno usate in passato, costituiscono risorse collettive che i Policy Makers e i Servizi devono riconoscere e valorizzare. Le persone che usano sostanze, come già avviene in molti paesi europei, vogliono e devono essere interpellate e coinvolte nella costruzione delle politiche sulle droghe.