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Giovanni Serpelloni, arrestato per tentata concussione l’ex capo del Dipartimento antidroga di Palazzo Chigi
da Il Fatto Quotidiano 13/5/16
E’ finito agli arresti domiciliari per tentata concussione e turbativa d’asta Giovanni Serpelloni, capo del Dipartimento politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dal 2008 al 2014, medico vicino a Carlo Giovanardi e noto per le sue posizione proibizioniste e intransigenti in fatto di stupefacenti. I fatti contestati riguardano il suo successivo incarico di direttore del Sert, il servizio tossicodipendenze, di Verona, per episodi accaduti tra il 2012 e il 2014. La Guardia di Finanza ha notificato il provvedimento a lui e ad altri due dirigenti dell’Ulss 20: Maurizio Gomma e Oliviero Bosco. Altre tre persone sono indagate per gli stessi reati. Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica e condotte dai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Verona, riguardano l’appalto del software gestionale utilizzato in Sert (i servizi pubblici per le dipendenze) di tutta Italia.
Di Serpelloni e del caso del software contestato si era occupato nei mesi scorsi anche ilfattoquotidiano.it. Secondo l’accusa, gli indagati avrebbero preteso illegittimamente dalla società assegnataria dell’assistenza e manutenzione del software prima una percentuale sulle somme incassate e successivamente, a nome dell’Ulss 20 ma all’insaputa della direzione generale, 100mila euro a titolo risarcitorio, minacciando la revoca dell’incarico. Nel corso delle indagini è emerso che la successiva gara sarebbe risultata essere stata turbata, e assegnata, con collusione e mezzi fraudolenti, a una società compiacente; i soci-amministratori risultano a loro volta indagati nel procedimento.
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Questa in sintesi la cronaca giudiziaria, che speriamo metta fine alla lunga lista di disastri dello Zar Anti-Droga in Italia, compagno, anzi camerata, del Senatore Carlo Giovanardi nella folle e tragica Caccia alle Streghe Proibizionista che negli ultimi 10 anni ha provocato decine di migliaia di arresti, morti e miliardi di soldi pubblici sprecati o rubati, come nel caso dell’ esimio professore.
Non riusciamo a gioire pensando alle vittime di questa guerra, agli insulti alle loro famiglie nel nome di una guerra falsa, corrotta e senza nessuna base scientifica, come sempre abbiamo sostenuto.
Vale la pena di ricordare l’inchiesta profetica di Alessandro De Pascale su il manifesto dell’aprile 2014, su appalti per 3 milioni di euro, affidati senza gara e senza valutare altre offerte, agli “amici” veronesi al posto del Cnr, anche per ridurre i dati sul consumo di sostanze in Italia, a beneficio della “loro” legge Fini-Giovanardi, poi cancellata della Consulta perché incostituzionale:
Antidroga, il business delle relazioni politiche
Ora però ci restano le macerie del Dipartimento Antidroga, bloccato dopo Serpelloni, incapace di diramare allerte nazionali ai servizi su sostanze pericolose o letali, proprio a causa di quel software gestionale oggetto dell’ inchiesta bloccato indebitamente da Serpelloni, mentre in Italia si continua a morire nell’ ignoranza Proibizionista senza nessun segnale dal governo omertoso di Renzi, troppo attento ai sondaggi e ai tornaconti elettorali per occuparsi di chi è ancora in galera per una legge cancellata, per porre fine alla persecuzione dei consumatori di cannabis, senza nessuna base scientifica, depenalizzando finalmente l’uso e la coltivazione ad uso personale, togliendo così un mercato enorme alle Narcomafie.
Qui sotto trovate una rassegna dei falsi studi scientifici e delle costose campagne mediatiche di Serpelloni, grazie ad un articolo su DolcevitaOnline di Aprile 2014:
In memoria di Serpelloni. Una raccolta dei suoi capolavori
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LA SCIENZA DEL DPA (come divulgare ricerche condotte e approvate da sé stessi e farle passare per verità).
Il metodo sviluppato per i dati sui consumi di droga non è certo un’eccezione per Serpelloni, il quale in questi anni si è fatto notare anche per il suo superattivismo editoriale. In soli quattro anni ha fondato una quantità spropositata di siti internet (nel sito del Dpa ne sono citati 15) con nomi come “Cannabis e danni alla salute” e “La strada per una guida sicura”. Ma non solo perché, come rivelato da una inchesta della Lila, Giovanni Serpelloni è anche colui che firma gli articoli pubblicati dall’Italian Journal of Addiction, diretto da Serpelloni stesso, e pubblicato e finanziato dal Dpa, di cui a capo c’era appunto Giovanni Serpelloni. L’Italian Journal of Addiction è la stessa testata che spesso Serpelloni citava come “autorevole pubblicazione scientifica” quando parlava delle sue teorie più bislacche, tipo quella della cannabis che provoca i buchi nel cervello. Insomma, il Dipartimento Antidroga, fa anche ricerca: se la commissiona, se la finanzia, se la giudica e se la pubblica. Una perfetta garanzia di indipendenza scientifica, non trovate?
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Della Teoria bufala dei buchi nel cervello della cannabis, a noi restano solo i buchi del bilancio dei finanziamenti pubblici, mentre invitiamo a riflettere ed agire di conseguenza a chi in questo buio decennio tra politici, medici, amministratori di servizi pubblici ha avallato e diffuso queste politiche criminali in molti casi usandole per fare carriera.
Noi non dimentichiamo.
Vedi anche:
Serpelloni, i reati e le responsabilità
Proibizionismo. L’arresto dell’ex zar antidroga fa emergere le forzature ideologiche e politiche
di
Il Manifesto delLa censura Proibizionista però non si è certo fermata di fronte a questo arresto eccellente, guardate infatti cosa sono riusciti a inventarsi riguardo alla grande manifestazione antiproibizionista di sabato scorso:
Million Marijuna March @ Manifestazione Nazionale StopTTIP, Sabato 7 Maggio, Roma
Pubblichiamo la smentita dal sito degli organizzatori della manifestazione:
“La Repubblica” delle cazzate: in Piazza dei Cinquecento, la polizia disperde i partecipanti alla Million Marijuana March
Sabato sera, 7 maggio 2016, è apparsa sui siti ADUC Droghe e Roma.Repubblica.it una notizia falsa e priva di fondamento, anche detta “bufala”, che riguarda la Million Marijuana March (Italia).
Sia ADUC che Repubblica affermano, infatti, che «I MILLE» partecipanti al «MARIJUANA DAY» sarebbero stati dispersi dalla polizia, per via di una presunta «MANIFESTAZIONE NON AUTORIZZATA».
>>> leggi tutto l’articolo…
ANTIPROIBIZIONISMO e DINTORNI
Un evento inserito nella rassegna:
LA BELLA ITALIA
Un viaggio tra luci e ombre, restrizioni e resistenze
Venerdì 9 dicembre
h 17 Aperitivo musicale + dj set Reggae
h 18.30 Dibattito VIAGGIARE INFORMATI con Beatrice Bassini (dottoressa SERT), attivisti ed avvocati del Laboratorio Antiproibizionista di Bologna – LAB57 –
h 20.30 VegeTiAmo – Cena sociale a base di vegetali di stagione
h 21.30 Proiezione di “L’ebra proibita – tutto quello che avreste voluto sapere sulla marijuana”
Vag61 Spazio Libero autogestito
Via Paolo Fabbri 110
Bologna
>>L’aggressione e l’inquietante scritta: Episodio GRAVISSIMO nello studio di un legale di parte civile
>>Audio dell’udienza del 28 settembre: la prossima udienza è fissata per il 18 novembre
Tira un vento nuovo
>>dal Blog del comitato Verità per Aldo Bianzino
Tira un vento nuovo mentre la legge Fini-Giovanardi, in nome della tolleranza meno zero, continua a moltiplicare procedimenti amministrativi e penali, ad arrestare, a riempire le carceri e uccidere chi usa sostanze psicoattive , lasciando arricchire i narcotrafficanti e incentivando i profitti dei “cartelli).
Perugia che stringe Patti sicurezza con Maroni, che apre occhi inquisitori sui consumatori e li chiude di fronte ai casalesi che con i soldi dello spaccio rilevano appalti ed aprono società fittizie con scioltezza. 15 Settembre 2011 a Ponte San Giovanni sono stati sequestrati 300 appartamenti in costruzione, due alberghi, quattro terreni,200 conti correnti,144 macchinoni, due imbarcazioni…Imprenditoria camorrista con base operativa a Perugia!
Tira un vento rispetto al business del proibizionismo che da sempre genera violenza, polvere da sparo e spargimenti di sangue per accaparrarsi i proventi illeciti.
Tira un vento rispetto alla militarizzazione dell’ordine pubblico, al proliferare di leggi repressive, razziali, proibizioniste e securitarie, alle violenze di stato, i pestaggi, le minacce, i ricatti, carceri, ritorsioni e Tso.
Tira un vento che scardina tabù e propone di assumere modelli di legalizzazione e regolamentazione delle droghe al fine di indebolire il potere delle organizzazioni criminali e salvaguardare la salute dei cittadini. Un vento che mobilita e sommuove anche la commissione internazionale per le politiche sulle droghe che alcuni mesi fa ha dichiarato il fallimento della “war on drugs” e denunciato le “devastanti conseguenze” ossia gli effetti collaterali del proibizionismo.
Tira un vento nuovo che sussurra che la memoria è una arma, una risorsa e una pratica politica che ci permette di tenere alta l’attenzione e impedire che storie come quelle di Aldo Bianzino, arrestato e morto di carcere e proibizionismo il 14 ottobre 2007, di” incuria” e condanna all’oblio in tutti questi quattro anni, diventino consuetudine, prassi ordinarie legittimate attraverso la retorica della legalità e della sicurezza.
Tira un vento nuovo che non è solo denuncia, non solo richiesta di erità, ma è fatto di solidarietà concreta, di passaggio di saperi e scambio di buone pratiche di resistenza al proibizionismo.
Mercoledì 28 settembre alle ore 9 presso il Tribunale di Perugia in piazza Matteotti si terrà la terza udienza del processo a carico della guardia carceraria per omissione di soccorso e falsificazione di registro.
Il comitato verità per Aldo Bianzino sarà lì, per non archiviare e non dimendicare: nè Aldo e nè perchè è stato ammazzato !!!
Mercoledì 28 alle 9.00 tutti davanti al tribunale …
VERITÁ PER TUTTE LE VITTIME DI ABUSI AUTORITARI ED ARBITRARI DELLO STATO
Il proibizionismo è un serial killer
Lo stato archivia noi no.
>>dal Blog del comitato Verità per Aldo Bianzino
>>Caso Bianzino, l’ex moglie: «Picchiato». Episodio inquietante nello studio di un legale di parte civile. Rudra ha parlato del suo dolore dovuto alla perdita dei genitori
di Francesca Marruco
«A quest’uomo sono stati inferti dei colpi atti a colpire organi interni, da mani esperte, senza lasciare segni o tracce esterne. Ad Aldo sono stati dati colpi al cervello e all’addome».
Lo ha detto in aula Gioia Toniolo, ex moglie di Aldo Bianzino, morto nel carcere di Capanne il 14 ottobre 2007, riferendo alla corte quanto aveva detto l’allora consulente della famiglia, il medico legale Walter Patumi che, stando a quanto affermato dalla stessa Toniolo, «partecipò all’autopsia fatta con il dottor Lalli». L’ex moglie di Aldo Bianzino, rimasta a combattere per un po’ di giustizia insieme ai figli del suo ex marito, ha anche sostenuto che «dieci giorni prima della sua morte Aldo stava molto bene» e «Patumi in quel momento non mi disse che c’erano contrasti con il dottor Lalli», che poi depositerà una relazione in cui si afferma che la morte di Bianzino era dovuta ad un aneurisma.
Il dolore di Rudra
A riportare umanità e dolore in mezzo ai termini medici e agli agenti che, a vario titolo, hanno avuto contatto con la vicenda di Bianzino e che mercoledì hanno testimoniato in aula, ci ha pensato il figlio Rudra, appena diciottenne. «A me manca la mia famiglia: dopo la morte di mio padre, è venuta a mancare anche mia madre per una malattia che si è molto aggravata per lo stress. Sarete stati tutti adolescenti, immaginatevi la vostra vita a 14 anni senza una famiglia». «In 14 anni – ha detto ancora Rudra, ora parte civile con l’avvocato Massimo Zaganelli – non ho mai visto mio padre star male in nessun modo e volevo sapere perché dopo due giorni in carcere era uscito morto. Non si pensa che possano succedere cose del genere. Con i miei facevo una vita semplice e tranquilla, il giorno dell’arresto vennero 5 persone e fecero una perquisizione. E fuori trovarono le piantine di marijuana». Rudra, su domanda dell’avvocato Fabio Anselmo, già avvocato della famiglia Cucchi e Aldrovandi, qui nominato da Gioia Toniolo, ha provato a dire che dopo l’arresto dei suoi genitori è stato lasciato solo con la nonna 93enne nel casale in campagna in cui viveva per tre giorni. Ma è stato bloccato. Non è pertinente alla presunta tesi dell’accusa, rappresentata in aula dal pm Giuseppe Petrazzini, di omissione di soccorso dell’imputato della polizia penitenziaria Gianluca Cantoro nei confronti del detenuto Aldo Bianzino.
L’aggressione e l’inquietante scritta
Intanto un fatto che ha quanto meno risvolti inquietanti, si è verificato lunedì mattina nello studio tifernate dell’avvocato Massimo Zaganelli. La sua segretaria è stata aggredita da un uomo che, con il volto coperto, l’ha spintonata dopo essere entrato nello studio del legale. Secondo quanto ricostruito, l’uomo stava aspettando l’arrivo di qualcuno che aprisse la porta dello studio, per entrare. E fin qui un’aggressione. La segretaria, oltre alla paura, ne avrà per cinque giorni. Inquietante è poi la scritta trovata sul muro esterno: «Bianzino stop», con due simboli che somigliano a due croci. Volto coperto, nessun indizio. E’ intervenuta la polizia. Mercoledì pomeriggio l’avvocato Zaganelli, rappresentato in questo caso dal collega Fabio Anselmo, ha anche sporto denuncia. Anselmo ha parlato di «episodio gravissimo, inquietante, incomprensibile per il clima in cui si sta celebrando il processo». L’aggressione è avvenuta di prima mattina, in orario di apertura dello studio. Ad essere aggredita è stata la segretaria. Normalmente il primo ad arrivare a studio, però, è l’avvocato Zaganelli.
I medici legali nella prossima udienza
Nell’udienza di mercoledì avrebbero dovuto testimoniare anche i medici legali che hanno individuato nell’aneurisma la causa della morte di Bianzino. Assenti giustificati, verranno sentiti nella prossima udienza del 18 novembre. A ruota verrà fatto l’esame dell’imputato: quel Gianluca Cantoro che, difeso dagli avvocati Daniela Paccoi e Silvia Egidi, si è sempre dichiarato innocente. Come sempre anche mercoledì in aula i microfoni di Radio Radicale da cui è possibile ascoltare tutti gli audio delle precedenti udienze.
“VIAGGIARE” INFORMATI”.. – (prevenzione e informazione antiproibizionista)
Nell’ambito del ciclo di corsi e laboratori gratuiti proposto da Vag61, incontro sulla prevenzione dei rischi e di informazione sull’uso delle sostanze stupefacenti e sull’alcool da un punto di vista antiproibizionista.
Domande, dubbi, ricerche europee sui consumi, servizi per le tossicodipendenze, mercato illegale.
Conduce la dott.ssa Beatrice Bassini (psicologa del SERT):
– comunicazione dell’avvocato Elia De Caro su “Normative sulle droghe, alcool e guida”;
– comunicazione di Massimo Lorenzani (Associazione Lab57-Alchemica) su
“Ma che roba è? Le sostanze: composizioni, effetti, mercato e contesti del divertimento”.
Saranno proiettati filmati e video sui temi della prevenzione e sui luoghi del divertimento. L’incontro è rivolto soprattutto a ragazzi e ragazze delle scuole medie superiori e dei primi anni dell’Università.
Mercoledì 28 settembre, ore 18.00
Vag61, via Paolo Fabbri 110, Bologna
10 droghe da non usare mentre si guida
I TEMI CHE VERRANNO TRATTATI NELL’INCONTRO:
CHE COS’È LA RIDUZIONE DEL DANNO?
– Una pratica sanitaria relativa alle dipendenze, nata negli anni 80 in Inghilterra e diventata un cardine nelle politiche sociali di molti paesi europei, o un concetto divenuto argomento “tabù” per il Dipartimento Antidroga capitanato da Giovanardi che mira a farlo sparire dal vocabolario in Italia, in Europa e nel mondo? L’una e l’altra cosa purtroppo.
10 cose da non fare se vi ferma la polizia
– Le iniziative di Forum Droghe, associazione in difesa dei consumatori di sostanze, sulla riduzione del danno e delle sue articolazioni nei vari contesti: dalla strada ai Servizi, ai luoghi del divertimento.
– La crisi e i tagli al welfare e ai progetti di prossimità, quelli in cui gli operatori agiscono direttamente nei luoghi di consumo creando relazioni possibili e prospettive evolutive risvegliano in molti operatori, attivisti politici e consumatori la necessità di far ripartire riflessioni per ritrovare gli spazi e i modi di rinnovare l’intero panorama dei servizi sulle droghe.
LE INFORMAZIONI UTILI
– Interventi di riduzione dei rischi su sostanze e consumi durante eventi musicali giovanili.
– Interventi di emergenza su uso e abuso di tutte le principali sostanze legali e illegali più usate e i mix più comunemente riscontrabili.
– Nuove strategie comunicative di prevenzione e riduzione dei rischi, possibili solo grazie al Test Rapido, per comunicare in modo veloce ed efficace ai consumatori dosaggi limite, mix pericolosi, tagli velenosi, etc.. nell’ ottica di tentare prevenire sul campo intossicazioni ed overdose prima che il consumo abbia luogo.
IN CASO DI CONTROLLI STRADALI
– Informazioni in caso di controlli stradali: diritto di scelta di essere sottoposto al test del sangue piuttosto che a quello delle urine. La legge italiana sanziona chi guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti e non una precedente assunzione. Solo attraverso le analisi del sangue è possibile stabilire la reale concentrazione dei principi attivi che determinano gli effetti stupefacenti.
Ad esempio nel caso della cannabis i metaboliti passivi residui restano nelle urine fino a un mese e mezzo dall’ultima assunzione, mentre il THC attivo nel sangue resta mediamente fino da 12 a 27 ore, a seconda del dosaggio dell’ ultima assunzione.
– Test dei capelli. Più i capelli sono lunghi più le tracce di sostanze psicoattive sono rinvenibili nel tempo. Con i capelli lunghi 12 cm si può risalire al consumo di un anno prima. Se i capelli non vengono tagliati dall’ultima assunzione, le tracce sono teoricamente sempre presenti.
– Test della saliva. Dal 2007 il test della saliva è effettuato in controlli stradali e permette di individuare le sostanze più utilizzate. Se il test risulta positivo, deve essere confermato da un test del sangue o delle urine. La polizia può effettuare il test se “sospetta” il consumo di stupefacenti (per il test dell’alcol non è necessario avere il sospetto).
LE PENE PER I REATI COSIDDETTI “STRADALI”
– Nei casi di guida in stato di ebbrezza o alterazione quali sanzioni: la multa, il periodo di sospensione della patente, la confisca del veicolo.
– Il lavoro di pubblica utilità che sostituisce la pena per i reati di guida in stato di ebbrezza e di guida in stato di alterazione. Ogni giorno di lavoro di pubblica utilità sostituisce un giorno di arresto oppure sostituisce la pena pecuniaria di 250 euro per ogni giorno di lavoro. Un giorno di lavoro di pubblica utilità equivale a 2 ore di lavoro svolto.
– Dove si può svolgere lavoro di pubblica utilità. Gli enti pubblici e le realtà del privato sociale che stipulano convenzioni con il Tribunale competente territorialmente.
– Chi vigila sullo svolgimento del lavoro di pubblica utilità?
– Quando termina il periodo del lavoro di pubblica utilità, qual è il procedimento per l’estinzione del reato o per la revoca della confisca del veicolo o per la diminuzione del periodo di sospensione della patente?
>>PROIBIZIONISMO E CONTROLLO SOCIALE: APPELLO CANAPISA 2011
>>Il CANAPISA e’ SOTTO ATTACCO!!!!
Leggi le ultime news…
>>INFO STREET
Il Lab57 sarà presente al Canapisa col suo caratteristico camper ed i suoi operatori per sostenere questa manifestazione di libertà.
Si è aperto il 16 maggio a Bologna il processo d’appello per la morte di Federico, che a 18 anni ha perso la vita nel 2005 dopo un’intervento della polizia. In primo grado quattro agenti, Enzo Pontani, Paolo Forlani, Monica Segatto e Luca Pollastri sono stati condannati a pene di 3 anni e 6 mesi per l’eccesso colposo nell’omicidio colposo del ragazzo.
Nella seconda udienza del 17 maggio in Corte d’Appello sono state accolte parzialmente le richieste dei difensori dei quattro agenti condannati in primo grado: non ci sarà nessun nuovo sopralluogo in via dell’Ippodromo a Ferrara, non saranno ascoltati vecchi e nuovi testimoni, ma è stato fissato il prossimo 24 maggio un confronto fra esperti sulla causa della morte di Federico.
Questi i fatti, nulla di nuovo, ma è vergognoso secondo noi il modo insinuante e discriminatorio che i media utilizzano per sfruttare e capitalizzare ad ogni costo lo stereotipo del drogato senza nessun timore di infangare la verità e la memoria di omicidii di stato come Aldrovandi o Stefano Cucchi.
Questo è il titolo e un estratto dell’ articolo da Repubblica:
Morte violenta o da stress da stupefacenti
Caso Aldrovandi, esperti a confronto
……….
IL PADRE “Cosa aveva fatto di male?”
La difesa dei quattro poliziotti condannati in primo grado aveva avanzato diverse richieste. Saranno acquisiti memoria e ingrandimenti dei vetrini istologici del professor Claudio Rapezzi, cardiologo bolognese, consulente delle difese dei 4 poliziotti, e una serie di articoli tratti dal sito Pubmed su nuovi studi sugli effetti delle ketamine, droghe sintetiche potenti, in caso di assunzione.
I giudici della Corte hanno deciso d’ufficio di fissare un confronto in aula, il prossimo 24 maggio, tra il professor Rapezzi e il superconsulente delle parti civili Gaetano Thiene: il primo esperto, consulente delle difese, ha sempre sostenuto che la morte di Federico fosse dovuta ad uno stress da katecolamine, sostanze stupefacenti assunte, mentre il professor Thiene ha indicato come tesi delle cause della morte violenta, la compressione del fascio di His, basando questa sua convinzione sulla lettura della fotografia del cuore di Federico agli atti dell’autopsia.
Interpretazione medico-legale che aveva dato lo spunto al giudice di primo grado per avere la prova determinante delle cause della morte del ragazzo, una immobilizzazione eccessiva e violenta da parte degli agenti.
Sulla base di ciò che emergerà dal confronto tra i due consulenti la Corte valuterà se ordinare un’altra nuova perizia medico-legale superpartes. Viene modificato pertanto il calendario d’udienze: cancellate quelle di domani e del 23 prossimo, si torna in aula il 24 per il confronto dei periti e si prosegue il 25 e 30 maggio.
Presente in aula la mamma Patrizia Aldrovandi: “E’ sempre positivo un confronto tra esperti – ha commentato sulle decisioni della Corte -, è un bene che si facciano ulteriori accertamenti anche per confutare le tesi del professor Thiene, un esperto riconosciuto a livello mondiale”
……….
Facciamo nostre le parole di Patrizia Aldrovandi e come sempre cerchiamo di fare chiarezza su come vengono riportate le notizie:
ad esempio le katecolamine, NON SONO “sostanze stupefacenti assunte” (come frettolosamente riporta Repubblica), ma le CATECOLAMINE ( scritto son la c e non con la k!!!!, forse per essere più alla moda e/o per associarla alla famigerata ketamina)
sono sostanze (adrenalina, noradrenalina e dopamina) prodotte naturalmente dal nostro organismo che può aumentarne considerevolmente la produzione in seguito a stimoli (stress, esercizio muscolare, ipotensione, emorragie, ipossia, ipoglicemia, esposizione al freddo).
vedi http://www.cdi.it/it/SaluteEdEducazione/Esami/CATECOLAMINE/index.html
Nel caso della morte violenta di Federico, è piuttosto evidente e documentato da fotografie tremende e video lo stress che può aver provocato il rilascio di CATECOLAMINE nel suo organismo e soprattutto la sua orribile morte.
Inoltre riguardo ai presunti nuovi studi messi agli atti dalla difesa dei 4 poliziotti sull’ uso di ketamina ( e non ketamine al plurale..!?) , aspettiamo di vedere quali siano, considerando che si tratta di un anestetico usato da decenni in chirurgia su umani e animali, si veda comunque questa recente ricerca (agosto 2010):
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Lo studio, condotto dal Mood Disorders Research Unit del National Institute of Mental Health e diretto da Carlos Zarate, si è concentrato su una fascia di pazienti su cui i trattamenti tradizionali non sembrano funzionare.
Lo studio rivela che l’assunzione di ketamina “ha prodotto una immediata (entro qualche minuto) e robusta risposta antidepressiva”. Glieffetti antidepressivi sono pero’ limitati nel tempo: due settimane dopo l’assunzione di ketamina, i pazienti ritornavano a livelli depressivi originali. Cosa peraltro vera anche nel caso di molti farmaci antidepressivi tradizionali.
La ketamina, dal punto di vista fisico, e’ una sostanza sicura. E’ uno dei rari anestetici che non ha effetti diretti sul cuore o sui polmoni. Era usata sui campi di battaglia durante la prima Guerra Mondiale. E’ ancora usata su soggetti che non tollerano altri anestetici, che invece tendono a rallentare la respirazione e il battito cardiaco.
………
Speriamo che la difesa degli agenti tenga ben presente questo studio, anche se smentisce tutto ciò che tentano di dimostrare, cioè che sia l’assunzione di ketamina la causa dell’ arresto cardiaco o di “un’ alterazione psicofisica violenta e incontenibile” tale da giustificare un’intervento dei poliziotti così violento.
Purtroppo questo genere di giornalismo scandalistico è da anni perfettamente prono e funzionale al Teorema del Drogato, di cui è esimio e instancabile propugnatore il Ministro Giovanardi, il quale continua a sostenere che Federico Aldrovandi , Stefano Cucchi , Aldo Bianzino, etc… sarebbero morti comunque perche’ drogati e che tutte le ecchimosi, fratture, ematomi sarebbero gli effetti terribili delle DROGHE assunte da questi “zombi”, come li ha lui stesso definiti senza nessuna vergogna.
E’ questo stesso delirante e vergognoso Teorema che vorrebbe sostenere anche la difesa dei poliziotti che hanno ammazzato Federico, e per questo vi invitiamo tutti a diffondere e divulgare notizie riguardo a questa vicenda e invitiamo tutti a presenziare alle prossime UDIENZE:
IL 24 MAGGIO ORE 10
PER CONTINUARE IL 25 E 30 MAGGIO
PRIMA SEZIONE, CORTE D’APPELLO – TRIBUNALE VECCHIO – PIAZZA DEI TRIBUNALI
Facciamo sentire il nostro calore e tutta la nostra solidarietà alla famiglia Aldrovandi e a tutte le vittime della violenza di stato.
>>Vedi il video: Verità, grido il tuo nome! – il video-denuncia sulla morte di Federico Aldrovandi
L’8 febbraio 2011 è stato ritrovato morto presumibilmente per overdose un giovane di 28 anni nei bagni della Facoltà di Lettere e Filosofia di Bologna, un ragazzo di Budrio già noto ai servizi perchè era stato in comunità.
Pochi mesi fa, l’11 ottobre 2010 a Bologna e’ morto per un probabile abuso di sostanze stupefacenti un’altro ragazzo di 19 anni dopo essersi sentito male in un locale bolognese (vedi il nostro post: A Bologna si muore senza Riduzione dei Rischi)
Due morti entrambe frutto secondo noi di politiche proibizioniste e oscurantiste che invece di investire in PREVENZIONE con progetti di riduzione dei rischi, servizi a bassa soglia , come ormai in tutti i paesi civili si fa’, preferiscono fare scoppiare le carceri punendo i consumatori come criminali.
Da tempo denunciamo invano a Bologna il progressivo smantellamento degli interventi di riduzione dei rischi con operatori esperti in grado di riconoscere e soccorrere tempestivamente consumatori in difficoltà per overdose o mix pericolosi, come se chi utilizza sostanze psicoattive o abbia delle dipendenze non abbia più alcun diritto.
Ormai da anni la politica del Comune di Bologna alimenta la paura della gente: si parla di degrado, si demonizzano gli immigrati lavavetri, i tossicodipendenti in piazza verdi, i senza fissa dimora, si fanno lotte perbeniste contro i writers come fossero il grande problema di questa citta’, insomma le parole d’ordine sono invariabilmente PULIZIA e POLIZIA!
Non solo non si struttura alcuna politica di interventi informativi e culturali all’interno dei luoghi di aggregazione giovanile e nelle scuole, ma addirittura i dormitori chiudono ed i servizi a bassa soglia vengono ‘sospesi’ come il drop-in in via Paolo Fabbri o depotenziati e nascosti come l’Unità Mobile, servizi in cui forse il ragazzo morto in solitudine nella facoltà di lettere avrebbe potuto trovare qualche risposta e aiuto prima di finire in questo modo.
Ci sentiamo in dovere di denunciare LE “POLITICHE SOCIALI” della CITTA’ di BOLOGNA che vediamo perfettamente in linea con quella discriminatoria del governo, che con le sue leggi lavora per eliminare fisicamente la gente che ha problemi e non i problemi della gente!
Per chi vive in strada, ai margini della società, per chi ha problemi di dipendenza, per immigrati senza documenti, le uniche porte che si aprono sono quelle di CARCERE, C.I.E., T.S.O. e FOGLIO DI VIA!!!!!
Nelle carceri oggi Il 27% dei detenuti è composto da tossicodipendenti.
Il 38% da immigrati senza documenti.
E’ necessario INVESTIRE SUI SERVIZI ALLA PERSONA, ABOLIRE la legge Fini-Giovanardi sulle droghe
e la Bossi-Fini sull’immigrazione
QUESTE SONO BATTAGLIE DI CIVILTA’!
www.livello57.org
lab57.indivia.net
>>Vedi anche: Di tagli al welfare si muore by Vag61 – Spazio libero autogestito
Quando si parla di danni da droghe, sbiadisce il limite tra scienza, fede, pregiudizio o trita propaganda di regime.
Prendiamo, ad esempio, la recente pubblicazione di “Cannabis e danni alla salute” del DPA (Dipartimento Politiche Antidroga) del governo Berlusconi, “un megarapporto di oltre 500 pagine per rilanciare la sua Intifada contro le canne“, come lo ha giustamente definito Giorgio Bignami nell’ articolo – Cannabis, parla il Ministero Scienza e Propaganda – per la rubrica settimanale di Fuoriluogo sul Manifesto del 2 febbraio 2010.
Basta dare un’occhiata all’ Introduzione di Carlo Giovanardi (Sottosegretario di Stato per la Famiglia, Droga e Servizio Civile), per rendersi conto di quanto scientifica e rigorosa possa essere una ricerca aperta da simili enormità: “E’ stato dimostrato che la cannabis è una delle maggiori sostanze responsabili dell’alterazione delle capacità di apprendimento nei giovani(!!??), del calo della motivazione ad affrontare i problemi della vita, del far avvicinare più facilmente a droghe quali eroina e cocaina le persone più vulnerabili, di far scatenare e produrre gravi patologie psichiatriche, quali la schizofrenia, oltre che compromettere il normale sviluppo neurologico nel feto di madri consumatrici di sostanze.”
Evidentemente le ultime figuracce rimediate da Giovanardi lo hanno promosso a luminare della ricerca mondiale, dopo aver vergognosamente infangato e strumentalizzato l’omicidio di Stefano Cucchi, morto perché “anoressico, drogato e sieropositivo” e dopo le penose polemiche col Cnr nei mesi scorsi per aver gonfiato i dati del Rapporto tossicodipendenze 2010.
In ogni caso, come è nostro costume, andiamo sempre oltre questi miseri esempi di propaganda ideologica cercando di dare un contributo di onestà intellettuale e di ricerca metodologica in un campo come questo, in cui è difficile persino trovare strumenti condivisi di valutazione. Per questo motivo consigliamo a tutti, soprattutto ai suddetti “luminari nostrani”, la lettura di un interessantissimo articolo di un sociologo, lui sì di indubbio prestigio internazionale, Peter Cohen, con cui condividiamo da anni percorsi e analisi: I “danni da droga”: quanto è scientifico questo concetto? pubblicato su Fuoriluogo.
Questo saggio ci permette di ampliare ed approfondire meglio in concetto ricerca metodologica in un campo come questo, in cui è difficile persino trovare strumenti condivisi di valutazione dei danni reali delle “droghe”. Nel novembre 2010, il farmacologo David Nutt ha pubblicato una scala del danno delle droghe che vede l’alcol in cima (di cui noi ci siamo recentemente occupati in RICERCA DROGATA:Immigrati e consumatori di cannabis ad alto rischio di schizofrenia.
Ma – si chiede il sociologo Peter Cohen- è valido il metro del “danno” con cui si misurano e si classificano le droghe?
Spiega il sociologo: “il tentativo fatto da parte di Nutt et al. di mettere in discussione le classificazioni attuali, così come sono espresse nella legislazione, è utile e lodevole. Siamo lontani dal dimenticare le ragioni per cui, ad un certo punto, la cannabis e l’oppio sono stati dichiarati illegali. I rischi che si attribuiscono a queste sostanze sono diversi, in paesi diversi, così come è varia la severità delle conseguenze legali derivanti dall’essere colti a farne uso. A complicare le cose ulteriormente, c’è il fatto che le opinioni sui danni e le conseguenze pratiche sono destinati a cambiare nel tempo[2].
Tuttavia sia cannabis che oppio sono proibite a livello globale dalle Convenzioni sulle Droghe delle Nazioni Unite e dalla maggior parte delle legislazioni nazionali, elaborate sulla scia di queste Convenzioni. È legittimo mettere in discussione, come si fa in Nutt et al., i danni ipotizzati e la varietà di conseguenze legali per il consumo di droga, visto che sono basati su una definizione di danni della droga lontana da ogni rigore scientifico e, in effetti, da ogni razionalità. Perciò le mie osservazioni qui non mirano a mettere in discussione le classificazioni esistenti, ma piuttosto a “migliorarle” per mezzo di un sistema di classificazione a questionario, analogo a quello proposto in Nutt et al..
….
Che fare allora?
A mio avviso la percezione dei danni legati alle droghe è affetta da così tante limitazioni di affidabilità e validità, che è impossibile al presente avere una stima seria del danno per ogni droga. A parer mio non è nemmeno valido associare i danni alle droghe soltanto. Le droghe sono consumate da essere umani, in condizioni individuali sociali e legali varie, a livelli di purezza e dosaggio vari. Qualsiasi siano gli “effetti” delle droghe, dannosi o meno, essi non possono essere valutati e nemmeno discussi, senza unire la droga ad un particolare consumatore o cultura del consumatore.
Le droghe di per sé non esistono nel loro pieno significato.
Senza un accordo preliminare su un insieme di variabili circa le caratteristiche del consumatore, il contesto culturale e la purezza e il dosaggio della droga, perfino una misura, di “danno della droga” minimamente standardizzato, non può essere stabilita. Senza questo accordo preliminare, una valutazione seria del danno da droga è un’illusione. Analogamente, se così non fosse, perché allora l’OECD avrebbe discusso per anni su come creare una misurazione standardizzata della “disoccupazione” e su come quantificare le sue componenti?. Molto probabilmente la scala del danno elaborata da Nutt et al., che vede la sostanza più largamente diffusa (l’alcol) al primo posto, seguita da quella meno diffusa (l’eroina) al secondo, è il riflesso di percezioni diffuse tra gli esperti. Ma le percezioni diffuse cambiano continuamente nel corso del tempo. Nemmeno l’uso delle più sofisticate tecniche statistiche per elaborare le percezioni combinate degli esperti potrà superare il fatto che queste sono niente di più che percezioni.
>>vedi anche: Test antidroga 2:il neuro-scienziato della domenica e Forum Droghe
e Test antidroga sul lavoro e alla guida:continua l’inquisizione contro la cannabis.
Inoltre vi consigliamo una recente pubblicazione a cui ha collaborato lo stesso Peter Cohen:
Cocaina. Il consumo controllato
E’ con un misto di dolore e rabbia che ci troviamo di nuovo a denunciare la morte di un ragazzo di 19 anni in un locale di Bologna probabilmente in seguito ad un abuso di sostanze psicoattive.
Dopo i primi esami tossicologici ci sembra che si ripresenti lo stesso dramma che ha stroncato la vita di un ragazza nel 2001 a Rastignano e di un ragazzo alla Street parade Antiproibizionista del 2003, cioè un’ overdose di MDMA o ecstasy che ha provocato un’ ipertermia maligna letale (eccesso di temperatura corporea), una sindrome tipica purtroppo, molto rara fortunatamente, che può essere scongiurata solo se riconosciuta da occhi e mani esperte di operatori professionisti nella RIDUZIONE DEI RISCHI, che purtroppo in tutti questi casi erano assenti.
Dopo quei due tristi episodi i servizi a Bologna si sono organizzati su stimolo e proposta anche del Lab57 costituendo nel 2003 il Coordinamento regionale delle Unità di Strada delle Emilia Romagna, il primo in Italia, per essere sempre presenti e organizzati in tutte le situazioni bisognose di interventi di prevenzione e riduzione de rischi, dal piccolo Club, alla Street parade al piccolo rave party auto-organizzato.
Purtroppo, come inutilmente denunciamo ormai da anni nella sede del Coordinamento Regionale, il Comune di Bologna in particolare ha ridotto progressivamente gli interventi nei locali bolognesi, fino a sospenderli definitivamente negli ultimi mesi, coi risultati che tutti vediamo, (poco più di un mese fa c’era stato un altro malore seguito da un ricovero finito bene fortunatamente davanti al Kindergarten), delegando irresponsabilmente ogni problema di abuso di sostanze alle forze dell’ordine, alla security privata dei locali e in ultima istanza al 118, che a volte arriva troppo tardi come in quest’ultimo caso.
E’ possibile continuare a LAVARSENE LE MANI così?
E’ possibile invocare repressione e polizia in borghese dietro ogni angolo o gabinetto dei locali senza fare poi nulla per assistere chi magari ha assunto sostanze in tutta velocità alla cieca per non farsi scoprire?
E’ possibile che chi assume sostanze illegali perda di colpo tutti i suoi diritti, come quello di essere aiutato ed assistito in modo adeguato, prima di essere arrestato?
E’ possibile poi che il Comune di Bologna chiuda in SILENZIO il DROP-IN di via Paolo Fabbri abbandonando in strada a stessi i tossicodipendenti con immediati gravi ricadute sulla vivibilità e la salute pubblica di tutta la cittadinanza?
Il Lab57 lavora incessantemente sul campo da anni senza un centesimo di denaro pubblico (si vedano tutti gli interventi del 2008 , del 2009 e del 2010), quasi esclusivamente su base volontaria, sia a Bologna che in tutto il Nord-centro Italia, ma è evidente che da soli non possiamo essere ovunque.
Tanto più che noi conosciamo bene questo locale teatro della disgrazia, il Sinklab, in cui negli anni passati abbiamo fatto diversi interventi di riduzione dei rischi, conosciamo bene i responsabili di questo Club, che giustamente hanno deciso di dotarsi di una security con patentino di primo soccorso, ma come tante volte abbiamo insistito a ricordare, non può bastare solo questo.
Sarebbe però miope,ingiusto e troppo comodo addebitare tutta la responsabilità a questo circolo per servizi di prossimità volutamente tagliati dalle istituzioni locali, che invece sono gli unici a dover fare qualcosa SUBITO per evitare che questo si ripeta.
Questo triste evento poteva capitare in tutte le discoteche, club, discobar e anche centri sociali di Bologna che spesso rifiutano interventi di riduzione dei rischi per timore di problemi con le forze dell’ordine, anche se da molti mesi il problema non si pone più dato che nessuno propone più alcun intervento.
E’ ora di finire questo sciacallaggio mediatico e politico in cui in cui i media si tuffano molto volentieri quando si parla di MORTI PER DROGA, con la caccia al reportage dello sballo( Viaggio nel supermarket notturno dello sballo “Ciao, vuoi una pasticca? Costa solo 10 euro” , Reubblica17 ottobre 2010), definendo un rave la serata in un locale e invocando imponenti interventi delle forze dell’ordine che dovrebbero infilarsi nelle bottigliette di acqua dei ragazzi per trovare la DROGA, inviti che lo stesso questore di Bologna giudica insensati: “E’ ovvio che ci sono dei locali che ci preoccupano più di altri, con cui collaborare non è sempre facile e dove sappiamo che sono necessari maggiori controlli, ma non era questo il caso. Le nostre attività di contrasto all’esterno dei locali non si fermano. Ma non possiamo mettere un agente in ogni locale o discoteca di Bologna” (Repubblica 12 ottobre 2010).
ricordiamo inoltre che:
IN OCCASIONE DEL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI STEFANO CUCCHI
IL LIVELLO57 E IL LAB57 ORGANIZZANO UN PRESIDIO INFORMATIVO
PER TUTTO IL POMERIGGIO,
DALLE 15.00 DI SABATO 23 OTTOBRE 2010
NEI PRESSI DELLA SCALINATA DEI GIARDINI DELLA MONTAGNOLA IN VIA IRNERIO
L’INIZIATIVA HA LO SCOPO DI DENUNCIARE I TAGLI DEL COMUNE DI BOLOGNA E DELLE ASL
SU TUTTI I SERVIZI A BASSA SOGLIA, LA CHIUSURA DEL DROP-IN E LA PRESSOCHE’ TOTALE ASSENZA DI PROGETTI DI RIDUZIONE DEI RISCHI NEI LOCALI,
PROGETTI CHE PORTATI AVANTI CON SERIETA’ E CONTINUITA, EVITEREBBERO MORTI COME QUELLA DEL 19ENNE SENTITOSI MALE IN UN LOCALE DI BOLOGNA DOPO AVER ABUSATO DI SOSTANZE.
INOLTRE IL PRESIDIO MUSICALE INFORMATIVO VUOLE RIBADIRE LA NOSTRA OPPOSIZIONE A LEGGI COME LA FINI-GIOVANARDI CHE RITENIAMO DIRETTAMENTE RESPONSABILE DELLA MORTE DI STEFANO CUCCHI
LIVELLO57
LAB57
Vi aggiorniamo sulla singolare polemica estiva che ha continuato a vedere come protagonisti il Dipartimento Antidroga del governo italiano e Forum Droghe sul tema trattato nel post precedente: Test antidroga sul lavoro e alla guida:continua l’inquisizione contro la cannabis.
Forum Droghe risponde dunque a Serpelloni, lo Zar Antidroga nostrano, demolendo in poche righe le fragili e “sballate” certezze del professore che sembra sempre più un neuroscienziato della domenica, appunto….
Il neuroscienziato della domenica
Fonte: Fuoriluogo.it, di Olimpia de Gouges 19/08/2010
Il capodipartimento antidroga interviene di nuovo sul Manifesto, stavolta in polemica con gli scritti di Giuseppe Bortone e Susanna Ronconi in merito ai test antidroga per i lavoratori.
Bortone e Ronconi sostengono che le attuali metodiche di accertamento per le droghe illegali sono fuorvianti perché non distinguono fra l’uso, perfino remoto, di una sostanza e lo stato di alterazione legato al consumo recente, capace di compromettere le capacità lavorative. Ma – controbatte il dipartimento – tale distinzione non ha senso perché “la ricerca nel campo delle neuroscienze ha dimostrato la compromissione delle funzioni cognitive superiori..anche dopo mesi dalla sospensione dell’uso di sostanze”, nonché “l’alterazione del normale metabolismo del lobo prefrontale..sede..di tutto ciò che ci distingue fondamentalmente dagli animali”(sic!) e “proprio per questo esiste una legislazione che afferma che l’uso di sostanze è illegale”.
Le certezze del Dipartimento sono strabilianti, tanto quanto l’assoluta genericità delle sue affermazioni.
Le “alterazioni” del cervello sono uguali per tutte le droghe? Senza differenze nei modelli di consumo? E si può sapere se, ad eventuali “alterazioni” del cervello corrispondano sintomi di un qualche rilievo in ambito clinico (tali da giustificare l’allontanamento da alcune mansioni lavorative)? Quanto è sviluppata la ricerca in questo senso?
Ancora: poiché si parla genericamente di “sostanze”, dobbiamo pensare che anche l’uso di consumare vino ai pasti, seppure in quantità moderata, “alteri il normale metabolismo del lobo prefontale” impedendoci “di stimare correttamente il pericolo”? Oppure per l’alcol questo non vale, non perché sia meno rischioso dal punto di vista della salute pubblica, ma semplicemente perché è legale? Dobbiamo forse pensare che il nostro neuroscienziato della domenica ignori le più recenti classificazioni di rischio delle sostanze, a cominciare da quella di Bernard Roques che pone l’alcol (insieme a eroina e cocaina al primo posto) e la cannabis all’ultimo?
E poiché soprattutto di cannabis si tratta (il 64% dei lavoratori risultati positivi), raccomando caldamente al nostro la lettura del Global Cannabis Commission Report, appena uscito presso la Oxford University Press, frutto del lavoro dei maggiori esperti a livello mondiale; soprattutto del capitolo dove si analizza l’impatto dell’uso di cannabis sulla struttura e le funzioni cerebrali, scritto col contributo di Les Iversen (neuroscienziato di tutti i giorni): si vedrà che le certezze domenicali devono fare i conti coi dubbi della restante settimana.
Ultima osservazione. Nel primo intervento di Carlo Giovanardi (Manifesto, 27 luglio), veniamo definiti come “una frangia, esigua ed isolata” che porta avanti “una battaglia ideologica”. Poiché ogni nostro scritto è regolarmente chiosato dal Dipartimento, ci viene il sospetto di essere meno minoritari di quanto si vorrebbe. E che i nostri argomenti tocchino, ahimè, nervi scoperti.
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Quasi in contemporanea esce sul Manifesto questo articolo di Beatrice Bassini, Vice presidente di Forum Droghe, che cita proprio i tre studi sugli effetti della Cannabis da noi indicati nel nostro post precedente:
Cannabis. Studiosi costretti a sfatare stereotipi su ipotetici effetti negativi: alterano risultati
Cannabis e lavori pericolosi. Esami delle urine non servono a niente. Studio
Cannabis non influisce su funzioni cognitive dei fumatori abituali
Il mestiere che il Goveno non conosce
La risposta a Giovanni Serpelloni di Beatrice Bassini, Vice presidente di Forum Droghe.
22/08/2010
Trovo molto pericoloso il clima che si sta creando in questi ultimi anni rispetto al dibattito scientifico e politico sul tema delle droghe e dei consumatori (cfr. Giovanni Serpelloni «Perché vietare sempre l’uso di stupefacenti» il manifesto 15/8). Lavoro nelle tossicodipendenze da almeno 16 anni e ritengo che molto sia stato fatto in passato soprattutto ad opera degli operatori del pubblico e del privato sociale che, come me, fanno tutti i giorni front office con l’utenza, per favorire la demolizione degli stereotipi sul consumatore di sostanze, per invitare i consumatori ad essere attivi protagonisti della propria crescita personale, per l’integrazione lavorativa e sociale. Nell’ultimo periodo, ritengo che ci sia stato un passaggio che è più politico e ideologico che «scientifico», dalle prassi di «riduzione del danno» a quelle di «produzione del danno».
Mi riferisco a sanzioni amministrative che dal 2006 grazie alla legge Fini-Giovanardi non prevedono più il ricorso all’art.75 della legge 309/90 come alternativa e come spazio terapeutico per i consumatori di sostanze e ai test ai lavoratori che compromettono di fatto la vita lavorativa di chi ha usato anche sporadicamente sostanze psicoattive. Ma potrei citare altre prassi terapeutiche che, ad oggi, non vengono più prese in considerazione ed escluse persino dal dibattito politico. I danni a lungo termine causati da un abuso di sostanze sono di certo documentati, come sostiene Serpelloni, ma non tanto per la cannabis quanto per la cocaina e l’alcool di cui, di fatto, viene punito solo l’abuso legato al momento del controllo. Per l’alcool, sostanza tra le più pericolose dal punto di vista comportamentale e di danno alla salute, si tollera l’uso e si punisce giustamente l’abuso per chi viene trovato alla guida di un mezzo di trasporto.
Questa visione non viene mantenuta per quanto riguarda la cannabis poiché si sostiene che rechi danni neurologici irreversibili a lungo termine, ipotesi per cui viene menzionata una letteratura scientifica ad hoc di cui però non vengono fornite le coordinate. Di questo passo i consumatori di questo tipo potrebbero affluire più ad un servizio sociale per l’handicap che a un Ser.T e la cosa oltre ad apparirmi metodologicamente ridicola mi lascia perplessa dato che gli studi che vedono un lineare rapporto causa-effetto tra cannabis e compromissione cognitiva vengono fatti soprattutto su persone che hanno avuto nella loro vita vari poliabusi. Vorrei porre all’attenzione di Serpelloni altri recenti studi: Gender moderates the impact of stereotipe threat on cognitive function in cannabis users-Addict Behav (Settembre 2010); Testing for cannabis in the work place: a review of the evidence Addiction (Marzo 2010); Neurophisiological and cognitive effects of smoked marijuana in frequent users- Pharmacol Biochem Behav (Settembre 2010). Ne ho citati solo alcuni, solo per dimostrare che sia io che l’Associazione Forum Droghe non ignoriamo di certo la letteratura scientifica sull’argomento e non siamo contro «a priori».
Un ultimo punto riguarda proprio l’Associazione Forum Droghe. Caro Serpelloni, se avrà avuto l’umiltà, e il buon senso a cui lei ci invita, di vedere di quali professionalità è composta, constaterà che siamo un gruppo molto eterogeneo di operatori dei Servizi di tutta Italia sia del pubblico che del privato sociale, attivisti, garanti dei detenuti e anche sociologi e sindacalisti che vedono da varie prospettive i problemi dei consumatori di sostanze. Non siamo né «tuttologi», né «opinionisti estivi» e respingiamo al mittente le accuse di incompetenza. Il suo tipo di comunicazione intenzionalmente offensiva assomiglia molto, e ne è sicuramente parente, al «vizio» di questo governo di tentare di screditare l’interlocutore per non confrontarsi sui contenuti. La invitiamo perciò noi all’umiltà e al rispetto delle opinioni altrui, perché il nostro concetto di salute e la preoccupazione per la salvaguardia dei diritti umani non ci permette di trattare certi argomenti come chiacchiere da ombrellone.
Per finire, siamo pienamente d’accordo con lei nel distinguere ruoli e competenze. Uno dei suoi compiti istituzionali sarebbe stato quello, ad esempio, di partecipare alla recente conferenza mondiale sull’Aids a Vienna, in cui il governo italiano era assente. Spero comunque che abbia letto la Dichiarazione uscita dal summit; si sarà potuto rendere conto che le politiche sulle droghe in Italia sono arretrate e di certo non sempre condivise a livello internazionale.
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Prosegue la Serpelloneide in questo modo:
Olimpia al patibolo
27/08/2010
Il lettore che abbia la pazienza di leggere sotto l’ennesima controdeduzione del Capodipartimento antidroga a quanto da noi recentemente pubblicato e alle osservazioni a firma di Olimpia de Gouges, non avrà difficoltà a capire perché Olimpia si sia inserita nel botta e risposta. Chi se non Olimpia avrebbe potuto affrontare il patibolo degli insulti serpelloniani? Chi se non Olimpia avrebbe potuto richiamare le ragioni del dubbio e la passione per il vero dialogo contro la lama arrogante e affilata delle certezze del nostro interlocutore?
Su ispirazione di Olimpia, anche noi invitiamo il Capodipartimento alla moderazione e alla cautela. Cautela nell’interpretare i dati della ricerca neuroscientifica e nel leggere i suoi risvolti sul piano clinico. Soprattutto cautela nel tradurre meccanicamente i risultati di un filone di ricerca, comunque parziale, nella scelta politica della proibizione.
Da questo confronto agostano vogliamo però ricavare un risvolto positivo. Da tempo pensavamo di organizzare un seminario fra esperti di ambiti disciplinari diversi proprio sulla ricerca neuroscientifica, sul rilievo che ha di recente assunto, ma anche sui suoi limiti. Più in generale, sul suo significato nell’ambito del dibattito politico sulle droghe.
E’ ora di affrettarsi a mettere in atto questo proposito. Non mancheremo di invitare anche il dottor Serpelloni.
A proposito: Olimpia de Gouges presiederà l’incontro.
Giovanni Serpelloni ha scritto:
Olimpia de Gouges, morta ghigliottinata a Parigi il 3 novembre del 1793 da Robespierre per essersi opposta alla decapitazione di re Luigi XVI, risponde il 19.08.2010 dall’aldilà al mio articolo del 15 agosto sui danni cerebrali derivanti dall’uso di sostanze stupefacenti. Si fanno resuscitare i morti per poter nascondere la vera identità di chi, con insolenza e maleducazione, entra in un dibattito screditando le competenze altrui senza far comprendere le proprie e celandosi vigliaccamente dietro ad un nobile quanto encomiabile pseudonimo. Si sveli cara, madame de Guoges, affinché tutti noi possiamo apprezzare le basi di competenza e conoscenza su cui lei fissa nella sua raffinatezza di eloquio e di pensiero, le sue controdeduzioni.
Detto questo, credo che alcune delle ingenue domande possano trovare facilmente risposta nelle due monografie sulle neuroscienze dell’addiction da me curate e che invito i veri curiosi a sfogliare e se gradito a scaricare gratuitamente (http://www.dronet.org/monografia.php?monografie=70).
Certamente ed ovviamente esistono delle differenze nei danni cerebrali in base all’esposizione al consumo (dipendenti da condizioni neuropsichiche individuali, quantità, durata, tipo di sostanza e mixing), come altrettanto chiaramente esistono una serie di correlati clinici e sintomatologici relativi ai danni neuropsichici sottostanti, conosciuti da anni e tali da giustificare la sospensione cautelativa dalle mansioni a rischio. Ma bisogna avere la pazienza di leggerli e studiarli approfonditamente (di solito proprio durante il sabato e la domenica!) e smetterla di rovistare tra la letteratura scientifica accreditando e prendendo in considerazione solo quegli articoli che avvalorano la tesi che le varie sostanze stupefacenti facciano bene alla salute e perlomeno non si sappia ancora precisamente quanto male facciano. E poi di quale “male” stiamo parlando? Quello che solo i nostri occhi inesperti vedono o quello che raffinate tecniche diagnostiche possono mostrare? In quanto alla tossicità dell’alcol e alla pericolosità dell’abuso alcolico, il Dipartimento per le Politiche Antidroga non ha mai sottovalutato la questione né sminuito la portata sociosanitaria di tale problematica.
Relativamente alla citata classificazione di rischio delle sostanze di Bernard Roques, credo sia opportuno che madame de Gouges rilegga bene e più approfonditamente tale articolo che prende molto poco in considerazione, nei criteri di classificazione relativi alla tossicità, proprio i più moderni studi di neuroscienze ed in particolare di neuroimmaging funzionale ad alta risoluzione. Esattamente quello che invece si è ora in grado di dimostrare come, per esempio, le significative alterazioni nei consumatori di cannabis dello spessore della corteccia cerebrale (aree temporo-mesiali e nella corteccia cingolata anteriore e cioè in associazione con deficit neuropsicologici di attenzione e memoria). Altri studi sulla maturazione e sullo sviluppo cerebrale degli adolescenti mediante il tensore di diffusione – DTI, soprattutto sulla sostanza bianca del cervello, hanno dimostrato recentemente come queste strutture vengano modificate sotto l’effetto delle sostanze stupefacenti compresa la Cannabis, inducendo deviazioni del normale sviluppo. Vogliamo continuare a tenere gli occhi chiusi? Vogliamo continuare a trovare giustificazioni per poter utilizzare senza preoccupazione le varie sostanze? Vogliamo continuare a leggere solo le pubblicazioni che ci danno ragione e scotomizzare ciò che demolisce le ormai traballanti ipotesi, insultando anche pubblicamente chi si permette di dire cose contrarie a certi principi e assunti? Io credo che i veri problemi, da affrontare per la tutela della salute pubblica in relazione all’uso di sostanze stupefacenti e alcol, stiano da un’altra parte cara madame de Gouses. In quanto al rapporto della Global Cannabis Commission, invito i lettori ma soprattutto lei, madame, a rileggerlo approfonditamente perché non sostiene affatto le tesi dell’innocuità della cannabis sui sistemi cerebrali ma anzi ne sottolinea le problematiche e i dubbi che solleva sono anche conseguenti al fatto che non sono stati prese in considerazione pubblicazione uscite dopo la stesura del rapporto, come ho avuto modo di discutere personalmente con i colleghi inglesi. Oltre, a quel rapporto consiglio madame, di cui a questo punto chiediamo esplicitamente di conoscere identità e competenze in ambito di neuroscienze, di aggiornare le sue letture con articoli scientifici nel campo del neuroimmaging usciti per l’appunto dopo quel rapporto, che non lasciano dubbi su come dovremmo atteggiarci all’interno di un approccio cautelativo e preventivo di sanità pubblica, verso sostanze come il THC, che sono in grado, per esempio, di alterare inequivocabilmente (rilevato con spettroscopia) il metabolismo del glutammato nel cervello (neurotrasmettitore fondamentale per il regolare funzionamento cognitivo) o di creare una frammentazione del DNA dei neuroni dell’ippocampo (sindrome conosciuta fin dal 1999 se per caso le fosse sfuggito). Ci spieghi, madame, perché contemporaneamente ci si batterebbe, affinché, alcune sostanze alimentari (non considerate “droghe”) che inducano solo il minimo sospetto (non la certezza)di poter danneggiare la salute o il DNA dei neuroni del nostro cervello (con caratteristiche di pericolosità quindi anche molto meno rilevanti rispetto per esempio a quanto rilevato per la cannabis), vengano vietate in via cautelativa, proibite ed escluse dalla produzione e dal commercio, mentre invece si tollera o addirittura si auspica che la cannabis (che presenta sicuramente tali effetti) venga messa a disposizione di tutti e glorificata come innocua se non addirittura salutare.Concetti e parole forse troppo difficili ma che le saranno di stimolo per studiare ed approfondire l’argomento, magari la domenica, come molti medici e studiosi fanno, compreso il sottoscritto. Sempre a disposizione.
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Per finire questo magistrale saggio di Stefano Vecchio che fortunatamente riporta il dibattito scientifico sugli effetti delle sostanze a un livello insperato di lucidità metodologica e ricchezza culturale.
Neuroscienze, oltre un pensiero unico sulle droghe
L’articolo di Stefano Vecchio, comitato scientifico di Forum Droghe, sul dibattito droghe-neuroscienze per la rubrica di Fuoriluogo pubblicata sul Manifesto dell’8 settembre 2010.
Fonte: Il Manifesto, di Stefano Vecchio 08/09/2010
Una delle questioni più controverse, oggetto del dibattito attuale, riguarda la legittimità della relazione tra le ricerche neuro scientifiche, la realtà della clinica delle dipendenze e l’orientamento stesso delle scelte delle politiche sulle droghe.
L’uso continuo delle spiegazioni neurobiologiche per stabilire pressoché tutte le questioni collegate ai consumi di sostanze stupefacenti sollecita una domanda sui rischi di un pensiero unico sulle droghe a cui si attribuisce il potere di dare una spiegazione ultima su qualunque aspetto a queste collegate.
Tale domanda è legittimata dal fatto che noi tutti condividiamo il riconoscimento della complessità del fenomeno, caratterizzato dall’intreccio delle diverse componenti fisiologiche, psicologiche, sociali e culturali, esemplificata dal celebre paradigma di interpretazione dei consumi di Norman Zinberg: drug, set, setting (la droga, la psicologia del consumatore, il contesto di consumo).
Tale complessità, esclude, almeno per ora, affermazioni semplificate quali quelle secondo cui le neuroscienze avrebbero dimostrato la compromissione delle funzioni cognitive superiori nei consumatori (tesi per la verità non nuova,giornalisticamente nota come “droga bruciacervello”).
Certo una spiegazione ultima presenta l’indubbio vantaggio di rassicurare operatori e cittadini proponendo certezze riduttive e semplificate ma sostanzialmente fa un torto all’esperienza clinica nei servizi territoriali in quanto nega di fatto a questi la capacità autonoma di produrre conoscenza; crea, inoltre, una gerarchia tra i diversi modelli di conoscenza stabilendo, arbitrariamente, che ve ne sia una più attendibile delle altre; tende infine a determinare un conflitto tra diversi saperi.
Di fatto, un malinteso del genere ostacola una discussione a più voci, attribuisce alla comunità neuro scientifica una mission che, a quanto mi risulta, non è nemmeno ricercata dai suoi rappresentanti.
La provvisorietà dei modelli attestata dagli stessi neuroscienziati, testimoniata anche dalla continua evoluzione delle teorie sull’addiction, la varietà di ricerche non comparabili metodologicamente tra loro, ci dicono che le neuroscienze ci offrono un panorama molto interessante e affascinante di conoscenze ma che queste hanno, per ora, un’importanza molto limitata per le pratiche cliniche dei servizi, per il lavoro di strada, per il lavoro nei contesti del divertimento, per le diagnosi di dipendenza, per la valutazione dei rischi etc.
Sono convinto, comunque, che quando una ricerca neurobiologica rileva che una qualche modificazione indotta nel cervello dall’effetto di una sostanza si possa configurare come un danno, questa acquisizione deve interessarci e indurci a valutare, anche se non meccanicisticamente, le implicazioni sul piano clinico e delle azioni di prevenzione selettiva. Ma allo stesso modo sono convinto che se una ricerca ben documentata dice che una strategia di riduzione del danno ha evitato un certo numero di overdose, o ha ridotto la microcriminalità e la carcerizzazione, ha limitato fortemente le malattie infettive, ha migliorato alcuni processi di socializzazione, deve farci seriamente prendere in considerazione queste prospettive e valutarne il possibile impatto nelle politiche dei servizi e i possibili vantaggi per gli utenti e la popolazione.
Per me, una tale impostazione pragmatica può contribuire a promuovere una prospettiva laica e pluralistica delle conoscenze, consente di rispettare punti di vista anche distanti e contrapposti, permette un allargamento delle competenze e forse riduce alcune differenze, rilevando più punti in comune di quanto si possa pensare.
Tornando al dibattito aperto in questa rubrica sui test per i lavoratori, e in specifico per i lavoratori dei trasporti, è importante chiarire che però la norma prevede la sanzione solo ed esclusivamente nel caso in cui il SerT accerti uno stato di tossicodipendenza.
Il discorso a questo punto si complica e richiede altri spazi e altri tempi. Sempre nel riconoscimento della ricchezza delle diversità, quale prospettiva culturale utile a costruire un “paradigma ospitale e cooperativo” sul fenomeno dei consumi di droghe.
Infine vi consigliamo vivamente di consultare il
“Manuale di Autodifesa” per accertamenti sull’uso di sostanze
che informa sulle procedure di controllo in merito a sostanze e alcool e ci illustra i reali processi innescati dalle leggi a tutela della sicurezza sulla strada e sul lavoro, a cura di
Coordinamento Operatori Bassa Soglia del Piemonte e Collettivo Infoshock del Csoa Gabrio di Torino.