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Si è aperto il 16 maggio a Bologna il processo d’appello per la morte di Federico, che a 18 anni ha perso la vita nel 2005 dopo un’intervento della polizia. In primo grado quattro agenti, Enzo Pontani, Paolo Forlani, Monica Segatto e Luca Pollastri sono stati condannati a pene di 3 anni e 6 mesi per l’eccesso colposo nell’omicidio colposo del ragazzo.
Nella seconda udienza del 17 maggio in Corte d’Appello sono state accolte parzialmente le richieste dei difensori dei quattro agenti condannati in primo grado: non ci sarà nessun nuovo sopralluogo in via dell’Ippodromo a Ferrara, non saranno ascoltati vecchi e nuovi testimoni, ma è stato fissato il prossimo 24 maggio un confronto fra esperti sulla causa della morte di Federico.
Questi i fatti, nulla di nuovo, ma è vergognoso secondo noi il modo insinuante e discriminatorio che i media utilizzano per sfruttare e capitalizzare ad ogni costo lo stereotipo del drogato senza nessun timore di infangare la verità e la memoria di omicidii di stato come Aldrovandi o Stefano Cucchi.
Questo è il titolo e un estratto dell’ articolo da Repubblica:
Morte violenta o da stress da stupefacenti
Caso Aldrovandi, esperti a confronto
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IL PADRE “Cosa aveva fatto di male?”
La difesa dei quattro poliziotti condannati in primo grado aveva avanzato diverse richieste. Saranno acquisiti memoria e ingrandimenti dei vetrini istologici del professor Claudio Rapezzi, cardiologo bolognese, consulente delle difese dei 4 poliziotti, e una serie di articoli tratti dal sito Pubmed su nuovi studi sugli effetti delle ketamine, droghe sintetiche potenti, in caso di assunzione.
I giudici della Corte hanno deciso d’ufficio di fissare un confronto in aula, il prossimo 24 maggio, tra il professor Rapezzi e il superconsulente delle parti civili Gaetano Thiene: il primo esperto, consulente delle difese, ha sempre sostenuto che la morte di Federico fosse dovuta ad uno stress da katecolamine, sostanze stupefacenti assunte, mentre il professor Thiene ha indicato come tesi delle cause della morte violenta, la compressione del fascio di His, basando questa sua convinzione sulla lettura della fotografia del cuore di Federico agli atti dell’autopsia.
Interpretazione medico-legale che aveva dato lo spunto al giudice di primo grado per avere la prova determinante delle cause della morte del ragazzo, una immobilizzazione eccessiva e violenta da parte degli agenti.
Sulla base di ciò che emergerà dal confronto tra i due consulenti la Corte valuterà se ordinare un’altra nuova perizia medico-legale superpartes. Viene modificato pertanto il calendario d’udienze: cancellate quelle di domani e del 23 prossimo, si torna in aula il 24 per il confronto dei periti e si prosegue il 25 e 30 maggio.
Presente in aula la mamma Patrizia Aldrovandi: “E’ sempre positivo un confronto tra esperti – ha commentato sulle decisioni della Corte -, è un bene che si facciano ulteriori accertamenti anche per confutare le tesi del professor Thiene, un esperto riconosciuto a livello mondiale”
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Facciamo nostre le parole di Patrizia Aldrovandi e come sempre cerchiamo di fare chiarezza su come vengono riportate le notizie:
ad esempio le katecolamine, NON SONO “sostanze stupefacenti assunte” (come frettolosamente riporta Repubblica), ma le CATECOLAMINE ( scritto son la c e non con la k!!!!, forse per essere più alla moda e/o per associarla alla famigerata ketamina)
sono sostanze (adrenalina, noradrenalina e dopamina) prodotte naturalmente dal nostro organismo che può aumentarne considerevolmente la produzione in seguito a stimoli (stress, esercizio muscolare, ipotensione, emorragie, ipossia, ipoglicemia, esposizione al freddo).
vedi http://www.cdi.it/it/SaluteEdEducazione/Esami/CATECOLAMINE/index.html
Nel caso della morte violenta di Federico, è piuttosto evidente e documentato da fotografie tremende e video lo stress che può aver provocato il rilascio di CATECOLAMINE nel suo organismo e soprattutto la sua orribile morte.
Inoltre riguardo ai presunti nuovi studi messi agli atti dalla difesa dei 4 poliziotti sull’ uso di ketamina ( e non ketamine al plurale..!?) , aspettiamo di vedere quali siano, considerando che si tratta di un anestetico usato da decenni in chirurgia su umani e animali, si veda comunque questa recente ricerca (agosto 2010):
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Lo studio, condotto dal Mood Disorders Research Unit del National Institute of Mental Health e diretto da Carlos Zarate, si è concentrato su una fascia di pazienti su cui i trattamenti tradizionali non sembrano funzionare.
Lo studio rivela che l’assunzione di ketamina “ha prodotto una immediata (entro qualche minuto) e robusta risposta antidepressiva”. Glieffetti antidepressivi sono pero’ limitati nel tempo: due settimane dopo l’assunzione di ketamina, i pazienti ritornavano a livelli depressivi originali. Cosa peraltro vera anche nel caso di molti farmaci antidepressivi tradizionali.
La ketamina, dal punto di vista fisico, e’ una sostanza sicura. E’ uno dei rari anestetici che non ha effetti diretti sul cuore o sui polmoni. Era usata sui campi di battaglia durante la prima Guerra Mondiale. E’ ancora usata su soggetti che non tollerano altri anestetici, che invece tendono a rallentare la respirazione e il battito cardiaco.
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Speriamo che la difesa degli agenti tenga ben presente questo studio, anche se smentisce tutto ciò che tentano di dimostrare, cioè che sia l’assunzione di ketamina la causa dell’ arresto cardiaco o di “un’ alterazione psicofisica violenta e incontenibile” tale da giustificare un’intervento dei poliziotti così violento.
Purtroppo questo genere di giornalismo scandalistico è da anni perfettamente prono e funzionale al Teorema del Drogato, di cui è esimio e instancabile propugnatore il Ministro Giovanardi, il quale continua a sostenere che Federico Aldrovandi , Stefano Cucchi , Aldo Bianzino, etc… sarebbero morti comunque perche’ drogati e che tutte le ecchimosi, fratture, ematomi sarebbero gli effetti terribili delle DROGHE assunte da questi “zombi”, come li ha lui stesso definiti senza nessuna vergogna.
E’ questo stesso delirante e vergognoso Teorema che vorrebbe sostenere anche la difesa dei poliziotti che hanno ammazzato Federico, e per questo vi invitiamo tutti a diffondere e divulgare notizie riguardo a questa vicenda e invitiamo tutti a presenziare alle prossime UDIENZE:
IL 24 MAGGIO ORE 10
PER CONTINUARE IL 25 E 30 MAGGIO
PRIMA SEZIONE, CORTE D’APPELLO – TRIBUNALE VECCHIO – PIAZZA DEI TRIBUNALI
Facciamo sentire il nostro calore e tutta la nostra solidarietà alla famiglia Aldrovandi e a tutte le vittime della violenza di stato.
>>Vedi il video: Verità, grido il tuo nome! – il video-denuncia sulla morte di Federico Aldrovandi
7 maggio 2011
morto in via dei toschi – 35enne – probabile overdose di eroina
4 maggio 2011
morto in via carracci – 46enne – probabile overdose di eroina
26 aprile 2011
morto in piazza dei martiri – 21enne – probabile overdose di alcool
1 febbraio 2011
morto via in zamboni, facolta di lettere – 28enne – overdose di eroina
11 gennaio 2011
morto in piazza maggiore – neonato – mancanza di cure
E’ ormai consuetudine morire per le strade di Bologna, nessuno se ne “indigna”, la politica pre-elettorale delle poltrone non ne parla, non una riflessione su cosa si dovrebbe fare per far fronte ai disagi che sul territorio si materializzano, per mancanza di qualsiasi intervento, in cadaveri.
Da tempo denunciamo invano a Bologna la pressoché totale assenza d’interventi di riduzione dei rischi con operatori esperti in grado di riconoscere e soccorrere tempestivamente consumatori in difficoltà per overdose o mix pericolosi, come se chi utilizza sostanze psicoattive non abbia più alcun diritto.
Non e’ un caso se l’unica voce che si sente a riguardo dell’ultima morte nelle strade del centro di Bologna e’ l’ associazione di commercianti che chiede piu’ PULIZIA e POLIZIA.
Infatti ormai da anni la politica del PD alimenta la paura della gente rincorrendo le idee xenofobe e razziste di partiti come la lega nord e pdl che demonizzano gli immigrati, i lavavetri, i tossicodipendenti e i senza fissa dimora, ribadendo con il loro immobilismo che le soluzioni ai problemi sociali sono il carcere e i cie, riservando a chi dice NO, denuncie, arresti e manganelli .
Non solo a Bologna ma in tutta la provincia si taglia pesantemente la spesa sociale, chiudono i dormitori e i servizi a bassa soglia, si taglia l’assistenza domiciliare, gli interventi di strada, l’integrazione degli alunni diversabili, gli spazi d’aggregazione giovanile, non si fanno politiche per la casa, si aumentano rette scolastiche e affitti, tutte scelte che stanno portando ad grosso impoverimento delle persone, scelte che negano la dignita’ delle persone che non hanno denaro per comprarsela.
DENUNCIANDO LE “POLITICHE SOCIALI” CRIMINALI dell’intero territorio metropolitano vogliamo sottolineare come siano in linea con quella nazionalfascista del governo centrale, che con le sue leggi lavora per eliminare fisicamente la gente che ha problemi e non i problemi della gente!
Per chi vive per strada, ai margini della società, per chi ha problemi di dipendenza, per immigrati senza documenti e per chi lotta affinche’ queste politiche non avanzino le uniche porte che si aprono sono CARCERE, C.I.E., T.S.O. e FOGLIO DI VIA
RIBELLARSI A TUTTO QUESTO E’ GIUSTO!
COSTRUIRE PERCORSI AUTORGANIZZATI E DI AUTODIFESA DA QUESTE POLITICHE CRIMINALI
E’ NECESSARIO!
Associazione Culturale Livello57 e Lab57 – Alchemica
verso la Settimana delle Culture Antifasciste 23/6 – 1/7 2011
Dopo il pestaggio di due carabinieri nella provincia di Grosseto, associato per fare notizia al Pasquatek di Sorano da quasi tutti i media, abbiamo cercato di fare chiarezza chiedendo al Fatto Quotidiano di pubblicare una rettifica ragionata dei fatti:
Dopo il massacro dei carabinieri il popolo del rave si ribella: “Non è solo sballo e droga”
Il Lab57 stava intervenendo al contemporeo Pasquatek a Spoleto, che si è svolto senza nessun probelma, sia per la gestione dell’evento, la sicurezza sanitaria e il rapporto con forze dell’ordine che sono arrivati in forze(14 volanti!!!) il 25 mattina, senza che nessuno sapesse nulla dell’ aggressione in toscana.
E’ andato tutto bene per il lavoro degli organizzatori e la piena collaborazione col Lab57, garantendo sia il rispetto che la pulizia del prato montano che ospitava l’evento attraverso rimborsi al bar per chi puliva tutta l’area.
Inoltre pubblichiamo volentieri l’articolo Il «rave» come capro espiatorio , pubblicato per la rubrica di Fuoriluogo sul Manifesto del 4 maggio 2011, di Stefano Bertoletti, del Progetto Extreme, un servizio di riduzione dei rischi che è intervenuto al Pasquatek toscano proprio grazie ad un nostro contatto con alcuni degli organizzatori.
Stefano Bertoletti commenta per la rubrica di Fuoriluogo sul Manifesto del 4 maggio 2011 la vicenda dell’aggressione ai carabinieri a Grosseto.
Due carabinieri sono stati massacrati a bastonate per un ritiro di patente che stavano effettuando dopo l’alcoltest: l’aggressione barbara avvenuta a Manciano, vicino a Grosseto, da parte di quattro ragazzi (tre minorenni) ad un posto di blocco colpisce per il grado di violenza e per la dimensione di rabbia folle che rivela.
E’ però sbagliata l’associazione fatta dai media (e da politici importanti come il presidente della Regione Toscana) con la presenza di un rave party nella zona, come se questo fosse il vero responsabile dell’episodio.
Ero presente a quel rave come operatore del Progetto Extreme, che, insieme ad altri servizi di riduzione dei rischi sul territorio nazionale, riesce ancora a raggiungere questo tipo di eventi divenuti sempre più rari e nascosti: il “Pasquatek”, un technival storico quest’anno alla sua prima edizione in Toscana, è iniziato sotto la pioggia nella serata del 23 Aprile per durare fino al 25 in un’area privata concessa agli organizzatori, una radura piuttosto ampia circondata da boschi.
Partecipavano 500 persone, progressivamente in aumento: una situazione complessivamente tranquilla e gestibile, con una presenza di forze dell’ordine efficiente ma discreta e non scoraggiante per chi voleva vivere l’evento.
Quanto all’aggressione ai carabinieri, si è scoperto che i ragazzi autori del fatto erano sì diretti al rave provenienti da una discoteca fiorentina, ma non l’hanno mai raggiunto. Un aspetto che non cambia assolutamente la gravità dell’episodio, ma rende insensata la rappresentazione fornita da tutti giornali: il rave è stato messo sul banco degli accusati, indicato come l’origine dell’episodio criminale.
Non vi è invece relazione tra l’aggressione e il rave e, su un piano più generale, ci appare semplicistico e rischioso considerare i rave, insieme ad altri ambienti del divertimento, come un problema da risolvere, banalmente, proibendo. Il che non toglie che si debba riflettere seriamente sulla crescita degli episodi di violenza negli ultimi anni sia negli ambienti del divertimento che in altri ambienti pubblici, piazze, stadi: sembra diffondersi (anche) tra gli adolescenti un sentimento di rabbia che spesso sfocia in violenze a volte dure e imprevedibili, insieme a una incapacità di riconoscere limiti, leggi o di rispettare coloro che li devono tutelare. Senza affrontare questi temi non è possibile garantire seriamente sicurezza ai cittadini e alle forze dell’ordine quotidianamente impegnate in strada.
Anche per i rave e le feste autorganizzate qualcosa si può fare.
La maggioranza sia degli organizzatori di eventi che dei frequentatori è disponibile –penso- a collaborare per modificare gli aspetti maggiormente rischiosi che possono compromettere l’andamento delle attività e della vita quotidiana. Per questo pare una buona idea quella suggerita dal Presidente della Regione Toscana, di varare leggi regionali che possano regolare in modo più preciso eventi e manifestazioni come i rave party: a patto che questo significhi pensare a come rendere accessibili spazi pubblici o privati per svolgere questo tipo di manifestazioni rispettando regole precise riguardo alla gestione dello spazio con i servizi necessari per la loro sicurezza.
Attualmente questo non accade, perché le leggi vigenti e le attuali politiche di divieto rendono praticamente impossibili i rave: tanto da aver creato la progressiva fuga nel “sommerso”degli eventi, che avvengono ormai in situazioni di totale occultamento e in assenza di ogni criterio di sicurezza. In altri casi, come a Manciano, i rave si tengono in spazi privati presi in affitto, al pari di altri eventi che però non subiscono gli stessi processi di stigmatizzazione. Seguendo questa strada, le Regioni interessate potrebbero, come si è detto, avere la sorpresa di trovare una disponibilità anche da parte di chi organizza questo tipo di eventi e la comprensione da parte di coloro che li frequentano, non più costretti a nascondersi.
Sarebbero ben disponibili anche gli operatori dei servizi di riduzione dei rischi, che ormai da più di un decennio lavorano concretamente per garantire la salute pubblica. Anche in quei contesti del divertimento dove a qualcuno sembra inutile intervenire, preferendo la (assai pericolosa) scorciatoia della proibizione.
Dopo il massacro dei carabinieri il popolo del rave si ribella: “Non è solo sballo e droga”
Cronaca | di Lorenzo Galeazzi
28 aprile 2011, Il Fatto Quotidiano
Nonostante i protagonisti del pestaggio non stessero tornando da un rave ma da una dscoteca, il caso riporta d’attualità questo tipo di feste che nell’accezione comune richiamano solo all’abuso di droghe. Un fenomeno che, almeno nelle origini, al contrario voleva coniugare musica elettronica e culture giovanili, danza e protesta politica
Il caso di cronaca avvenuto durante il ponte pasquale a Sorano, in provincia di Grosseto, ha riacceso i riflettori sul fenomeno dei rave party. Poco importa la scoperta che i giovani protagonisti del pestaggio non stessero tornando da un rave, ma da una serata brava in discoteca. Ecco i fatti. Due carabinieri sono stati pestati brutalmente da quattro ragazzi poco distante dal luogo di una di quelle feste. La colpa dei due militari? Avere fatto l’alcool test al guidatore della macchina e comunicargli che, visti i risultati, la patente gli sarebbe stata sequestrata. Tanto è bastato per far scattare la violenza contro i due agenti che sono stati pestati con pugni, calci e una spranga di ferro. I due feriti si trovano ricoverati in gravi condizioni: uno è in coma farmacologico per le percosse subite, l’altro rischia di perdere un occhio. Mentre per i quattro ragazzi (fra cui un solo maggiorenne) è stato confermato il fermo di polizia e le accuse nei loro confronti sono gravi, a partire dal duplice tentato omicidio. Al momento non sono ancora disponibili i referti tossicologici in modo da appurare se il branco abbia agito, oltre che sotto l’effetto dell’alcool, anche sotto l’effetto di qualche droga.
Assieme alla condanna per l’episodio, a finire sotto accusa sono state anche questo tipo di feste che, è bene ricordarlo, sono per definizione illegali o, come dice il popolo dei rave, free e cioè libere. A cominciare dal presidente della Regione Toscana Enrico Rossi che ha chiesto un intervento del Parlamento per “consentire ai sindaci di esercitare la loro attività di controllo”. Peccato però che i quattro protagonisti del “pestaggio di pasquetta” non stessero tornando dal rave, ma da una discoteca. E che all’origine della violenza bovina non ci fossero i contestatissimi party ma una notte di sballo nei locali fiorentini à la page. Come riportano le cronache, il branco stava andando e non tornando dalla festa illegale nella città toscana.
Anche se il collegamento diretto fra il rave e l’episodio di cronaca è venuto clamorosamente a mancare, quanto accaduto a Sorano ha colpito ed è stato condannato dalla stessa comunità che frequenta e organizza questo genere di eventi. Il loro timore adesso è che la repressione contro i rave da parte delle forze di sicurezza si faccia ancora più massiccia.
“I rave party sono sempre stati nell’occhio del ciclone per le loro caratteristiche di libertà e di divertimento non convenzionale – dice un organizzatore di party che non vuole rivelare il suo nome – ma è scorretto associare ai party gli episodi spiacevoli come quello di Grosseto”. Un’opinione condivisa anche da un operatore del Lab 57, un’organizzazione che si occupa di “riduzione del danno” durante le feste: “Quello che è accaduto a Sorano poteva tranquillamente accadere all’uscita di una discoteca o a qualunque altro luogo di aggregazione giovanile. Il problema della violenza cieca non riguarda i rave, piuttosto ha a che vedere con i modelli culturali della società nel suo complesso”. Non è facile entrare in contatto con i protagonisti di quel mondo, i pochi disponibili a parlare lo fanno solo sotto anonimato. “E’ perché le nostre feste sono illegali e siamo sempre sotto la lente della polizia. Anche se non facciamo niente di male”.
Insomma il popolo dei party non ci sta a essere associato a quanto accaduto durante la nottata di follia di Grosseto. Eppure il connubio rave-droga-violenza per molti è un dato di fatto. “Non mi stupisce affatto questo tipo di atteggiamento – dice un dj molto famoso nel circuito delle feste – E’ perché siamo un movimento underground, che la gente conosce poco e che i giornalisti declinano con stereotipi del tipo ‘raver drogato e violento’”.
Ma che cosa sono esattamente i rave party? “E un movimento che si colloca fra musica e contestazione politica che arriva in Italia dall’Inghilterra nei primi anni novanta”, dice Michele, ex dj della Tekno Mobil Squad, una delle crew più famose in Italia. “Quando organizziamo un rave party, di solito occupiamo uno stabile industriale di una qualche periferia urbana. Creiamo una Taz, una zona temporaneamente autonoma che utilizziamo per il tempo della festa e poi la restituiamo alla città”.
L’origine del fenomeno coniugava la musica tecno, le culture giovanili e la protesta politica. Peccato che negli anni questi aspetti siano andati scemando tutto a vantaggio di una cultura dello sballo che di politico ha ben poco. “E’ vero – continua il dj – Ciò che era nato come un movimento underground, quindi per definizione poco diffuso e limitato ad un numero ridotto di persone, è stato gradualmente trasformato in un movimento di massa. La ‘tempesta’ di articoli che dipingevano il rave come un mercato della droga, un ritrovo di spacciatori, ha fatto sì che fosse sempre più frequentato dalle persone interessate esclusivamente a questi aspetti. Questa pubblicità negativa ha favorito l’accesso di un pubblico sbagliato”. Un circolo vizioso che si è andato autoalimentasi e quando si parla di rave, si pensa allo spaccio, al consumo e alle morti per overdose o mix fatali di sostanze. “E’ fuorviante pensare che i rave siano l’unico posto in cui la gente può sballare – attacca l’operatore di Lab 57 – In discoteca succede molto di peggio dove chi consuma droga lo fa in un ambiente poco sicuro per se stesso e per gli altri”.
Il Lab 57 è un’organizzazione vicina al mondo dei rave party che si occupa di riduzione del danno. “Quando viene organizzata una festa – racconta l’esponente di Lab 57 – noi contattiamo gli organizzatori e allestiamo una zona di decompressione, al riparo dalla musica assordante, in cui distribuiamo bevande analcoliche e materiale informativo sulle varie sostanze. C’è anche un equipe pronta a intervenire in caso di abuso di qualche sostanza. Questa è quella che noi chiamiamo riduzione del danno”.
Anche nel rave di Soriano era presente un’unità come la vostra? “Sì – risponde l’operatore – ma è ovvio che unità di quel tipo, che lavorano con pochissimi fondi, non riesca a intercettare le centinaia di persone che partecipano alle feste”. Dai gabinetti delle sale da ballo milanesi frequentate da veline e calciatori alle atmosfere fumose dei rave party, il binomio festa uguale sballo è sempre più presente. Con buona pace dei pionieri dei rave che pensavano di far passare un messaggio di protesta politica attraverso le casse che sparavano acid house, tecno trance o drum ‘n bass. Il problema è il consumo, non il tipo di festa, commerciale o underground, legale o illegale che sia.
aggiornato alle 16.27 del 28 aprile 2011
Inizia il percorso di iniziative, eventi e dibattiti che ci porteranno alla
11^ streetparade antiproibizionista.
Il CANAPISA il 28 maggio 2011 invaderà le strade di Pisa
– per una libera e consapevole cultura dell’uso di sostanze psicoattive
– contro ogni forma di criminalizzazione, contro la persecuzione di massa innescata dalla Legge Fini-Giovanardi e le successive riforme securitarie!!
LIBERI di DISSENTIRE, LIBERI di MANIFESTARE……
LIBERI dal PROIBIZIONISMO!
Venerdì 8 Aprile ore 16.30 – POLO CARMIGNANI – Pisa
MARJUANA: UNA GUERRA INFINITA – dibattito
interverranno :
LEGALIZZIAMO LA CANAPA.ORG TEAM
MASSIMO LORENZANI – LAB57 ALCHEMICA (Bo)
FRANCO D’AGATA – INFOSHOCK -CSOA GABRIO (To)
FEDERICO GIUSTI – RSU COBAS – COMUNE PISA
CANAPISA BEGINS NOW!!!!!
INIZIA LA PRIMAVERA ANTIPROIBIZIONISTA a Pisa… IMPOSSIBILE MANCARE!!
Ovviamente sarà presente la nostra unità mobile LAB57, il camper che ha vissuto più streetparades d’Italia!!!
L’8 febbraio 2011 è stato ritrovato morto presumibilmente per overdose un giovane di 28 anni nei bagni della Facoltà di Lettere e Filosofia di Bologna, un ragazzo di Budrio già noto ai servizi perchè era stato in comunità.
Pochi mesi fa, l’11 ottobre 2010 a Bologna e’ morto per un probabile abuso di sostanze stupefacenti un’altro ragazzo di 19 anni dopo essersi sentito male in un locale bolognese (vedi il nostro post: A Bologna si muore senza Riduzione dei Rischi)
Due morti entrambe frutto secondo noi di politiche proibizioniste e oscurantiste che invece di investire in PREVENZIONE con progetti di riduzione dei rischi, servizi a bassa soglia , come ormai in tutti i paesi civili si fa’, preferiscono fare scoppiare le carceri punendo i consumatori come criminali.
Da tempo denunciamo invano a Bologna il progressivo smantellamento degli interventi di riduzione dei rischi con operatori esperti in grado di riconoscere e soccorrere tempestivamente consumatori in difficoltà per overdose o mix pericolosi, come se chi utilizza sostanze psicoattive o abbia delle dipendenze non abbia più alcun diritto.
Ormai da anni la politica del Comune di Bologna alimenta la paura della gente: si parla di degrado, si demonizzano gli immigrati lavavetri, i tossicodipendenti in piazza verdi, i senza fissa dimora, si fanno lotte perbeniste contro i writers come fossero il grande problema di questa citta’, insomma le parole d’ordine sono invariabilmente PULIZIA e POLIZIA!
Non solo non si struttura alcuna politica di interventi informativi e culturali all’interno dei luoghi di aggregazione giovanile e nelle scuole, ma addirittura i dormitori chiudono ed i servizi a bassa soglia vengono ‘sospesi’ come il drop-in in via Paolo Fabbri o depotenziati e nascosti come l’Unità Mobile, servizi in cui forse il ragazzo morto in solitudine nella facoltà di lettere avrebbe potuto trovare qualche risposta e aiuto prima di finire in questo modo.
Ci sentiamo in dovere di denunciare LE “POLITICHE SOCIALI” della CITTA’ di BOLOGNA che vediamo perfettamente in linea con quella discriminatoria del governo, che con le sue leggi lavora per eliminare fisicamente la gente che ha problemi e non i problemi della gente!
Per chi vive in strada, ai margini della società, per chi ha problemi di dipendenza, per immigrati senza documenti, le uniche porte che si aprono sono quelle di CARCERE, C.I.E., T.S.O. e FOGLIO DI VIA!!!!!
Nelle carceri oggi Il 27% dei detenuti è composto da tossicodipendenti.
Il 38% da immigrati senza documenti.
E’ necessario INVESTIRE SUI SERVIZI ALLA PERSONA, ABOLIRE la legge Fini-Giovanardi sulle droghe
e la Bossi-Fini sull’immigrazione
QUESTE SONO BATTAGLIE DI CIVILTA’!
www.livello57.org
lab57.indivia.net
>>Vedi anche: Di tagli al welfare si muore by Vag61 – Spazio libero autogestito
Quando si parla di danni da droghe, sbiadisce il limite tra scienza, fede, pregiudizio o trita propaganda di regime.
Prendiamo, ad esempio, la recente pubblicazione di “Cannabis e danni alla salute” del DPA (Dipartimento Politiche Antidroga) del governo Berlusconi, “un megarapporto di oltre 500 pagine per rilanciare la sua Intifada contro le canne“, come lo ha giustamente definito Giorgio Bignami nell’ articolo – Cannabis, parla il Ministero Scienza e Propaganda – per la rubrica settimanale di Fuoriluogo sul Manifesto del 2 febbraio 2010.
Basta dare un’occhiata all’ Introduzione di Carlo Giovanardi (Sottosegretario di Stato per la Famiglia, Droga e Servizio Civile), per rendersi conto di quanto scientifica e rigorosa possa essere una ricerca aperta da simili enormità: “E’ stato dimostrato che la cannabis è una delle maggiori sostanze responsabili dell’alterazione delle capacità di apprendimento nei giovani(!!??), del calo della motivazione ad affrontare i problemi della vita, del far avvicinare più facilmente a droghe quali eroina e cocaina le persone più vulnerabili, di far scatenare e produrre gravi patologie psichiatriche, quali la schizofrenia, oltre che compromettere il normale sviluppo neurologico nel feto di madri consumatrici di sostanze.”
Evidentemente le ultime figuracce rimediate da Giovanardi lo hanno promosso a luminare della ricerca mondiale, dopo aver vergognosamente infangato e strumentalizzato l’omicidio di Stefano Cucchi, morto perché “anoressico, drogato e sieropositivo” e dopo le penose polemiche col Cnr nei mesi scorsi per aver gonfiato i dati del Rapporto tossicodipendenze 2010.
In ogni caso, come è nostro costume, andiamo sempre oltre questi miseri esempi di propaganda ideologica cercando di dare un contributo di onestà intellettuale e di ricerca metodologica in un campo come questo, in cui è difficile persino trovare strumenti condivisi di valutazione. Per questo motivo consigliamo a tutti, soprattutto ai suddetti “luminari nostrani”, la lettura di un interessantissimo articolo di un sociologo, lui sì di indubbio prestigio internazionale, Peter Cohen, con cui condividiamo da anni percorsi e analisi: I “danni da droga”: quanto è scientifico questo concetto? pubblicato su Fuoriluogo.
Questo saggio ci permette di ampliare ed approfondire meglio in concetto ricerca metodologica in un campo come questo, in cui è difficile persino trovare strumenti condivisi di valutazione dei danni reali delle “droghe”. Nel novembre 2010, il farmacologo David Nutt ha pubblicato una scala del danno delle droghe che vede l’alcol in cima (di cui noi ci siamo recentemente occupati in RICERCA DROGATA:Immigrati e consumatori di cannabis ad alto rischio di schizofrenia.
Ma – si chiede il sociologo Peter Cohen- è valido il metro del “danno” con cui si misurano e si classificano le droghe?
Spiega il sociologo: “il tentativo fatto da parte di Nutt et al. di mettere in discussione le classificazioni attuali, così come sono espresse nella legislazione, è utile e lodevole. Siamo lontani dal dimenticare le ragioni per cui, ad un certo punto, la cannabis e l’oppio sono stati dichiarati illegali. I rischi che si attribuiscono a queste sostanze sono diversi, in paesi diversi, così come è varia la severità delle conseguenze legali derivanti dall’essere colti a farne uso. A complicare le cose ulteriormente, c’è il fatto che le opinioni sui danni e le conseguenze pratiche sono destinati a cambiare nel tempo[2].
Tuttavia sia cannabis che oppio sono proibite a livello globale dalle Convenzioni sulle Droghe delle Nazioni Unite e dalla maggior parte delle legislazioni nazionali, elaborate sulla scia di queste Convenzioni. È legittimo mettere in discussione, come si fa in Nutt et al., i danni ipotizzati e la varietà di conseguenze legali per il consumo di droga, visto che sono basati su una definizione di danni della droga lontana da ogni rigore scientifico e, in effetti, da ogni razionalità. Perciò le mie osservazioni qui non mirano a mettere in discussione le classificazioni esistenti, ma piuttosto a “migliorarle” per mezzo di un sistema di classificazione a questionario, analogo a quello proposto in Nutt et al..
….
Che fare allora?
A mio avviso la percezione dei danni legati alle droghe è affetta da così tante limitazioni di affidabilità e validità, che è impossibile al presente avere una stima seria del danno per ogni droga. A parer mio non è nemmeno valido associare i danni alle droghe soltanto. Le droghe sono consumate da essere umani, in condizioni individuali sociali e legali varie, a livelli di purezza e dosaggio vari. Qualsiasi siano gli “effetti” delle droghe, dannosi o meno, essi non possono essere valutati e nemmeno discussi, senza unire la droga ad un particolare consumatore o cultura del consumatore.
Le droghe di per sé non esistono nel loro pieno significato.
Senza un accordo preliminare su un insieme di variabili circa le caratteristiche del consumatore, il contesto culturale e la purezza e il dosaggio della droga, perfino una misura, di “danno della droga” minimamente standardizzato, non può essere stabilita. Senza questo accordo preliminare, una valutazione seria del danno da droga è un’illusione. Analogamente, se così non fosse, perché allora l’OECD avrebbe discusso per anni su come creare una misurazione standardizzata della “disoccupazione” e su come quantificare le sue componenti?. Molto probabilmente la scala del danno elaborata da Nutt et al., che vede la sostanza più largamente diffusa (l’alcol) al primo posto, seguita da quella meno diffusa (l’eroina) al secondo, è il riflesso di percezioni diffuse tra gli esperti. Ma le percezioni diffuse cambiano continuamente nel corso del tempo. Nemmeno l’uso delle più sofisticate tecniche statistiche per elaborare le percezioni combinate degli esperti potrà superare il fatto che queste sono niente di più che percezioni.
>>vedi anche: Test antidroga 2:il neuro-scienziato della domenica e Forum Droghe
e Test antidroga sul lavoro e alla guida:continua l’inquisizione contro la cannabis.
Inoltre vi consigliamo una recente pubblicazione a cui ha collaborato lo stesso Peter Cohen:
Cocaina. Il consumo controllato
Nei giorni scorsi l’Ecuador ha dato il suo appoggio alla proposta del Governo della Bolivia all’ONU (in .pdf) per depenalizzare la masticazione delle foglie di coca, pratica tradizionale degli indigeni della zona andina.
La foglia di coca è uno dei simboli più noti e controversi della cultura locale. Il 31 gennaio era la data di scadenza per presentare le obiezioni alla richiesta avanzata da La Paz di modificare la Convenzione sui Narcotici del 1961, che penalizza la coca perché materia prima della cocaina. Finora hanno presentato obiezioni gli Stati Uniti, il Canada, la Svezia ed altri paesi europei; mentre Egitto, Macedonia e Colombia, secondo quanto riferito dall’ambasciatore boliviano all’Onu, hanno ritirato le loro obiezioni.
>>Vedi: Foglia di coca, l’Europa si divide sull’emendamento boliviano
L’Ecuador ha giustificato la sua decisione con l’appoggio al diritto dei singoli a mantenere la propria identità culturale e a praticare i propri costumi, come riconosciuto dalla Costituzione equadoregna, in una nota diffusa dal Vice Cancelliere Kinto Lucas. Anche la Dichiarazione Onu sui diritti dei Popoli Indigeni (in .pdf), di cui Quito è firmatario, difende il diritto degli indio a “praticare e rivitalizzare la loro cultura e i propri costumi”. Evo Morales, primo presidente indio (Aymara) della Bolivia, ha inserito la coca come “patrimonio culturale” nella Costituzione boliviana del 2009.
Uno studio dell’Oms sulla coca e la cocaina del 1995 ha stabilito “che l’uso delle foglie di coca non mostra alcun effetto negativo sulla salute e riveste funzioni positive – terapeutiche, religiose, sociali – per le popolazioni indigene delle Ande”.
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Pubblichiamo a tal proposito l’ultimo Bollettino di ENCOD con cui collaboriamo da tanti anni alla denuncia delle vergognose politiche proibizioniste planetarie.
L’ IMPERIALISMO OCCIDENTALE SULLE DROGHE
Viviamo in un mondo dove le droghe che vengono prodotte nei paesi occidentali sono permesse mentre droghe che originano da paesi non occidentali sono proibite. L’ alcool è pubblicizzato come una grande droga in tutto il mondo, mentre pubblicità e campagne di marketing per il tabacco fanno dimenticare a tutti che il cancro ai polmoni è una delle più significative cause di morte connessa alla droga.
La salute non ha mai avuto a che fare con le politiche sulle droghe. I paesi occidentali sono riusciti ad architettare la legislazione globale sulle droghe di modo tale che solamente le loro droghe sarebbero dovute essere legali e le droghe di culture diverse vanno proibite. L’alcool come droga occidentale ha causato grandi disastri in America, mentre comunità locali furono completamente distrutte dall’”acqua di fuoco”. Molti sono diventati dipendenti, hanno continuato a bere tutto il giorno, ma mai le autorità hanno deciso di controllare o proibire questa droga. Un secolo e mezzo fa, i Britannici hanno combattuto due guerre dell’oppio per obbligare la Cina a consumare l’oppio delle loro colonie in India.
Ai nostri giorni, le droghe sono proibite secondo un imperativo economico, che è di limitare l’offerta ed aumentare il prezzo. Le organizzazioni criminali conoscono molto bene come avvantaggiarsi di queste politiche.
In questo mese ci siamo confrontati con le notizie che annunciavano come molti paesi occidentali abbiano obiettato alla proposta del governo boliviano di porre fine al divieto del tradizionale consumo della foglia di coca. Questi paesi sono spaventati che se il popolo boliviano sarà autorizzato a masticare le foglie di coca, essi non avranno più ragione di eradicare i campi di coca. Ma perché non perseguitano le industrie che producono sostanze chimiche come il permanganato di potassio o altre sostanze che sono necessarie per produrre la cocaina a partire dalla foglia di coca? Perché le industrie sono collocate nel mondo occidentale e questi governi non vogliono perdere denaro e creare ulteriore disoccupazione.
L’ attacco alla foglia di coca costituisce un atto di razzismo e di mancanza di rispetto per le tradizioni culturali, le credenze e la religione. I paesi occidentali lo potrebbero capire se essi vedessero i loro campi di viti o di tabacco affumicati da dei paesi stranieri.
Quando le droghe furono vietate questa politica sembrava essere un modo di controllare delle menti criminali. Ma finché c’è domanda ci sarà offerta, e al momento in cui compare la proibizione ci saranno dei tipi saggi che analizzeranno la situazione e che troveranno un modo di trarne profitto.
Oggi,i paesi occidentali presentano essi stessi come vittime di paesi che producono le droghe e dei commercianti di droga che sono stati capaci di saltare le solida mura e che vendono le droghe a persone innocenti. Ma la realtà è molto diversa.
I paesi occidentali hanno creato le convenzioni delle Nazioni Unite. Essi sono responsabili del fatto che i paesi produttori di droghe violano i diritti umani dei loro cittadini, dopo aver sofferto le pressioni dai paesi occidentali
Dopo aver sofferto pressioni dai paesi occidentali per non fare qualcosa di più per fermare l’esportazione di droghe. Essi sono responsabili del “genocidio culturale”, i tentativi di distruggere la millenaria cultura della foglia di coca, facendo credere alla gente che è più facile perseguitare una antica cultura in Sudamerica che permettere alle industrie chimiche euro-americane di perdere dei soldi!
Forse è ora per noi attivisti di smetterla di combattere per una sostanza particolare e di lottare per una “Nuova Cultura della Droga”. Noi dovremmo sostenere di appartenere ad una nuova tribù che + una minoranza in questo mondo ma che esiste in tutti i paesi del pianeta, una tribù non collegata da interessi religiosi o economici ,una tribù spinta dalla cultura dell’idealismo e certamente molto diversa dalla maggioranza, ma una tribù che crede nel suo proprio stile di vita e che combatterà per esso!
Di Jorge Roque (con la collaborazione di Peter Webster)
European Coalition for Just and Effective Drug Policies (ENCOD)
>>Vai al sito di Evo Morales, primo presidente indigeno di uno stato nazionale
Immigrati e consumatori di cannabis
Il rischio schizofrenia è più alto
I ricercatori: «Mancano i fattori protettivi»
Ecco un altro esempio di RICERCA DROGATA: purtroppo questi ricercatori sono anni che spendono soldi pubblici per queste ricerche di propaganda Serpelloniana, questa volta degne di Goebbels viste le insinuazioni razziali!!
Se non ci credete questo è lo studio completo
http://www.ossdipbo.org/pdf/Tarricone_berardi.pdf
che è stato pubblicizzato in varie confezioni da 2 anni a questa parte, ricerche volute e pagate bene dal Dipartimento Antidroga per demonizzare la cannabis sia con pubblicazioni che con convegni a cui sia l’Osservatorio Epidemiologico di Bologna che l’Università di Bologna si prestano sempre volentieri per avere denaro e passerelle sui media.
Il tema dei problemi dati dall’uso di cannabis ad alcune persone con disagi psichici pregressi, latenti o meno, è reale e documentato, da noi sempre sostenuto perchè i casi reali esistono, li conosciamo e non li abbiamo mia sottovalutati
Conosciamo tuttavia diversi casi altrettanto documentati di malati diagnosticati psicotici o schizzofrenici ( e qui ce ne sarebbe da dire su come si fanno queste diagnosi) che trovano giovamento e aiuto dalla cannabis.
Questi psichiatri maniaci della genetica invece vorrebbero dimostrare che è la cannabis la causa della psicosi, e come potete leggere dalle loro conclusioni, si smentiscono da soli!!!
«Nei migranti che arrivano dai Paesi terzi la presenza dell’ uso di sostanze tra i fattori di rischio è molto basso, in generale tra gli immigrati lo sviluppo della malattia avviene dopo qualche anno. Si parla di una discrepanza tra le aspettative con cui sono partiti nei Paesi di provenienza e la disillusione di quando sono qui».
Hanno solo stabilito una relazione generica tra immigrazione, uso di cannabis e psicosi.
Se aggiungevano il consumo di tabacco tra i fattori studiati, la percentuale sarebbe stata altissima, fino al 90%!!, perchè è ben noto quanto sia diffuso l’uso e l’abuso di fumare tabacco tra i pazienti psichiatrizzati, soprattutto sotto psicofarmaci, ma figuriamoci se questi grandi scienziati si sognerebbero mai di suggerire che è il tabacco a generare la psicosi!!! Immaginate le multinazionali del tabacco quanti miliardi di querele gli confezionerebbero!!!
Infatti basta leggere uno dei tanti studi su questo argomento:
Fumo e disturbi psichiatrici
http://www.policlinico.mo.it/centroantifumo/Seminario29settembre2010/Ricci/Modena%2029%20settembre.pdf
L’abuso di tabacco è molto più diffuso tra i pazienti con schizofrenia (58% -90%) e pazienti con disturbo bipolare (51% -63%) rispetto alla popolazione generale (28% -30 %).
L’uso moderato di cannabis, soprattutto come rilassante e antidolorifico, non ha mai creato danni a nessuno, il suo abuso soprattutto nei più giovani può invece creare disturbi nella socialità e nell’apprendimento, fermo restando che a livello soggettivo esistono casi documentati di elevata ipersensibilità alla cannabis, o al contrario di elevata tolleranza senza particolari disturbi, elementi che ci confermano una volta di più che ogni persona deve trovare il suo limite ed il suo equilibrio con le sostanze, la cannabis non fa eccezione, se non per un elemento forse, che è infinitamente meno pericolosa di alcool , tabacco e psicofarmaci, sostanze legali e sponsorizzate da interessi incalcolabili.
Si veda lo studio recentissimo di un luminare come David Nutt e la nuova tabella di classificazione dei danni delle diverse sostanze
Comunque i genetisti sono decenni che le sparano grosse e anno dopo anno vengono puntualmente e clamorosamente smentiti:
ad esempio a metà degli anni 90 dicevano di avere finalmente trovato il gene ereditario che causa l’omosessualità!!!
poi è toccato a quello dell’epilessia, dell’ anoressia e ora va molto di moda il gene dell’ Alzheimer… ricerche spesso taroccate a partire dalle loro premesse per fare notizia e finire sulle riviste internazionali.
In ogni caso per demolire quest’ultima ricerca, dagli inquietanti toni pseudo-razzisti, su immigrazione e cannabis, basta accendere il cervello e leggere i risultati di queste nuove ricerche:
USA – Schizofrenia. Studio: la cannabis migliora ‘in modo significativo’ le funzioni cognitive dei pazienti
USA Contrordine: il Thc migliora i sintomi della schizofrenia
USA – Cannabis non influisce su funzioni cognitive dei fumatori abituali
David Nutt: le mie opinioni sulla classificazione delle droghe
Cannabis e schizofrenia
I fumatori di cannabis hanno all’incirca 2,6 probabilità in più di avere una esperienza psicotica rispetto a chi non la fuma. Per confrontare questa cifra ad altre: i fumatori di tabacco hanno 20 probabilità in più di sviluppare un cancro al polmone, rispetto a chi non lo fuma. Fumare cannabis comporta un rischio relativamente piccolo di disturbi psicotici, in confronto a un forte rischio di cancro al polmone per chi fuma il tabacco. L’altro paradosso è che la schizofrenia sembra andare scomparendo (dalla popolazione generale) anche se l’uso di cannabis è aumentato marcatamente negli ultimi 30 anni.
La cannabis provoca schizofrenia? Studio: nessun dato convincente
Thc e schizofrenia: due ricerche mettono in dubbio la vulgata proibizionista
CANADA – Cannabis. Studio: diffusa fra schizofrenici per alleviare sintomi malattia
Non rimane che fare i complimenti a questi futuri nobel della ricerca scientifica…..
E’ ORA DI PIANTARLA!!
in tutti i sensi….
Vorremmo chiedere conto a Repubblica di questo articolo sul Mefedrone, Controinformazione di Lab57: timori esagerati su certe sostanze, (Repubblica 17 ottobre 2010 pagina 3 sezione: BOLOGNA), in cui in modo scorretto e allusivo si citano frasi spezzate e incomplete di un articolo sul nostro sito ( Allarme Mefedrone!? Un’altra figuraccia del Dipartimento Antidroga), suggerendo al lettore con faciloneria e malafede che in qualche modo si minimizzi la pericolosità della sostanza e dei suoi effetti, mentre nel nostro pezzo si sottolineano al contrario tutti i rischi di assunzione ed le falsità di una informazione scandalistica.
Come se non bastasse Repubblica accosta questa “perla di giornalismo” ad un altro articolo nella pagina seguente che finisce con queste pesanti insinauzioni messe in bocca a Elia Del Borrello , responsabile del laboratorio di tossicologia forense dell’Alma Mater :
<<“Le droghe sintetiche? Sono pericolosissime, e la “cultura della banalizzazione” del fenomeno favorita anche da alcuni centri sociali, non per motivi “nobili”, produce altri rischi”>> ( estratto da Le forze dell’ordine lanciano l’allarme Repubblica — 17 ottobre 2010 pagina 2 sezione: BOLOGNA ).
A tal proposito chiediamo caldamente al prof Del Borrello di chiarire quanto prima queste pesanti e qualunquistiche insinuazioni sui cosiddetti “centri sociali”, invitandolo poi a non essere lui stesso vittima di quei rischi della “cultura della banalizzazione” che vorrebbe tanto maldestramente addebitare ad altri. Infatti nello stesso articolo il professore attribuisce al Mefedrone effetti come le allucinazioni, che non ci risultano da nessuna fonte autorevole, suggeriamo quindi anche a lui di consultare la nostra scheda sul Mefedrone che abbiamo costruito consultando alcuni tra i migliori esperti Europei della Riduzione dei Rischi, come i nostri amici e colleghi Svizzeri di DRUGS – JUST SAY KNOW, che il Mefedrone lo conoscono e lo analizzano sul campo da anni, invece di spararle grosse sui giornali e aumentare la confusione nei giovani consumatori che sono già abbastanza disorientati.