Articoli marcati con tag ‘proibizionismo’
Nei giorni scorsi l’Ecuador ha dato il suo appoggio alla proposta del Governo della Bolivia all’ONU (in .pdf) per depenalizzare la masticazione delle foglie di coca, pratica tradizionale degli indigeni della zona andina.
La foglia di coca è uno dei simboli più noti e controversi della cultura locale. Il 31 gennaio era la data di scadenza per presentare le obiezioni alla richiesta avanzata da La Paz di modificare la Convenzione sui Narcotici del 1961, che penalizza la coca perché materia prima della cocaina. Finora hanno presentato obiezioni gli Stati Uniti, il Canada, la Svezia ed altri paesi europei; mentre Egitto, Macedonia e Colombia, secondo quanto riferito dall’ambasciatore boliviano all’Onu, hanno ritirato le loro obiezioni.
>>Vedi: Foglia di coca, l’Europa si divide sull’emendamento boliviano
L’Ecuador ha giustificato la sua decisione con l’appoggio al diritto dei singoli a mantenere la propria identità culturale e a praticare i propri costumi, come riconosciuto dalla Costituzione equadoregna, in una nota diffusa dal Vice Cancelliere Kinto Lucas. Anche la Dichiarazione Onu sui diritti dei Popoli Indigeni (in .pdf), di cui Quito è firmatario, difende il diritto degli indio a “praticare e rivitalizzare la loro cultura e i propri costumi”. Evo Morales, primo presidente indio (Aymara) della Bolivia, ha inserito la coca come “patrimonio culturale” nella Costituzione boliviana del 2009.
Uno studio dell’Oms sulla coca e la cocaina del 1995 ha stabilito “che l’uso delle foglie di coca non mostra alcun effetto negativo sulla salute e riveste funzioni positive – terapeutiche, religiose, sociali – per le popolazioni indigene delle Ande”.
>>Leggi l’articolo completo su Unimondo.org
Pubblichiamo a tal proposito l’ultimo Bollettino di ENCOD con cui collaboriamo da tanti anni alla denuncia delle vergognose politiche proibizioniste planetarie.
L’ IMPERIALISMO OCCIDENTALE SULLE DROGHE
Viviamo in un mondo dove le droghe che vengono prodotte nei paesi occidentali sono permesse mentre droghe che originano da paesi non occidentali sono proibite. L’ alcool è pubblicizzato come una grande droga in tutto il mondo, mentre pubblicità e campagne di marketing per il tabacco fanno dimenticare a tutti che il cancro ai polmoni è una delle più significative cause di morte connessa alla droga.
La salute non ha mai avuto a che fare con le politiche sulle droghe. I paesi occidentali sono riusciti ad architettare la legislazione globale sulle droghe di modo tale che solamente le loro droghe sarebbero dovute essere legali e le droghe di culture diverse vanno proibite. L’alcool come droga occidentale ha causato grandi disastri in America, mentre comunità locali furono completamente distrutte dall’”acqua di fuoco”. Molti sono diventati dipendenti, hanno continuato a bere tutto il giorno, ma mai le autorità hanno deciso di controllare o proibire questa droga. Un secolo e mezzo fa, i Britannici hanno combattuto due guerre dell’oppio per obbligare la Cina a consumare l’oppio delle loro colonie in India.
Ai nostri giorni, le droghe sono proibite secondo un imperativo economico, che è di limitare l’offerta ed aumentare il prezzo. Le organizzazioni criminali conoscono molto bene come avvantaggiarsi di queste politiche.
In questo mese ci siamo confrontati con le notizie che annunciavano come molti paesi occidentali abbiano obiettato alla proposta del governo boliviano di porre fine al divieto del tradizionale consumo della foglia di coca. Questi paesi sono spaventati che se il popolo boliviano sarà autorizzato a masticare le foglie di coca, essi non avranno più ragione di eradicare i campi di coca. Ma perché non perseguitano le industrie che producono sostanze chimiche come il permanganato di potassio o altre sostanze che sono necessarie per produrre la cocaina a partire dalla foglia di coca? Perché le industrie sono collocate nel mondo occidentale e questi governi non vogliono perdere denaro e creare ulteriore disoccupazione.
L’ attacco alla foglia di coca costituisce un atto di razzismo e di mancanza di rispetto per le tradizioni culturali, le credenze e la religione. I paesi occidentali lo potrebbero capire se essi vedessero i loro campi di viti o di tabacco affumicati da dei paesi stranieri.
Quando le droghe furono vietate questa politica sembrava essere un modo di controllare delle menti criminali. Ma finché c’è domanda ci sarà offerta, e al momento in cui compare la proibizione ci saranno dei tipi saggi che analizzeranno la situazione e che troveranno un modo di trarne profitto.
Oggi,i paesi occidentali presentano essi stessi come vittime di paesi che producono le droghe e dei commercianti di droga che sono stati capaci di saltare le solida mura e che vendono le droghe a persone innocenti. Ma la realtà è molto diversa.
I paesi occidentali hanno creato le convenzioni delle Nazioni Unite. Essi sono responsabili del fatto che i paesi produttori di droghe violano i diritti umani dei loro cittadini, dopo aver sofferto le pressioni dai paesi occidentali
Dopo aver sofferto pressioni dai paesi occidentali per non fare qualcosa di più per fermare l’esportazione di droghe. Essi sono responsabili del “genocidio culturale”, i tentativi di distruggere la millenaria cultura della foglia di coca, facendo credere alla gente che è più facile perseguitare una antica cultura in Sudamerica che permettere alle industrie chimiche euro-americane di perdere dei soldi!
Forse è ora per noi attivisti di smetterla di combattere per una sostanza particolare e di lottare per una “Nuova Cultura della Droga”. Noi dovremmo sostenere di appartenere ad una nuova tribù che + una minoranza in questo mondo ma che esiste in tutti i paesi del pianeta, una tribù non collegata da interessi religiosi o economici ,una tribù spinta dalla cultura dell’idealismo e certamente molto diversa dalla maggioranza, ma una tribù che crede nel suo proprio stile di vita e che combatterà per esso!
Di Jorge Roque (con la collaborazione di Peter Webster)
European Coalition for Just and Effective Drug Policies (ENCOD)
>>Vai al sito di Evo Morales, primo presidente indigeno di uno stato nazionale
Immigrati e consumatori di cannabis
Il rischio schizofrenia è più alto
I ricercatori: «Mancano i fattori protettivi»
Ecco un altro esempio di RICERCA DROGATA: purtroppo questi ricercatori sono anni che spendono soldi pubblici per queste ricerche di propaganda Serpelloniana, questa volta degne di Goebbels viste le insinuazioni razziali!!
Se non ci credete questo è lo studio completo
http://www.ossdipbo.org/pdf/Tarricone_berardi.pdf
che è stato pubblicizzato in varie confezioni da 2 anni a questa parte, ricerche volute e pagate bene dal Dipartimento Antidroga per demonizzare la cannabis sia con pubblicazioni che con convegni a cui sia l’Osservatorio Epidemiologico di Bologna che l’Università di Bologna si prestano sempre volentieri per avere denaro e passerelle sui media.
Il tema dei problemi dati dall’uso di cannabis ad alcune persone con disagi psichici pregressi, latenti o meno, è reale e documentato, da noi sempre sostenuto perchè i casi reali esistono, li conosciamo e non li abbiamo mia sottovalutati
Conosciamo tuttavia diversi casi altrettanto documentati di malati diagnosticati psicotici o schizzofrenici ( e qui ce ne sarebbe da dire su come si fanno queste diagnosi) che trovano giovamento e aiuto dalla cannabis.
Questi psichiatri maniaci della genetica invece vorrebbero dimostrare che è la cannabis la causa della psicosi, e come potete leggere dalle loro conclusioni, si smentiscono da soli!!!
«Nei migranti che arrivano dai Paesi terzi la presenza dell’ uso di sostanze tra i fattori di rischio è molto basso, in generale tra gli immigrati lo sviluppo della malattia avviene dopo qualche anno. Si parla di una discrepanza tra le aspettative con cui sono partiti nei Paesi di provenienza e la disillusione di quando sono qui».
Hanno solo stabilito una relazione generica tra immigrazione, uso di cannabis e psicosi.
Se aggiungevano il consumo di tabacco tra i fattori studiati, la percentuale sarebbe stata altissima, fino al 90%!!, perchè è ben noto quanto sia diffuso l’uso e l’abuso di fumare tabacco tra i pazienti psichiatrizzati, soprattutto sotto psicofarmaci, ma figuriamoci se questi grandi scienziati si sognerebbero mai di suggerire che è il tabacco a generare la psicosi!!! Immaginate le multinazionali del tabacco quanti miliardi di querele gli confezionerebbero!!!
Infatti basta leggere uno dei tanti studi su questo argomento:
Fumo e disturbi psichiatrici
http://www.policlinico.mo.it/centroantifumo/Seminario29settembre2010/Ricci/Modena%2029%20settembre.pdf
L’abuso di tabacco è molto più diffuso tra i pazienti con schizofrenia (58% -90%) e pazienti con disturbo bipolare (51% -63%) rispetto alla popolazione generale (28% -30 %).
L’uso moderato di cannabis, soprattutto come rilassante e antidolorifico, non ha mai creato danni a nessuno, il suo abuso soprattutto nei più giovani può invece creare disturbi nella socialità e nell’apprendimento, fermo restando che a livello soggettivo esistono casi documentati di elevata ipersensibilità alla cannabis, o al contrario di elevata tolleranza senza particolari disturbi, elementi che ci confermano una volta di più che ogni persona deve trovare il suo limite ed il suo equilibrio con le sostanze, la cannabis non fa eccezione, se non per un elemento forse, che è infinitamente meno pericolosa di alcool , tabacco e psicofarmaci, sostanze legali e sponsorizzate da interessi incalcolabili.
Si veda lo studio recentissimo di un luminare come David Nutt e la nuova tabella di classificazione dei danni delle diverse sostanze
Comunque i genetisti sono decenni che le sparano grosse e anno dopo anno vengono puntualmente e clamorosamente smentiti:
ad esempio a metà degli anni 90 dicevano di avere finalmente trovato il gene ereditario che causa l’omosessualità!!!
poi è toccato a quello dell’epilessia, dell’ anoressia e ora va molto di moda il gene dell’ Alzheimer… ricerche spesso taroccate a partire dalle loro premesse per fare notizia e finire sulle riviste internazionali.
In ogni caso per demolire quest’ultima ricerca, dagli inquietanti toni pseudo-razzisti, su immigrazione e cannabis, basta accendere il cervello e leggere i risultati di queste nuove ricerche:
USA – Schizofrenia. Studio: la cannabis migliora ‘in modo significativo’ le funzioni cognitive dei pazienti
USA Contrordine: il Thc migliora i sintomi della schizofrenia
USA – Cannabis non influisce su funzioni cognitive dei fumatori abituali
David Nutt: le mie opinioni sulla classificazione delle droghe
Cannabis e schizofrenia
I fumatori di cannabis hanno all’incirca 2,6 probabilità in più di avere una esperienza psicotica rispetto a chi non la fuma. Per confrontare questa cifra ad altre: i fumatori di tabacco hanno 20 probabilità in più di sviluppare un cancro al polmone, rispetto a chi non lo fuma. Fumare cannabis comporta un rischio relativamente piccolo di disturbi psicotici, in confronto a un forte rischio di cancro al polmone per chi fuma il tabacco. L’altro paradosso è che la schizofrenia sembra andare scomparendo (dalla popolazione generale) anche se l’uso di cannabis è aumentato marcatamente negli ultimi 30 anni.
La cannabis provoca schizofrenia? Studio: nessun dato convincente
Thc e schizofrenia: due ricerche mettono in dubbio la vulgata proibizionista
CANADA – Cannabis. Studio: diffusa fra schizofrenici per alleviare sintomi malattia
Non rimane che fare i complimenti a questi futuri nobel della ricerca scientifica…..
E’ ORA DI PIANTARLA!!
in tutti i sensi….
E’ con un misto di dolore e rabbia che ci troviamo di nuovo a denunciare la morte di un ragazzo di 19 anni in un locale di Bologna probabilmente in seguito ad un abuso di sostanze psicoattive.
Dopo i primi esami tossicologici ci sembra che si ripresenti lo stesso dramma che ha stroncato la vita di un ragazza nel 2001 a Rastignano e di un ragazzo alla Street parade Antiproibizionista del 2003, cioè un’ overdose di MDMA o ecstasy che ha provocato un’ ipertermia maligna letale (eccesso di temperatura corporea), una sindrome tipica purtroppo, molto rara fortunatamente, che può essere scongiurata solo se riconosciuta da occhi e mani esperte di operatori professionisti nella RIDUZIONE DEI RISCHI, che purtroppo in tutti questi casi erano assenti.
Dopo quei due tristi episodi i servizi a Bologna si sono organizzati su stimolo e proposta anche del Lab57 costituendo nel 2003 il Coordinamento regionale delle Unità di Strada delle Emilia Romagna, il primo in Italia, per essere sempre presenti e organizzati in tutte le situazioni bisognose di interventi di prevenzione e riduzione de rischi, dal piccolo Club, alla Street parade al piccolo rave party auto-organizzato.
Purtroppo, come inutilmente denunciamo ormai da anni nella sede del Coordinamento Regionale, il Comune di Bologna in particolare ha ridotto progressivamente gli interventi nei locali bolognesi, fino a sospenderli definitivamente negli ultimi mesi, coi risultati che tutti vediamo, (poco più di un mese fa c’era stato un altro malore seguito da un ricovero finito bene fortunatamente davanti al Kindergarten), delegando irresponsabilmente ogni problema di abuso di sostanze alle forze dell’ordine, alla security privata dei locali e in ultima istanza al 118, che a volte arriva troppo tardi come in quest’ultimo caso.
E’ possibile continuare a LAVARSENE LE MANI così?
E’ possibile invocare repressione e polizia in borghese dietro ogni angolo o gabinetto dei locali senza fare poi nulla per assistere chi magari ha assunto sostanze in tutta velocità alla cieca per non farsi scoprire?
E’ possibile che chi assume sostanze illegali perda di colpo tutti i suoi diritti, come quello di essere aiutato ed assistito in modo adeguato, prima di essere arrestato?
E’ possibile poi che il Comune di Bologna chiuda in SILENZIO il DROP-IN di via Paolo Fabbri abbandonando in strada a stessi i tossicodipendenti con immediati gravi ricadute sulla vivibilità e la salute pubblica di tutta la cittadinanza?
Il Lab57 lavora incessantemente sul campo da anni senza un centesimo di denaro pubblico (si vedano tutti gli interventi del 2008 , del 2009 e del 2010), quasi esclusivamente su base volontaria, sia a Bologna che in tutto il Nord-centro Italia, ma è evidente che da soli non possiamo essere ovunque.
Tanto più che noi conosciamo bene questo locale teatro della disgrazia, il Sinklab, in cui negli anni passati abbiamo fatto diversi interventi di riduzione dei rischi, conosciamo bene i responsabili di questo Club, che giustamente hanno deciso di dotarsi di una security con patentino di primo soccorso, ma come tante volte abbiamo insistito a ricordare, non può bastare solo questo.
Sarebbe però miope,ingiusto e troppo comodo addebitare tutta la responsabilità a questo circolo per servizi di prossimità volutamente tagliati dalle istituzioni locali, che invece sono gli unici a dover fare qualcosa SUBITO per evitare che questo si ripeta.
Questo triste evento poteva capitare in tutte le discoteche, club, discobar e anche centri sociali di Bologna che spesso rifiutano interventi di riduzione dei rischi per timore di problemi con le forze dell’ordine, anche se da molti mesi il problema non si pone più dato che nessuno propone più alcun intervento.
E’ ora di finire questo sciacallaggio mediatico e politico in cui in cui i media si tuffano molto volentieri quando si parla di MORTI PER DROGA, con la caccia al reportage dello sballo( Viaggio nel supermarket notturno dello sballo “Ciao, vuoi una pasticca? Costa solo 10 euro” , Reubblica17 ottobre 2010), definendo un rave la serata in un locale e invocando imponenti interventi delle forze dell’ordine che dovrebbero infilarsi nelle bottigliette di acqua dei ragazzi per trovare la DROGA, inviti che lo stesso questore di Bologna giudica insensati: “E’ ovvio che ci sono dei locali che ci preoccupano più di altri, con cui collaborare non è sempre facile e dove sappiamo che sono necessari maggiori controlli, ma non era questo il caso. Le nostre attività di contrasto all’esterno dei locali non si fermano. Ma non possiamo mettere un agente in ogni locale o discoteca di Bologna” (Repubblica 12 ottobre 2010).
ricordiamo inoltre che:
IN OCCASIONE DEL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI STEFANO CUCCHI
IL LIVELLO57 E IL LAB57 ORGANIZZANO UN PRESIDIO INFORMATIVO
PER TUTTO IL POMERIGGIO,
DALLE 15.00 DI SABATO 23 OTTOBRE 2010
NEI PRESSI DELLA SCALINATA DEI GIARDINI DELLA MONTAGNOLA IN VIA IRNERIO
L’INIZIATIVA HA LO SCOPO DI DENUNCIARE I TAGLI DEL COMUNE DI BOLOGNA E DELLE ASL
SU TUTTI I SERVIZI A BASSA SOGLIA, LA CHIUSURA DEL DROP-IN E LA PRESSOCHE’ TOTALE ASSENZA DI PROGETTI DI RIDUZIONE DEI RISCHI NEI LOCALI,
PROGETTI CHE PORTATI AVANTI CON SERIETA’ E CONTINUITA, EVITEREBBERO MORTI COME QUELLA DEL 19ENNE SENTITOSI MALE IN UN LOCALE DI BOLOGNA DOPO AVER ABUSATO DI SOSTANZE.
INOLTRE IL PRESIDIO MUSICALE INFORMATIVO VUOLE RIBADIRE LA NOSTRA OPPOSIZIONE A LEGGI COME LA FINI-GIOVANARDI CHE RITENIAMO DIRETTAMENTE RESPONSABILE DELLA MORTE DI STEFANO CUCCHI
LIVELLO57
LAB57
Non riapre il drop-in di via Paolo Fabbri a Bologna: E’ questa la prossimità?
Come previsto non riapre il drop-in in via Paolo Fabbri, ma i particolari sono vergognosi… grotteschi se non fosse che da ridere c’è ben poco, e non penso solo agli operatori,che forse dovevano denunciare molto prima questa situazione, ma penso soprattutto agli utenti del Drop-in, che continuano a bussare a porte sempre più chiuse e blindate, anzi no, due porte sono sempre aperte per “chi vive la strada”:
il carcere e TSO a profusione.
E’ questa la PROSSIMITA’ a Bologna? E’ la stessa prossimità e capacità di coordinare i servizi sociali che viene sbandierata in conferenze e convegni da blasonati direttori, coordinatori e cabine di regia?
Che cosa dobbiamo rispondere a tutti i tossicodipendenti che incontriamo tutti i giorni e non riescono a seguire il percorso “vita” dell’ unità mobile?
Magari aiuterebbe far sapere ovunque gli orari e le tappe dell’unità mobile in città dato che il Drop-in è chiuso a tempo indeterminato da luglio.
Ad esempio dietro al nuovo comune in via Fioravanti la situazione è peggiorata pesantemente rispetto alla denuncia fatta da noi 1 anno e mezzo fa con SPECULAZIONE TOSSICA(vedi il video in alto a sinistra), l’area abbandonata è quadruplicata con enormi buchi e anfratti pericolosi dove si vanno a rifugiare i tossicodipendenti senza che l’unità mobile o figuriamoci gli operatori si siano mai avvicinati, a quanto ci risulta.
Per una città piccola come Bologna è uno SCANDALO che ha dei responsabili di servizi comunali e sanitari con nomi e cognomi che devono renderne conto in qualche modo, considerando i rischi enormi per la salute pubblica sia dei tossicodipendenti che dei residenti.
questo è l’articolo di denuncia su ZIC
http://www.zic.it/il-drop-in-non-riapre-qualcuno-dovrebbe-chiedere-scusa/
Il drop-in non riapre, qualcuno dovrebbe chiedere scusa
E’ il primo ottobre: la struttura per tossicodipendenti di via Paolo Fabbri è rimasta chiusa, e sono stati disdetti i contratti con le cooperative. Le rassicurazioni sulla riapertura si sono dimostrate bugie con le gambe cortissime.
01 ottobre 2010 – 12:39
Venerdì primo ottobre, siamo in via Paolo Fabbri, di fronte al numero 127/2. Qui, per circa quattro anni c’è stata la sede di un servizio per tossicodipendenti. Sul cancello sono ancora attaccati due cartoncini, uno in italiano e uno in arabo. Il messaggio è lo stesso che trovammo lo scorso 3 settembre: “Dal giorno 26 luglio 2010 il Drop In è chiuso… fino a data da destinarsi”.
Quando Zeroincondotta fece uscire un articolo in cui si lanciava l’allarme per le conseguenze di questa chiusura, dalle parti del Comune di Bologna risposero che il nostro allarmismo era esagerato e strumentale, assicurando che la chiusura del Drop In era solo temporanea e che il servizio avrebbe riaperto il 1° ottobre. Era in corso una riorganizzazione dei locali. Il Comune e l’Azienda pubblica di Servizi alla Persona (ASP) Poveri Vergognosi avrebbero ripristinato il servizio, trasferendolo dai locali originari negli ex uffici del Servizio sociale per adulti di via Sabatucci, nella sede del Dormitorio Beltrame.Nei giorni scorsi avevamo fatto alcune verifiche e avevamo scoperto che i lavori necessari per il ripristino del Drop In nei nuovi locali non erano stati effettuati.
I locali nei quali avrebbe dovuto trasferirsi il servizio non erano pronti: non era stata ancora realizzata la messa a norma degli impianti elettrici e la sistemazione dei bagni, nonché tutto quello che riguardava la sicurezza dei locali stessi.
Per quanto poi riguardava la programmazione delle attività, previste dopo la riapertura, seppure da parte delle cooperative fossero state presentate da più di un mese delle proposte, da parte di ASP e Comune non era stato definito ancora nulla.
Nel servizio per tossicodipendenti ci lavoravano 4 operatori (3 della Coop. Nuova Sanità e 1 della Rupe), questi lavoratori, dopo la lettura dell’articoli su Zic, preoccupati, avevano chiesto spiegazioni ai loro datori di lavoro circa la possibile chiusura definitiva del Drop in. Da parte dei responsabili delle cooperative erano sempre state date rassicurazioni in senso contrario.
Dal 26 luglio, giorno della sospensione del servizio, gli operatori, in base ad accordi tra ASP, Coop Nuova Sanità e Rupe, erano stati impiegati ad orario dimezzato.
Negli incontri avvenuti tra la committenza e le cooperative era stato richiesto agli operatori di utilizzare le ore lavorative per il trasferimento dei materiali nei nuovi locali (tranne materiali pesanti come armadi o tavoli).
Fino alla scorsa settimana si viveva in uno stato di incertezza: per gli operatori del servizio si navigava a vista (con un piano orario concordato solo sino al 30 settembre), infatti agli stessi non erano state date risposte sul loro impiego futuro. Agli utenti del servizio che chiedevano delucidazioni sulla riapertura nessuno era in grado di fornire informazioni chiare.
Poi, due giorni fa, la situazione si è fatta molto più grave, in una lettera inviata dai committenti a chi aveva il compito di gestire il servizio, si dava comunicazione della cessazione del contratto tra ASP e cooperative sulla gestione del Drop In e si annunciava che la riattivazione delle attività dei servizi di prossimità e di bassa soglia sarà vincolata alla discussione che si terrà ad un nuovo tavolo che Comune ed ASP attiveranno in una data imprecisata.
Quindi Zeroincondotta non sbagliava a lanciare l’allarme. A raccontare balle non siamo stati noi, ma chi voleva coprire questa chiusura.
Forse è il caso di iniziare a preoccuparsi, e non poco, per quanto sta succedendo nei Servizi Sociali del Comune di Bologna, in particolare in quelli cosiddetti “a bassa soglia di accesso”.
Attraverso la formuletta “per mancanza di risorse” sono stati chiusi i laboratori informatici del Centro Diurno di Via Del Porto, si sono ridotte le presenze dell’Unità Mobile (anche su pressione di cittadini residenti) nelle zone più “calde” per spaccio e consumo di sostanze, è stato chiuso il Drop In di via Paolo Fabbri e, poco tempo fa, anche l’Asilo Notturno di via Lombardia aveva fatto la stessa fine.
E’ curioso che tutto questo avvenga a pochi giorni dall’Istruttoria Pubblica sul welfare municipale, voluto dalla Commissaria Cancellieri. E a, tal proposito, sarebbe il caso che tutti coloro che ne hanno tessuto le lodi facessero un esame di coscienza sulle scelte e sui risultati che la “amministrazione commissariata” ha conseguito.
Ci sembra di essere tornati in pieno periodo Cofferatiano, le campagne di propaganda contro i graffitari e i lavavetri, il fastidio contro le persone più deboli e più fragili.
Si enfatizza il “degrado” nelle strade, ma al tempo stesso vengono tagliati quei servizi di contatto, cura e recupero per quelle persone che con il loro disagio sociale sono considerate da una gran parte della opinione pubblica come “feccia” da rimuovere dalla vista.
Ma si sa, sulle paroline magiche “sicurezza” e “lotta al degrado” oggi stanno a galla tutti coloro che fanno finta di amministrare le città. Anche perché la logica dello “spostare dove non si vede” è un comodo paraocchi che trasferisce solo il problema più in là, ma non lo fa scomparire.
Quei ragazzi che al Drop In passavano 4/5 ore al giorno, adesso ritorneranno in Piazza Verdi, o in un parco o in un giardino pubblico.
Una cosa semplice come lo scambio di una siringa nuova con una usata, dava il risultato di una persona e di una siringa in meno sulla strada… E’ così difficile da capire?
Molto presto si vedranno gli effetti della chiusura del Drop In e non saranno certo edificanti.
E neppure socialmente e umanamente accettabili!
Vi aggiorniamo sulla singolare polemica estiva che ha continuato a vedere come protagonisti il Dipartimento Antidroga del governo italiano e Forum Droghe sul tema trattato nel post precedente: Test antidroga sul lavoro e alla guida:continua l’inquisizione contro la cannabis.
Forum Droghe risponde dunque a Serpelloni, lo Zar Antidroga nostrano, demolendo in poche righe le fragili e “sballate” certezze del professore che sembra sempre più un neuroscienziato della domenica, appunto….
Il neuroscienziato della domenica
Fonte: Fuoriluogo.it, di Olimpia de Gouges 19/08/2010
Il capodipartimento antidroga interviene di nuovo sul Manifesto, stavolta in polemica con gli scritti di Giuseppe Bortone e Susanna Ronconi in merito ai test antidroga per i lavoratori.
Bortone e Ronconi sostengono che le attuali metodiche di accertamento per le droghe illegali sono fuorvianti perché non distinguono fra l’uso, perfino remoto, di una sostanza e lo stato di alterazione legato al consumo recente, capace di compromettere le capacità lavorative. Ma – controbatte il dipartimento – tale distinzione non ha senso perché “la ricerca nel campo delle neuroscienze ha dimostrato la compromissione delle funzioni cognitive superiori..anche dopo mesi dalla sospensione dell’uso di sostanze”, nonché “l’alterazione del normale metabolismo del lobo prefrontale..sede..di tutto ciò che ci distingue fondamentalmente dagli animali”(sic!) e “proprio per questo esiste una legislazione che afferma che l’uso di sostanze è illegale”.
Le certezze del Dipartimento sono strabilianti, tanto quanto l’assoluta genericità delle sue affermazioni.
Le “alterazioni” del cervello sono uguali per tutte le droghe? Senza differenze nei modelli di consumo? E si può sapere se, ad eventuali “alterazioni” del cervello corrispondano sintomi di un qualche rilievo in ambito clinico (tali da giustificare l’allontanamento da alcune mansioni lavorative)? Quanto è sviluppata la ricerca in questo senso?
Ancora: poiché si parla genericamente di “sostanze”, dobbiamo pensare che anche l’uso di consumare vino ai pasti, seppure in quantità moderata, “alteri il normale metabolismo del lobo prefontale” impedendoci “di stimare correttamente il pericolo”? Oppure per l’alcol questo non vale, non perché sia meno rischioso dal punto di vista della salute pubblica, ma semplicemente perché è legale? Dobbiamo forse pensare che il nostro neuroscienziato della domenica ignori le più recenti classificazioni di rischio delle sostanze, a cominciare da quella di Bernard Roques che pone l’alcol (insieme a eroina e cocaina al primo posto) e la cannabis all’ultimo?
E poiché soprattutto di cannabis si tratta (il 64% dei lavoratori risultati positivi), raccomando caldamente al nostro la lettura del Global Cannabis Commission Report, appena uscito presso la Oxford University Press, frutto del lavoro dei maggiori esperti a livello mondiale; soprattutto del capitolo dove si analizza l’impatto dell’uso di cannabis sulla struttura e le funzioni cerebrali, scritto col contributo di Les Iversen (neuroscienziato di tutti i giorni): si vedrà che le certezze domenicali devono fare i conti coi dubbi della restante settimana.
Ultima osservazione. Nel primo intervento di Carlo Giovanardi (Manifesto, 27 luglio), veniamo definiti come “una frangia, esigua ed isolata” che porta avanti “una battaglia ideologica”. Poiché ogni nostro scritto è regolarmente chiosato dal Dipartimento, ci viene il sospetto di essere meno minoritari di quanto si vorrebbe. E che i nostri argomenti tocchino, ahimè, nervi scoperti.
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Quasi in contemporanea esce sul Manifesto questo articolo di Beatrice Bassini, Vice presidente di Forum Droghe, che cita proprio i tre studi sugli effetti della Cannabis da noi indicati nel nostro post precedente:
Cannabis. Studiosi costretti a sfatare stereotipi su ipotetici effetti negativi: alterano risultati
Cannabis e lavori pericolosi. Esami delle urine non servono a niente. Studio
Cannabis non influisce su funzioni cognitive dei fumatori abituali
Il mestiere che il Goveno non conosce
La risposta a Giovanni Serpelloni di Beatrice Bassini, Vice presidente di Forum Droghe.
22/08/2010
Trovo molto pericoloso il clima che si sta creando in questi ultimi anni rispetto al dibattito scientifico e politico sul tema delle droghe e dei consumatori (cfr. Giovanni Serpelloni «Perché vietare sempre l’uso di stupefacenti» il manifesto 15/8). Lavoro nelle tossicodipendenze da almeno 16 anni e ritengo che molto sia stato fatto in passato soprattutto ad opera degli operatori del pubblico e del privato sociale che, come me, fanno tutti i giorni front office con l’utenza, per favorire la demolizione degli stereotipi sul consumatore di sostanze, per invitare i consumatori ad essere attivi protagonisti della propria crescita personale, per l’integrazione lavorativa e sociale. Nell’ultimo periodo, ritengo che ci sia stato un passaggio che è più politico e ideologico che «scientifico», dalle prassi di «riduzione del danno» a quelle di «produzione del danno».
Mi riferisco a sanzioni amministrative che dal 2006 grazie alla legge Fini-Giovanardi non prevedono più il ricorso all’art.75 della legge 309/90 come alternativa e come spazio terapeutico per i consumatori di sostanze e ai test ai lavoratori che compromettono di fatto la vita lavorativa di chi ha usato anche sporadicamente sostanze psicoattive. Ma potrei citare altre prassi terapeutiche che, ad oggi, non vengono più prese in considerazione ed escluse persino dal dibattito politico. I danni a lungo termine causati da un abuso di sostanze sono di certo documentati, come sostiene Serpelloni, ma non tanto per la cannabis quanto per la cocaina e l’alcool di cui, di fatto, viene punito solo l’abuso legato al momento del controllo. Per l’alcool, sostanza tra le più pericolose dal punto di vista comportamentale e di danno alla salute, si tollera l’uso e si punisce giustamente l’abuso per chi viene trovato alla guida di un mezzo di trasporto.
Questa visione non viene mantenuta per quanto riguarda la cannabis poiché si sostiene che rechi danni neurologici irreversibili a lungo termine, ipotesi per cui viene menzionata una letteratura scientifica ad hoc di cui però non vengono fornite le coordinate. Di questo passo i consumatori di questo tipo potrebbero affluire più ad un servizio sociale per l’handicap che a un Ser.T e la cosa oltre ad apparirmi metodologicamente ridicola mi lascia perplessa dato che gli studi che vedono un lineare rapporto causa-effetto tra cannabis e compromissione cognitiva vengono fatti soprattutto su persone che hanno avuto nella loro vita vari poliabusi. Vorrei porre all’attenzione di Serpelloni altri recenti studi: Gender moderates the impact of stereotipe threat on cognitive function in cannabis users-Addict Behav (Settembre 2010); Testing for cannabis in the work place: a review of the evidence Addiction (Marzo 2010); Neurophisiological and cognitive effects of smoked marijuana in frequent users- Pharmacol Biochem Behav (Settembre 2010). Ne ho citati solo alcuni, solo per dimostrare che sia io che l’Associazione Forum Droghe non ignoriamo di certo la letteratura scientifica sull’argomento e non siamo contro «a priori».
Un ultimo punto riguarda proprio l’Associazione Forum Droghe. Caro Serpelloni, se avrà avuto l’umiltà, e il buon senso a cui lei ci invita, di vedere di quali professionalità è composta, constaterà che siamo un gruppo molto eterogeneo di operatori dei Servizi di tutta Italia sia del pubblico che del privato sociale, attivisti, garanti dei detenuti e anche sociologi e sindacalisti che vedono da varie prospettive i problemi dei consumatori di sostanze. Non siamo né «tuttologi», né «opinionisti estivi» e respingiamo al mittente le accuse di incompetenza. Il suo tipo di comunicazione intenzionalmente offensiva assomiglia molto, e ne è sicuramente parente, al «vizio» di questo governo di tentare di screditare l’interlocutore per non confrontarsi sui contenuti. La invitiamo perciò noi all’umiltà e al rispetto delle opinioni altrui, perché il nostro concetto di salute e la preoccupazione per la salvaguardia dei diritti umani non ci permette di trattare certi argomenti come chiacchiere da ombrellone.
Per finire, siamo pienamente d’accordo con lei nel distinguere ruoli e competenze. Uno dei suoi compiti istituzionali sarebbe stato quello, ad esempio, di partecipare alla recente conferenza mondiale sull’Aids a Vienna, in cui il governo italiano era assente. Spero comunque che abbia letto la Dichiarazione uscita dal summit; si sarà potuto rendere conto che le politiche sulle droghe in Italia sono arretrate e di certo non sempre condivise a livello internazionale.
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Prosegue la Serpelloneide in questo modo:
Olimpia al patibolo
27/08/2010
Il lettore che abbia la pazienza di leggere sotto l’ennesima controdeduzione del Capodipartimento antidroga a quanto da noi recentemente pubblicato e alle osservazioni a firma di Olimpia de Gouges, non avrà difficoltà a capire perché Olimpia si sia inserita nel botta e risposta. Chi se non Olimpia avrebbe potuto affrontare il patibolo degli insulti serpelloniani? Chi se non Olimpia avrebbe potuto richiamare le ragioni del dubbio e la passione per il vero dialogo contro la lama arrogante e affilata delle certezze del nostro interlocutore?
Su ispirazione di Olimpia, anche noi invitiamo il Capodipartimento alla moderazione e alla cautela. Cautela nell’interpretare i dati della ricerca neuroscientifica e nel leggere i suoi risvolti sul piano clinico. Soprattutto cautela nel tradurre meccanicamente i risultati di un filone di ricerca, comunque parziale, nella scelta politica della proibizione.
Da questo confronto agostano vogliamo però ricavare un risvolto positivo. Da tempo pensavamo di organizzare un seminario fra esperti di ambiti disciplinari diversi proprio sulla ricerca neuroscientifica, sul rilievo che ha di recente assunto, ma anche sui suoi limiti. Più in generale, sul suo significato nell’ambito del dibattito politico sulle droghe.
E’ ora di affrettarsi a mettere in atto questo proposito. Non mancheremo di invitare anche il dottor Serpelloni.
A proposito: Olimpia de Gouges presiederà l’incontro.
Giovanni Serpelloni ha scritto:
Olimpia de Gouges, morta ghigliottinata a Parigi il 3 novembre del 1793 da Robespierre per essersi opposta alla decapitazione di re Luigi XVI, risponde il 19.08.2010 dall’aldilà al mio articolo del 15 agosto sui danni cerebrali derivanti dall’uso di sostanze stupefacenti. Si fanno resuscitare i morti per poter nascondere la vera identità di chi, con insolenza e maleducazione, entra in un dibattito screditando le competenze altrui senza far comprendere le proprie e celandosi vigliaccamente dietro ad un nobile quanto encomiabile pseudonimo. Si sveli cara, madame de Guoges, affinché tutti noi possiamo apprezzare le basi di competenza e conoscenza su cui lei fissa nella sua raffinatezza di eloquio e di pensiero, le sue controdeduzioni.
Detto questo, credo che alcune delle ingenue domande possano trovare facilmente risposta nelle due monografie sulle neuroscienze dell’addiction da me curate e che invito i veri curiosi a sfogliare e se gradito a scaricare gratuitamente (http://www.dronet.org/monografia.php?monografie=70).
Certamente ed ovviamente esistono delle differenze nei danni cerebrali in base all’esposizione al consumo (dipendenti da condizioni neuropsichiche individuali, quantità, durata, tipo di sostanza e mixing), come altrettanto chiaramente esistono una serie di correlati clinici e sintomatologici relativi ai danni neuropsichici sottostanti, conosciuti da anni e tali da giustificare la sospensione cautelativa dalle mansioni a rischio. Ma bisogna avere la pazienza di leggerli e studiarli approfonditamente (di solito proprio durante il sabato e la domenica!) e smetterla di rovistare tra la letteratura scientifica accreditando e prendendo in considerazione solo quegli articoli che avvalorano la tesi che le varie sostanze stupefacenti facciano bene alla salute e perlomeno non si sappia ancora precisamente quanto male facciano. E poi di quale “male” stiamo parlando? Quello che solo i nostri occhi inesperti vedono o quello che raffinate tecniche diagnostiche possono mostrare? In quanto alla tossicità dell’alcol e alla pericolosità dell’abuso alcolico, il Dipartimento per le Politiche Antidroga non ha mai sottovalutato la questione né sminuito la portata sociosanitaria di tale problematica.
Relativamente alla citata classificazione di rischio delle sostanze di Bernard Roques, credo sia opportuno che madame de Gouges rilegga bene e più approfonditamente tale articolo che prende molto poco in considerazione, nei criteri di classificazione relativi alla tossicità, proprio i più moderni studi di neuroscienze ed in particolare di neuroimmaging funzionale ad alta risoluzione. Esattamente quello che invece si è ora in grado di dimostrare come, per esempio, le significative alterazioni nei consumatori di cannabis dello spessore della corteccia cerebrale (aree temporo-mesiali e nella corteccia cingolata anteriore e cioè in associazione con deficit neuropsicologici di attenzione e memoria). Altri studi sulla maturazione e sullo sviluppo cerebrale degli adolescenti mediante il tensore di diffusione – DTI, soprattutto sulla sostanza bianca del cervello, hanno dimostrato recentemente come queste strutture vengano modificate sotto l’effetto delle sostanze stupefacenti compresa la Cannabis, inducendo deviazioni del normale sviluppo. Vogliamo continuare a tenere gli occhi chiusi? Vogliamo continuare a trovare giustificazioni per poter utilizzare senza preoccupazione le varie sostanze? Vogliamo continuare a leggere solo le pubblicazioni che ci danno ragione e scotomizzare ciò che demolisce le ormai traballanti ipotesi, insultando anche pubblicamente chi si permette di dire cose contrarie a certi principi e assunti? Io credo che i veri problemi, da affrontare per la tutela della salute pubblica in relazione all’uso di sostanze stupefacenti e alcol, stiano da un’altra parte cara madame de Gouses. In quanto al rapporto della Global Cannabis Commission, invito i lettori ma soprattutto lei, madame, a rileggerlo approfonditamente perché non sostiene affatto le tesi dell’innocuità della cannabis sui sistemi cerebrali ma anzi ne sottolinea le problematiche e i dubbi che solleva sono anche conseguenti al fatto che non sono stati prese in considerazione pubblicazione uscite dopo la stesura del rapporto, come ho avuto modo di discutere personalmente con i colleghi inglesi. Oltre, a quel rapporto consiglio madame, di cui a questo punto chiediamo esplicitamente di conoscere identità e competenze in ambito di neuroscienze, di aggiornare le sue letture con articoli scientifici nel campo del neuroimmaging usciti per l’appunto dopo quel rapporto, che non lasciano dubbi su come dovremmo atteggiarci all’interno di un approccio cautelativo e preventivo di sanità pubblica, verso sostanze come il THC, che sono in grado, per esempio, di alterare inequivocabilmente (rilevato con spettroscopia) il metabolismo del glutammato nel cervello (neurotrasmettitore fondamentale per il regolare funzionamento cognitivo) o di creare una frammentazione del DNA dei neuroni dell’ippocampo (sindrome conosciuta fin dal 1999 se per caso le fosse sfuggito). Ci spieghi, madame, perché contemporaneamente ci si batterebbe, affinché, alcune sostanze alimentari (non considerate “droghe”) che inducano solo il minimo sospetto (non la certezza)di poter danneggiare la salute o il DNA dei neuroni del nostro cervello (con caratteristiche di pericolosità quindi anche molto meno rilevanti rispetto per esempio a quanto rilevato per la cannabis), vengano vietate in via cautelativa, proibite ed escluse dalla produzione e dal commercio, mentre invece si tollera o addirittura si auspica che la cannabis (che presenta sicuramente tali effetti) venga messa a disposizione di tutti e glorificata come innocua se non addirittura salutare.Concetti e parole forse troppo difficili ma che le saranno di stimolo per studiare ed approfondire l’argomento, magari la domenica, come molti medici e studiosi fanno, compreso il sottoscritto. Sempre a disposizione.
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Per finire questo magistrale saggio di Stefano Vecchio che fortunatamente riporta il dibattito scientifico sugli effetti delle sostanze a un livello insperato di lucidità metodologica e ricchezza culturale.
Neuroscienze, oltre un pensiero unico sulle droghe
L’articolo di Stefano Vecchio, comitato scientifico di Forum Droghe, sul dibattito droghe-neuroscienze per la rubrica di Fuoriluogo pubblicata sul Manifesto dell’8 settembre 2010.
Fonte: Il Manifesto, di Stefano Vecchio 08/09/2010
Una delle questioni più controverse, oggetto del dibattito attuale, riguarda la legittimità della relazione tra le ricerche neuro scientifiche, la realtà della clinica delle dipendenze e l’orientamento stesso delle scelte delle politiche sulle droghe.
L’uso continuo delle spiegazioni neurobiologiche per stabilire pressoché tutte le questioni collegate ai consumi di sostanze stupefacenti sollecita una domanda sui rischi di un pensiero unico sulle droghe a cui si attribuisce il potere di dare una spiegazione ultima su qualunque aspetto a queste collegate.
Tale domanda è legittimata dal fatto che noi tutti condividiamo il riconoscimento della complessità del fenomeno, caratterizzato dall’intreccio delle diverse componenti fisiologiche, psicologiche, sociali e culturali, esemplificata dal celebre paradigma di interpretazione dei consumi di Norman Zinberg: drug, set, setting (la droga, la psicologia del consumatore, il contesto di consumo).
Tale complessità, esclude, almeno per ora, affermazioni semplificate quali quelle secondo cui le neuroscienze avrebbero dimostrato la compromissione delle funzioni cognitive superiori nei consumatori (tesi per la verità non nuova,giornalisticamente nota come “droga bruciacervello”).
Certo una spiegazione ultima presenta l’indubbio vantaggio di rassicurare operatori e cittadini proponendo certezze riduttive e semplificate ma sostanzialmente fa un torto all’esperienza clinica nei servizi territoriali in quanto nega di fatto a questi la capacità autonoma di produrre conoscenza; crea, inoltre, una gerarchia tra i diversi modelli di conoscenza stabilendo, arbitrariamente, che ve ne sia una più attendibile delle altre; tende infine a determinare un conflitto tra diversi saperi.
Di fatto, un malinteso del genere ostacola una discussione a più voci, attribuisce alla comunità neuro scientifica una mission che, a quanto mi risulta, non è nemmeno ricercata dai suoi rappresentanti.
La provvisorietà dei modelli attestata dagli stessi neuroscienziati, testimoniata anche dalla continua evoluzione delle teorie sull’addiction, la varietà di ricerche non comparabili metodologicamente tra loro, ci dicono che le neuroscienze ci offrono un panorama molto interessante e affascinante di conoscenze ma che queste hanno, per ora, un’importanza molto limitata per le pratiche cliniche dei servizi, per il lavoro di strada, per il lavoro nei contesti del divertimento, per le diagnosi di dipendenza, per la valutazione dei rischi etc.
Sono convinto, comunque, che quando una ricerca neurobiologica rileva che una qualche modificazione indotta nel cervello dall’effetto di una sostanza si possa configurare come un danno, questa acquisizione deve interessarci e indurci a valutare, anche se non meccanicisticamente, le implicazioni sul piano clinico e delle azioni di prevenzione selettiva. Ma allo stesso modo sono convinto che se una ricerca ben documentata dice che una strategia di riduzione del danno ha evitato un certo numero di overdose, o ha ridotto la microcriminalità e la carcerizzazione, ha limitato fortemente le malattie infettive, ha migliorato alcuni processi di socializzazione, deve farci seriamente prendere in considerazione queste prospettive e valutarne il possibile impatto nelle politiche dei servizi e i possibili vantaggi per gli utenti e la popolazione.
Per me, una tale impostazione pragmatica può contribuire a promuovere una prospettiva laica e pluralistica delle conoscenze, consente di rispettare punti di vista anche distanti e contrapposti, permette un allargamento delle competenze e forse riduce alcune differenze, rilevando più punti in comune di quanto si possa pensare.
Tornando al dibattito aperto in questa rubrica sui test per i lavoratori, e in specifico per i lavoratori dei trasporti, è importante chiarire che però la norma prevede la sanzione solo ed esclusivamente nel caso in cui il SerT accerti uno stato di tossicodipendenza.
Il discorso a questo punto si complica e richiede altri spazi e altri tempi. Sempre nel riconoscimento della ricchezza delle diversità, quale prospettiva culturale utile a costruire un “paradigma ospitale e cooperativo” sul fenomeno dei consumi di droghe.
Infine vi consigliamo vivamente di consultare il
“Manuale di Autodifesa” per accertamenti sull’uso di sostanze
che informa sulle procedure di controllo in merito a sostanze e alcool e ci illustra i reali processi innescati dalle leggi a tutela della sicurezza sulla strada e sul lavoro, a cura di
Coordinamento Operatori Bassa Soglia del Piemonte e Collettivo Infoshock del Csoa Gabrio di Torino.
– Intervento di Leonardo Fiorentini
del 1/06/2010 Festival delle Culture antifasciste a Bologna
(Ascolta l’audio),
riveduto e corretto per il blog di fuoriluogo.it –
Una premessa. Di droga di parla male. Malissimo.
Anche perché si usa la parola droga – nella sua accezione più becero-moralista – per coprire qualunque cosa.
Chi scrive vive in una città, Ferrara, nella quale qualche anno fa un ragazzo è morto durante un fermo di polizia. E’ importante ricordare come solo grazie alla forza di volontà dei genitori Federico Aldrovandi non è stato vittima due volte, prima dei poliziotti che ne hanno causato la morte poi dell’informazione che, presa per buona la velina della questura, aveva già archiviato il caso come quello del solito drogato a cui è venuto uno scioppone.
Leggi tutto……
Droga, basta citarla – possibilmente senza sottilizzare troppo su quale droga sia – per giustificare qualunque cosa. Un altro esempio? Era un drogato anoressico, l’ha ucciso la droga, più o meno così si si sarebbe risolto il caso Cucchi secondo un illustre esponente del Governo.
E’ forse questo l’effetto più perverso della politica proibizionista, esemplificato dalla legislazione voluta da quello stesso illustre esponente governativo, Carlo Giovanardi. Un metodo studiato a tavolino che semplifica, assimila le sostanze e fornisce all’opinione pubblica un pregiudizio etico, moralista e benpensante a sufficienza per essere prontamente condiviso da chi informa e da chi si fa informare.
Ho provato a fare un’analisi un po’ più accurata, prendendo spunto sui dati che ci fornisce una ricerca promossa dalla Regione Emilia Romagna sulla droga nell’informazione locale curata dal prof. Piero Ignazi per Forum Droghe nel 2004 e poi nel 2007. Prima e dopo la nuova legge sulle droghe approvata dal Governo Berlusconi nel 2006.
Nella ricerca sono state prese a campione 18 testate locali, scelte secondo la diffusione nel territorio regionale. In tutto sono stati esaminati 2422 articoli nel 2004 e 2217 nel 2007, nel corso di 9 mesi di indagine.
Un dato scontato
Vince facilmente la gara del numero di articoli, e dell’importanza loro data ovviamente il Resto del Carlino, che surclassa con le sue edizioni locali distribuite su tutto il territorio regionale ogni altro quotidiano.
Il follow up
Meno del 10% delle notizie è seguita da altri articoli (7,8% nel 2004 – 8,9% nel 2007) il che non significa solo che c’è poco interesse nel seguire una determinata vicenda – del resto la tendenza alla superficialità dell’informazione non si limita alle droghe – ma significa soprattutto che più del 90% degli articoli riportano un nuovo singolo evento. In parole povere il fenomeno è talmente diffuso e sono tanti i fatti legati alle droghe che più o meno ogni giorno i giornali ne trovano uno nuovo di cui occuparsi.
Di quali sostanze si parla
Si parla di tutto, anche di sostanze sconosciute ai più fedeli cultori della materia. Del resto più il nome è esotico più attira curiosità. Si parla comunque soprattutto di cocaina, poi di cannabis e derivati quindi di eroina.
Un caso per tutti, Alberto Mercuriali
Nel 2007, proprio nel periodo esaminato dalla ricerca, vicino a Forlì accade un fatto tragico. Alberto Mercuriali, un giovane agronomo, viene pescato dai carabinieri con una canna, viene accompagnato a casa dove consegna spontaneamente qualche decina di grammi di hashish in suo possesso dietro la promessa di riservatezza da parte dei Carabinieri. Alcuni giorni dopo, a seguito di una delle solite conferenze stampa in cui le forze dell’ordine danno conto di quanto sono efficienti nel perseguire i consumatori, su tutti i giornali locali esce la notizia di un giovane agronomo pescato con la droga nascosta dentro ad un libro. Gli agronomi giovani nel paese di Alberto sono pochi, è come mettere la sua foto in prima pagina. Lo stesso giorno vengono pescati anche due coniugi indaffarati in un traffico internazionale di chili di cocaina. Ma il giornale dedica l’intera pagina alla storia romanzata di Alberto e dei suoi 60 grammi di fumo, lasciando in un trafiletto la storia dei due coniugi. Alberto la notte stessa si è ucciso.
Ma vi sono altri dati, forse altrettanto scontati ma più interessanti perché ci forniscono alcune conferme.
Cura del tossicodipendente
Si è detto spesso, da parte dei promotori dell’attuale legislazione, che l’obiettivo era curare i tossicodipendenti e non metterli in carcere. Ora, mentre il numero dei detenuti sta per raggiungere le 80.000 unità e quasi la metà lo è per violazione delle norme sule droghe, mentre calano gli accessi alle pene alternative e alle cure, anche per colpa della normativa sulla recidiva, anche l’informazione, post Fini-Giovanardi, ha parlato meno di recupero, delle strutture pubbliche o private che si occupano di assistenza ai tossicodipendenti.
Non che prima se ne parlasse molto prima, ma la percentuali di articoli che citano le attività di recupero passano dal 4,7% (116) del 2004 all’1,12% del 2007. Insomma, per dirla con una battuta, dopo la Fini-Giovanardi non basta neanche la presenza di san Patrignano a dopare l’informazione emiliano romagnola e costringerla a parlare un po’ della cura dei tossici.
Giusto per ribadire il concetto, e comprende la qualità ed il livello generale di approfondimento dell’informazione, nel 2007 solo in 3 articoli su oltre 2200 si parlava (molto superficialmente) di riduzione del danno. Evitiamo per decenza di calcolare la percentuale sul totale.
Il dibattito sulle droghe e la debolezza del movimento antiproibizionista italiano
Un segno preoccupante della grave difficoltà del movimento antiproibizionista italiano in questi anni è la bassissima presenza di articoli di dibattito sulla legislazione sulle sostanze: 5 su 2217 nel 2007 contro i 38 della precedente rilevazione. Qui la percentuale la calcoliamo: siamo allo 0,22% contro un “dignitoso” 1,56% del 2004. Per intenderci se questo articolo oggi fosse ripreso da 5 giornalisti avremmo già realizzato un piccolo record.
Insomma forse non è un caso che fuoriluogo abbia sospeso le pubblicazioni, che antiproibizionisti.it abbia chiuso. La forza della proposta antiproibizionista è andata scemando pian piano che il proibizionismo “normalizzava” le coscienze e la morale. Non è un caso che la magistratura si senta in diritto di utilizzi sempre più spesso e sempre più strumentalmente gli articoli che prefigurano reati d’opinione (istigazione e agevolazione dell’uso) come nel caso del Rototom Sunsplash festival, di mariuana.it o più recentemente di Semitalia.
Insomma di droga si parla tanto, spesso male, ma soprattutto quasi esclusivamente legandola a fenomeni criminali. Questo il dato sull’informazione emiliano romagnolo dopo 50 anni di proibizionismo (e di quasi 10 di Giovanardi). Nonostante siano migliaia i giovani coinvolti in processi penali, centinaia di migliaia coloro passati per le Prefetture in questi anni ancora non si riesce a imporre il dibattito su una politica sulle sostanze sensata. Non solo nelle aule parlamentari, ma soprattutto nei media che in Italia paiono meno ricettivi al cambio di rotta che all’estero.
Insomma abbiamo il paradosso di un fenomeno diffusissimo, di cui tutti – anche la politica – hanno spesso conoscenza diretta, ma sul quale non si riesce a fare informazione se non parlandone in termini criminogeni.
E’ in fondo questo il punto di svolta, riuscire finalmente a scardinare il legame fra droga e criminalità. Non è nulla di nuovo. Ma perché non ci siamo ancora riusciti?
28-11-09 Piazza Castello Torino ore 15:30 MOBILITAZIONE CONTRO il convegno nazionale delle regioni La governance nel settore delle dipendenze che si terrà a Torino nei giorni 1 e 2 dicembre 2009
La Fini-Giovanardi continua ad arrestare ed uccidere i consumatori di sostanze in nome di una repressione fine a se stessa, che contrasta con la promozione di criticità e consapevolezza, strumenti fondamentali in grado di far emergere modi di agire che garantirebbero protezione individuale e collettiva, antidoti ai comportamenti a rischio da contrapporre alla spirale della dipendenza. Gli spot antidroga perseguono e affinano le logiche di tipo terroristico, appoggiati dal bio-riduzionismo del Dpa che rivela sempre più la sua volontà di smantellare le politiche di riduzione del danno.
L’antiproibizionismo deve essere rilanciato con forza, alla luce della complessità del mercato delle sostanze e sostenuto dalla necessità di affermare pratiche di autodeterminazione ed indipendenza delle scelte, nella sua accezione più ampia e a tutela della dignità di tutti i consumatori.
Ci sentiamo di sostenere l’affrancamento dalle dinamiche di potere che vorrebbero tutti omologati e assoggettati a regole morali che ubbidiscono ciecamente a logiche di controllo e di profitto, ignorando totalmente la salute ed il benessere del soggetto.
Sentiamo di dover dare una risposta chiara a queste forme di repressione e strumentalizzazione in vista del convegno nazionale delle regioni La governance nel settore delle dipendenze che si terrà a Torino nei giorni 1 e 2 dicembre 2009, con lo scopo di lanciare un chiaro messaggio in merito alle assassine politiche antidroga del governo. Invitiamo pertanto, sabato 28 novembre, i singoli e le realtà che si sentono interessate e che da anni lottano per una politica ragionevole, rispettosa della persona e antiproibizionista, a concretizzare un momento di mobilitazione quanto più possibile partecipato.
28-11-09 Piazza Castello Torino ore 15:30
Cobs – Coordinamento Operatori Bassa Soglia Piemonte
Collettivo Infoshock – Csoa Gabrio
Polvere – Giornale di strada
Associazione Isola di Arran
Venerdì 17 aprile 2009
Lab57 con XM24 Ex Mercato24 hanno dato vita a questa performance di denuncia pubblica.
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Di seguito il comunicato.
Cari abitanti della Bolognina,
oggi abbiamo deciso di riconsegnare al quartiere questo enorme piazzale dietro all’ ex mercato ortofrutticolo colpevolmente lasciato abbandonato a se stesso da ormai 10 anni.
Nel corso degli anni questo *“non luogo”* è divenuto teatro di spaccio, bivacco a cielo aperto per tossicodipendenti, stupri e morti di overdose di fronte alla più completa indifferenza dell’amministrazione comunale.
Sia chiaro che questa non vuole essere in nessun modo l’ennesima vergognosa campagna mediatica contro il “tossico” o l’immigrato spacciatore portata avanti dalla destra fascista e razzista unicamente per motivi elettorali, questa è un’assunzione di responsabilità da parte di uno spazio sociale come XM24 per ridare vita e socialità ad un luogo sempre più pericoloso e impraticabile divenuto il simbolo della desertificazione ambientale e del degrado della dignità umana che non sono altro che i frutti della speculazione edilizia esasperata di questi ultimi anni.
Dopo aver pulito una parte del piazzale da siringhe, cocci di vetro e rottami inizieremo a costruire campi da gioco, orti e giardini con l’aiuto e la collaborazione dei bambini di tutte le età che non trovano spazi di socialità in questa parte della città.
La nostra vuole anche essere una denuncia pubblica del sindaco come primo responsabile legale della salute pubblica nel territorio comunale per aver colpevolmente lasciato degradare questo spazio impedendo di fatto al camper delle unità di strada ed agli operatori di passare in questa zona,per aver tagliato parte dei fondi destinati alle Unità di strada ed al Drop-in di via Paolo Fabbri che è stato notevolmente ridimensionato e militarizzato spingendo i tossicodipendenti a nascondersi nei parchi pubblici e nelle zone dismesse come queste mettendo a repentaglio la vivibilità e la salute pubblica di tutti i residenti.
Voi abitanti di via Gobetti sapete bene cosa succede tutto il giorno in questo piazzale, vi basta guardare dalle finestre, ma forse non sapete perché vengono proprio qui questi tossicodipendenti quasi tutti non residenti a Bologna, se provate a chiedere loro il motivo, vi risponderanno quasi sempre che non sanno dove altro andare perché le forze dell’ordine li mandano qui.
In tutta Europa sono attive da anni decine e decine di “stanze del consumo sicuro” dove i consumatori possono incontrare personale medico preparato per evitare overdose e infezioni pericolose e magari iniziare percorsi di uscita dalla dipendenza. Ovunque nel mondo siano state aperte queste strutture sono diminuiti enormemente i reati di microcriminalità legati all’uso di sostanze, sono praticamente sparite le siringhe abbandonate in giardini o spazi pubblici e si sono abbassati sensibilmente i livelli di infezione da HIV ed epatite tra gli utenti delle zone circostanti.
Questi dati scientifici inconfutabili sono a disposizione da anni del sindaco e degli altri amministratori di ASL, Sert e ospedali del territorio comunale, ma il Comune preferisce investire in forze dell’ordine e repressione spostando il problema da una zona all’altra della città, mentre scoppiano le carceri della nostra regione che hanno raggiunto il 180% di sovraffollamento rispetto alla capienza “ufficiale”, primi in Italia in questa triste classifica.
Abitanti e frequentatori della Bolognina aiutateci a dire basta a questa SPECULAZIONE TOSSICA che avvelena il nostro quartiere.
Ex Mercato 24
via Fioravanti 24
Bologna
Guarda le foto grafie….
Guarda il video…..
Articolo su Repubblica Bologna
CONVEGNO ALTRA TRIESTE: L’INGANNO DROGA CONTINUA
Dal 12 al 14 marzo 2009 si è svolta a Trieste la 5 conferenza governativa sulle tossicodipendenze, un luogo blindato dall’ideologia proibizionista, dove preti e psichiatri pretendevano di “guarire dalla droga” con la “cristoterapia” e tonnellate di psicofarmaci.
Il Lab57 ha invece contribuito alle mobilitazione antagonista ALTRA TRIESTE:
>>GUARDA la dimostrazione del Test rapido delle sostanze(vedi info) ripreso con un cellulare e proiettato poco dopo sullo schermo del Teatro Miela di Trieste davanti a centinaia di giornalisti, medici e operatori esterreFATTI!!!
>>ASCOLTA il primo e il secondo intervento di Max Lorenzani, coordinatore del Lab57, al convegno Altra Trieste al Teatro Miela di Trieste.
>>Vai al programma del convegno Altra Trieste
>>Vai a tutti gli Audio e le Fotografie del convegno Altra Trieste
Il 12 e 13 marzo, al contrario, al Teatro Miela sarà possibile discutere e confrontarsi apertamente sulle culture e le pratiche di riduzione dei rischi che in tutti questi anni hanno dimostrato la loro efficacia sia tra i consumatori che tra gli stessi operatori pubblici che presenti alla conferenza governativa. Il tutto si concluderà Sabato 14 marzo alle ore 15 con un corteo antiproibizionista che attraverserà la città di Trieste organizzato dagli Spazi sociali Venezia-Giulia.
La conferenza nazionale sulle tossicodipendenze organizzata dal sottosegretario Giovanardi, padre della omonima legge, è stata definita dal percorso territoriale fvg di operatori e cittadini sensibili, un “non luogo”. La conferenza nazionale è uno strumento che in primis servirebbe agli operatori per poter effettuare delle verifiche sulla legge in atto, scambiare pratiche e sperimentazioni, utilizzare gli strumenti scientifici per migliorare efficacia e obiettivi nel rispetto della salute e dei diritti di sovranità del proprio corpo che tutte le persone hanno.
E’ stata definita un “non luogo” perché la convinzione risiede nel fatto che in quelle giornate non verranno prese alcune decisioni. La linea politica della Fini-Giovanardi è ben chiara a tutti. Sempre più utenti oramai composti da una maggioranza di persone che assolutamente non possono essere definite tossicodipendenti e sempre meno finanziamenti per invii in comunità, inserimenti lavorativi, progettazioni di percorsi individuali.
Potremmo paradossalmente già presentare le conclusioni della conferenza governativa. Giovanardi ha già stabilito anche in sede Onu la linea dell’Italia che tra l’altro è in controtendenza rispetto all’Europa. Non vogliamo essere complici di una criminalizzazione di un settore della società che di per se registra nel frattempo aumenti di consumi indifferenziati, grosse ricchezze per le mafie e migliaia e migliaia di denunciati, arrestati, ricattati.
La costruzione quindi delle due giornate al Teatro Miela di Trieste è uno spazio attraversabile da tutti, compresi per gli operatori che parteciperanno alla conferenza governativa. Le discussione strutturate avranno sempre seguito ad un dibattito con le persone partecipanti. Vogliamo avere la reale possibilità di fare ciò che nella conferenza governativa non è permesso.
Invitiamo quindi tutti e tutte a partecipare perché la questione non è una cosa relegabile esclusivamente al mondo dei servizi, ma anzi crediamo che la società tutta, compresa chi con droghe non ha mai avuto a che fare, capire e comprendere quali siano le politiche adatte ad affrontare un fenomeno non di nicchia. Non esistono ricette precostituite, cosa che l’ideologia attuale si arroga il diritto di affermare, esistono possibilità e la ricerca non solo medica come strumento che aiuta a dare interpretazioni. Esistono i diritti che appartengono a tutti/e e che non possono essere calpestati.
PROGRAMMA:
MERCOLEDI’ 11/03/2009
dalle ore 15:00
presso l’Aula Magna di Scienze della Formazione (Via Tigor 22)
DIBATTITO: “Dipendenze: dicotomia tra politica e realtà… e le sue conseguenze”
con Lidia Devetak, Luciano Capaldo, Roberto Pagliara, Moreno Castagna
GIOVEDÌ 12/03/2009
ore 14:30
APERTURA DEI LAVORI
Rete Operatori FVG
ore 15:30
I SERVIZI ALLA PERSONA NELLA SOCIETA’ DEL CONTROLLO
Laura Tartarini, avvocato Genova
Gianni Cavallini, medico Gorizia: “La sanità pubblica verso la sua militarizzazione”
Stefano Vecchio, Ser.T. Napoli
Antonina Contino Ser.T. Trieste
Riccardo Zerbetto, docente università di Siena: “Il diritto alla cura è dovere di curarsi? Quanti italiani dovremo mettere in galera?”
Legacoop Sociale Friuli Venezia Giulia
a seguire:
Hand Made Labe videoproiezioni
Ore 19:00
CONFERENZA di Roberto Pagliara
Dall’oppio dei poeti alla Beat Generation. Microstoria delle sostanze nella cultura occidentale
VENERDÌ 13/03/2009
ore 9:30
TAVOLA ROTONDA APERTA
Nuove tendenze e nuove pratiche
intervengono:
Stefano Bertoletti C.A.T. Firenze; Moreno Castagna Duemilauno Agenzia Sociale Trieste; Drog Art Lubljiana;
Massimo Lorenzani Lab 57 Alchemica Bologna; Progetto Nautilus Lazio; CSO Gabrio Torino; Infoshock Roma; Luca Mori Univesità di Verona; Marco Battini Papa Giovanni XXIII Reggio Emilia; Pino di Pino progetto TIPS&TRICKS-Venezia; Progetto Neutravel Piemonte
a seguire:
Hand made labe videoproiezioni
ore 14:30
WORKSHOPS E DIMOSTRAZIONI
Pill testing: Check-it Vienna, presentazione progetto laboratorio portatile analisi sostanze
Test rapido sostanze: Dimostrazione a cura di Lab57 Alchemica Bologna e CSO Gabrio Torino
SIMULAZIONE DI UNA STANZA DEL CONSUMO
a cura del CSO Gabrio di Torino e del Coordinamento Operatori Bassa Soglia del Piemonte
ore 16:00
G. Zuffa, Franco Corleone, Susanna Ronconi
La conferenza ONU di Vienna e la Conferenza Governativa di Trieste
ore 17:00
ASSEMBLEA PLENARIA
APERTURA DI DON ANDREA GALLO: L’INGANNO DROGA CONTINUA
ore 19:00
dj set nel bar del Miela
SABATO 14/03/2009
ore 15:00
MANIFESTAZIONE
Il programma potrebbe subire modifiche in itinere in quanto è aperto anche a proposte che potrebbero arrivare in seguito alla sua pubblicazione.
MILLION MARIJUANA MARCH 2008
Dal 1999 ogni primo sabato di maggio si celebra la Million Marijuana March.Attualmente sono 239 le città che in tutto il mondo aderiscono a questa iniziativa e l’italia vi partecipa dal 2001.I principali punti rivendicativi che portano per le strade migliaia di persone in tutto il mondo: fine delle persecuzioni per i consumatori, diritto all’uso terapeutico della Cannabis per i Pazienti,diritto a coltivare liberamente una pianta patrimonio botanico del Pianeta.
>> il sito internazionale
>> il sito italiano
>> ascolta l’intervento radiofonico di Mefisto dalla Million Marijuana March 2008
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by Lab57 feat Reporter_Libertario