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E’ con un misto di dolore e rabbia che ci troviamo di nuovo a denunciare la morte di un ragazzo di 19 anni in un locale di Bologna probabilmente in seguito ad un abuso di sostanze psicoattive.
Dopo i primi esami tossicologici ci sembra che si ripresenti lo stesso dramma che ha stroncato la vita di un ragazza nel 2001 a Rastignano e di un ragazzo alla Street parade Antiproibizionista del 2003, cioè un’ overdose di MDMA o ecstasy che ha provocato un’ ipertermia maligna letale (eccesso di temperatura corporea), una sindrome tipica purtroppo, molto rara fortunatamente, che può essere scongiurata solo se riconosciuta da occhi e mani esperte di operatori professionisti nella RIDUZIONE DEI RISCHI, che purtroppo in tutti questi casi erano assenti.
Dopo quei due tristi episodi i servizi a Bologna si sono organizzati su stimolo e proposta anche del Lab57 costituendo nel 2003 il Coordinamento regionale delle Unità di Strada delle Emilia Romagna, il primo in Italia, per essere sempre presenti e organizzati in tutte le situazioni bisognose di interventi di prevenzione e riduzione de rischi, dal piccolo Club, alla Street parade al piccolo rave party auto-organizzato.
Purtroppo, come inutilmente denunciamo ormai da anni nella sede del Coordinamento Regionale, il Comune di Bologna in particolare ha ridotto progressivamente gli interventi nei locali bolognesi, fino a sospenderli definitivamente negli ultimi mesi, coi risultati che tutti vediamo, (poco più di un mese fa c’era stato un altro malore seguito da un ricovero finito bene fortunatamente davanti al Kindergarten), delegando irresponsabilmente ogni problema di abuso di sostanze alle forze dell’ordine, alla security privata dei locali e in ultima istanza al 118, che a volte arriva troppo tardi come in quest’ultimo caso.
E’ possibile continuare a LAVARSENE LE MANI così?
E’ possibile invocare repressione e polizia in borghese dietro ogni angolo o gabinetto dei locali senza fare poi nulla per assistere chi magari ha assunto sostanze in tutta velocità alla cieca per non farsi scoprire?
E’ possibile che chi assume sostanze illegali perda di colpo tutti i suoi diritti, come quello di essere aiutato ed assistito in modo adeguato, prima di essere arrestato?
E’ possibile poi che il Comune di Bologna chiuda in SILENZIO il DROP-IN di via Paolo Fabbri abbandonando in strada a stessi i tossicodipendenti con immediati gravi ricadute sulla vivibilità e la salute pubblica di tutta la cittadinanza?
Il Lab57 lavora incessantemente sul campo da anni senza un centesimo di denaro pubblico (si vedano tutti gli interventi del 2008 , del 2009 e del 2010), quasi esclusivamente su base volontaria, sia a Bologna che in tutto il Nord-centro Italia, ma è evidente che da soli non possiamo essere ovunque.
Tanto più che noi conosciamo bene questo locale teatro della disgrazia, il Sinklab, in cui negli anni passati abbiamo fatto diversi interventi di riduzione dei rischi, conosciamo bene i responsabili di questo Club, che giustamente hanno deciso di dotarsi di una security con patentino di primo soccorso, ma come tante volte abbiamo insistito a ricordare, non può bastare solo questo.
Sarebbe però miope,ingiusto e troppo comodo addebitare tutta la responsabilità a questo circolo per servizi di prossimità volutamente tagliati dalle istituzioni locali, che invece sono gli unici a dover fare qualcosa SUBITO per evitare che questo si ripeta.
Questo triste evento poteva capitare in tutte le discoteche, club, discobar e anche centri sociali di Bologna che spesso rifiutano interventi di riduzione dei rischi per timore di problemi con le forze dell’ordine, anche se da molti mesi il problema non si pone più dato che nessuno propone più alcun intervento.
E’ ora di finire questo sciacallaggio mediatico e politico in cui in cui i media si tuffano molto volentieri quando si parla di MORTI PER DROGA, con la caccia al reportage dello sballo( Viaggio nel supermarket notturno dello sballo “Ciao, vuoi una pasticca? Costa solo 10 euro” , Reubblica17 ottobre 2010), definendo un rave la serata in un locale e invocando imponenti interventi delle forze dell’ordine che dovrebbero infilarsi nelle bottigliette di acqua dei ragazzi per trovare la DROGA, inviti che lo stesso questore di Bologna giudica insensati: “E’ ovvio che ci sono dei locali che ci preoccupano più di altri, con cui collaborare non è sempre facile e dove sappiamo che sono necessari maggiori controlli, ma non era questo il caso. Le nostre attività di contrasto all’esterno dei locali non si fermano. Ma non possiamo mettere un agente in ogni locale o discoteca di Bologna” (Repubblica 12 ottobre 2010).
ricordiamo inoltre che:
IN OCCASIONE DEL PRIMO ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI STEFANO CUCCHI
IL LIVELLO57 E IL LAB57 ORGANIZZANO UN PRESIDIO INFORMATIVO
PER TUTTO IL POMERIGGIO,
DALLE 15.00 DI SABATO 23 OTTOBRE 2010
NEI PRESSI DELLA SCALINATA DEI GIARDINI DELLA MONTAGNOLA IN VIA IRNERIO
L’INIZIATIVA HA LO SCOPO DI DENUNCIARE I TAGLI DEL COMUNE DI BOLOGNA E DELLE ASL
SU TUTTI I SERVIZI A BASSA SOGLIA, LA CHIUSURA DEL DROP-IN E LA PRESSOCHE’ TOTALE ASSENZA DI PROGETTI DI RIDUZIONE DEI RISCHI NEI LOCALI,
PROGETTI CHE PORTATI AVANTI CON SERIETA’ E CONTINUITA, EVITEREBBERO MORTI COME QUELLA DEL 19ENNE SENTITOSI MALE IN UN LOCALE DI BOLOGNA DOPO AVER ABUSATO DI SOSTANZE.
INOLTRE IL PRESIDIO MUSICALE INFORMATIVO VUOLE RIBADIRE LA NOSTRA OPPOSIZIONE A LEGGI COME LA FINI-GIOVANARDI CHE RITENIAMO DIRETTAMENTE RESPONSABILE DELLA MORTE DI STEFANO CUCCHI
LIVELLO57
LAB57
Non riapre il drop-in di via Paolo Fabbri a Bologna: E’ questa la prossimità?
Come previsto non riapre il drop-in in via Paolo Fabbri, ma i particolari sono vergognosi… grotteschi se non fosse che da ridere c’è ben poco, e non penso solo agli operatori,che forse dovevano denunciare molto prima questa situazione, ma penso soprattutto agli utenti del Drop-in, che continuano a bussare a porte sempre più chiuse e blindate, anzi no, due porte sono sempre aperte per “chi vive la strada”:
il carcere e TSO a profusione.
E’ questa la PROSSIMITA’ a Bologna? E’ la stessa prossimità e capacità di coordinare i servizi sociali che viene sbandierata in conferenze e convegni da blasonati direttori, coordinatori e cabine di regia?
Che cosa dobbiamo rispondere a tutti i tossicodipendenti che incontriamo tutti i giorni e non riescono a seguire il percorso “vita” dell’ unità mobile?
Magari aiuterebbe far sapere ovunque gli orari e le tappe dell’unità mobile in città dato che il Drop-in è chiuso a tempo indeterminato da luglio.
Ad esempio dietro al nuovo comune in via Fioravanti la situazione è peggiorata pesantemente rispetto alla denuncia fatta da noi 1 anno e mezzo fa con SPECULAZIONE TOSSICA(vedi il video in alto a sinistra), l’area abbandonata è quadruplicata con enormi buchi e anfratti pericolosi dove si vanno a rifugiare i tossicodipendenti senza che l’unità mobile o figuriamoci gli operatori si siano mai avvicinati, a quanto ci risulta.
Per una città piccola come Bologna è uno SCANDALO che ha dei responsabili di servizi comunali e sanitari con nomi e cognomi che devono renderne conto in qualche modo, considerando i rischi enormi per la salute pubblica sia dei tossicodipendenti che dei residenti.
questo è l’articolo di denuncia su ZIC
http://www.zic.it/il-drop-in-non-riapre-qualcuno-dovrebbe-chiedere-scusa/
Il drop-in non riapre, qualcuno dovrebbe chiedere scusa
E’ il primo ottobre: la struttura per tossicodipendenti di via Paolo Fabbri è rimasta chiusa, e sono stati disdetti i contratti con le cooperative. Le rassicurazioni sulla riapertura si sono dimostrate bugie con le gambe cortissime.
01 ottobre 2010 – 12:39
Venerdì primo ottobre, siamo in via Paolo Fabbri, di fronte al numero 127/2. Qui, per circa quattro anni c’è stata la sede di un servizio per tossicodipendenti. Sul cancello sono ancora attaccati due cartoncini, uno in italiano e uno in arabo. Il messaggio è lo stesso che trovammo lo scorso 3 settembre: “Dal giorno 26 luglio 2010 il Drop In è chiuso… fino a data da destinarsi”.
Quando Zeroincondotta fece uscire un articolo in cui si lanciava l’allarme per le conseguenze di questa chiusura, dalle parti del Comune di Bologna risposero che il nostro allarmismo era esagerato e strumentale, assicurando che la chiusura del Drop In era solo temporanea e che il servizio avrebbe riaperto il 1° ottobre. Era in corso una riorganizzazione dei locali. Il Comune e l’Azienda pubblica di Servizi alla Persona (ASP) Poveri Vergognosi avrebbero ripristinato il servizio, trasferendolo dai locali originari negli ex uffici del Servizio sociale per adulti di via Sabatucci, nella sede del Dormitorio Beltrame.Nei giorni scorsi avevamo fatto alcune verifiche e avevamo scoperto che i lavori necessari per il ripristino del Drop In nei nuovi locali non erano stati effettuati.
I locali nei quali avrebbe dovuto trasferirsi il servizio non erano pronti: non era stata ancora realizzata la messa a norma degli impianti elettrici e la sistemazione dei bagni, nonché tutto quello che riguardava la sicurezza dei locali stessi.
Per quanto poi riguardava la programmazione delle attività, previste dopo la riapertura, seppure da parte delle cooperative fossero state presentate da più di un mese delle proposte, da parte di ASP e Comune non era stato definito ancora nulla.
Nel servizio per tossicodipendenti ci lavoravano 4 operatori (3 della Coop. Nuova Sanità e 1 della Rupe), questi lavoratori, dopo la lettura dell’articoli su Zic, preoccupati, avevano chiesto spiegazioni ai loro datori di lavoro circa la possibile chiusura definitiva del Drop in. Da parte dei responsabili delle cooperative erano sempre state date rassicurazioni in senso contrario.
Dal 26 luglio, giorno della sospensione del servizio, gli operatori, in base ad accordi tra ASP, Coop Nuova Sanità e Rupe, erano stati impiegati ad orario dimezzato.
Negli incontri avvenuti tra la committenza e le cooperative era stato richiesto agli operatori di utilizzare le ore lavorative per il trasferimento dei materiali nei nuovi locali (tranne materiali pesanti come armadi o tavoli).
Fino alla scorsa settimana si viveva in uno stato di incertezza: per gli operatori del servizio si navigava a vista (con un piano orario concordato solo sino al 30 settembre), infatti agli stessi non erano state date risposte sul loro impiego futuro. Agli utenti del servizio che chiedevano delucidazioni sulla riapertura nessuno era in grado di fornire informazioni chiare.
Poi, due giorni fa, la situazione si è fatta molto più grave, in una lettera inviata dai committenti a chi aveva il compito di gestire il servizio, si dava comunicazione della cessazione del contratto tra ASP e cooperative sulla gestione del Drop In e si annunciava che la riattivazione delle attività dei servizi di prossimità e di bassa soglia sarà vincolata alla discussione che si terrà ad un nuovo tavolo che Comune ed ASP attiveranno in una data imprecisata.
Quindi Zeroincondotta non sbagliava a lanciare l’allarme. A raccontare balle non siamo stati noi, ma chi voleva coprire questa chiusura.
Forse è il caso di iniziare a preoccuparsi, e non poco, per quanto sta succedendo nei Servizi Sociali del Comune di Bologna, in particolare in quelli cosiddetti “a bassa soglia di accesso”.
Attraverso la formuletta “per mancanza di risorse” sono stati chiusi i laboratori informatici del Centro Diurno di Via Del Porto, si sono ridotte le presenze dell’Unità Mobile (anche su pressione di cittadini residenti) nelle zone più “calde” per spaccio e consumo di sostanze, è stato chiuso il Drop In di via Paolo Fabbri e, poco tempo fa, anche l’Asilo Notturno di via Lombardia aveva fatto la stessa fine.
E’ curioso che tutto questo avvenga a pochi giorni dall’Istruttoria Pubblica sul welfare municipale, voluto dalla Commissaria Cancellieri. E a, tal proposito, sarebbe il caso che tutti coloro che ne hanno tessuto le lodi facessero un esame di coscienza sulle scelte e sui risultati che la “amministrazione commissariata” ha conseguito.
Ci sembra di essere tornati in pieno periodo Cofferatiano, le campagne di propaganda contro i graffitari e i lavavetri, il fastidio contro le persone più deboli e più fragili.
Si enfatizza il “degrado” nelle strade, ma al tempo stesso vengono tagliati quei servizi di contatto, cura e recupero per quelle persone che con il loro disagio sociale sono considerate da una gran parte della opinione pubblica come “feccia” da rimuovere dalla vista.
Ma si sa, sulle paroline magiche “sicurezza” e “lotta al degrado” oggi stanno a galla tutti coloro che fanno finta di amministrare le città. Anche perché la logica dello “spostare dove non si vede” è un comodo paraocchi che trasferisce solo il problema più in là, ma non lo fa scomparire.
Quei ragazzi che al Drop In passavano 4/5 ore al giorno, adesso ritorneranno in Piazza Verdi, o in un parco o in un giardino pubblico.
Una cosa semplice come lo scambio di una siringa nuova con una usata, dava il risultato di una persona e di una siringa in meno sulla strada… E’ così difficile da capire?
Molto presto si vedranno gli effetti della chiusura del Drop In e non saranno certo edificanti.
E neppure socialmente e umanamente accettabili!
Vi aggiorniamo sulla singolare polemica estiva che ha continuato a vedere come protagonisti il Dipartimento Antidroga del governo italiano e Forum Droghe sul tema trattato nel post precedente: Test antidroga sul lavoro e alla guida:continua l’inquisizione contro la cannabis.
Forum Droghe risponde dunque a Serpelloni, lo Zar Antidroga nostrano, demolendo in poche righe le fragili e “sballate” certezze del professore che sembra sempre più un neuroscienziato della domenica, appunto….
Il neuroscienziato della domenica
Fonte: Fuoriluogo.it, di Olimpia de Gouges 19/08/2010
Il capodipartimento antidroga interviene di nuovo sul Manifesto, stavolta in polemica con gli scritti di Giuseppe Bortone e Susanna Ronconi in merito ai test antidroga per i lavoratori.
Bortone e Ronconi sostengono che le attuali metodiche di accertamento per le droghe illegali sono fuorvianti perché non distinguono fra l’uso, perfino remoto, di una sostanza e lo stato di alterazione legato al consumo recente, capace di compromettere le capacità lavorative. Ma – controbatte il dipartimento – tale distinzione non ha senso perché “la ricerca nel campo delle neuroscienze ha dimostrato la compromissione delle funzioni cognitive superiori..anche dopo mesi dalla sospensione dell’uso di sostanze”, nonché “l’alterazione del normale metabolismo del lobo prefrontale..sede..di tutto ciò che ci distingue fondamentalmente dagli animali”(sic!) e “proprio per questo esiste una legislazione che afferma che l’uso di sostanze è illegale”.
Le certezze del Dipartimento sono strabilianti, tanto quanto l’assoluta genericità delle sue affermazioni.
Le “alterazioni” del cervello sono uguali per tutte le droghe? Senza differenze nei modelli di consumo? E si può sapere se, ad eventuali “alterazioni” del cervello corrispondano sintomi di un qualche rilievo in ambito clinico (tali da giustificare l’allontanamento da alcune mansioni lavorative)? Quanto è sviluppata la ricerca in questo senso?
Ancora: poiché si parla genericamente di “sostanze”, dobbiamo pensare che anche l’uso di consumare vino ai pasti, seppure in quantità moderata, “alteri il normale metabolismo del lobo prefontale” impedendoci “di stimare correttamente il pericolo”? Oppure per l’alcol questo non vale, non perché sia meno rischioso dal punto di vista della salute pubblica, ma semplicemente perché è legale? Dobbiamo forse pensare che il nostro neuroscienziato della domenica ignori le più recenti classificazioni di rischio delle sostanze, a cominciare da quella di Bernard Roques che pone l’alcol (insieme a eroina e cocaina al primo posto) e la cannabis all’ultimo?
E poiché soprattutto di cannabis si tratta (il 64% dei lavoratori risultati positivi), raccomando caldamente al nostro la lettura del Global Cannabis Commission Report, appena uscito presso la Oxford University Press, frutto del lavoro dei maggiori esperti a livello mondiale; soprattutto del capitolo dove si analizza l’impatto dell’uso di cannabis sulla struttura e le funzioni cerebrali, scritto col contributo di Les Iversen (neuroscienziato di tutti i giorni): si vedrà che le certezze domenicali devono fare i conti coi dubbi della restante settimana.
Ultima osservazione. Nel primo intervento di Carlo Giovanardi (Manifesto, 27 luglio), veniamo definiti come “una frangia, esigua ed isolata” che porta avanti “una battaglia ideologica”. Poiché ogni nostro scritto è regolarmente chiosato dal Dipartimento, ci viene il sospetto di essere meno minoritari di quanto si vorrebbe. E che i nostri argomenti tocchino, ahimè, nervi scoperti.
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Quasi in contemporanea esce sul Manifesto questo articolo di Beatrice Bassini, Vice presidente di Forum Droghe, che cita proprio i tre studi sugli effetti della Cannabis da noi indicati nel nostro post precedente:
Cannabis. Studiosi costretti a sfatare stereotipi su ipotetici effetti negativi: alterano risultati
Cannabis e lavori pericolosi. Esami delle urine non servono a niente. Studio
Cannabis non influisce su funzioni cognitive dei fumatori abituali
Il mestiere che il Goveno non conosce
La risposta a Giovanni Serpelloni di Beatrice Bassini, Vice presidente di Forum Droghe.
22/08/2010
Trovo molto pericoloso il clima che si sta creando in questi ultimi anni rispetto al dibattito scientifico e politico sul tema delle droghe e dei consumatori (cfr. Giovanni Serpelloni «Perché vietare sempre l’uso di stupefacenti» il manifesto 15/8). Lavoro nelle tossicodipendenze da almeno 16 anni e ritengo che molto sia stato fatto in passato soprattutto ad opera degli operatori del pubblico e del privato sociale che, come me, fanno tutti i giorni front office con l’utenza, per favorire la demolizione degli stereotipi sul consumatore di sostanze, per invitare i consumatori ad essere attivi protagonisti della propria crescita personale, per l’integrazione lavorativa e sociale. Nell’ultimo periodo, ritengo che ci sia stato un passaggio che è più politico e ideologico che «scientifico», dalle prassi di «riduzione del danno» a quelle di «produzione del danno».
Mi riferisco a sanzioni amministrative che dal 2006 grazie alla legge Fini-Giovanardi non prevedono più il ricorso all’art.75 della legge 309/90 come alternativa e come spazio terapeutico per i consumatori di sostanze e ai test ai lavoratori che compromettono di fatto la vita lavorativa di chi ha usato anche sporadicamente sostanze psicoattive. Ma potrei citare altre prassi terapeutiche che, ad oggi, non vengono più prese in considerazione ed escluse persino dal dibattito politico. I danni a lungo termine causati da un abuso di sostanze sono di certo documentati, come sostiene Serpelloni, ma non tanto per la cannabis quanto per la cocaina e l’alcool di cui, di fatto, viene punito solo l’abuso legato al momento del controllo. Per l’alcool, sostanza tra le più pericolose dal punto di vista comportamentale e di danno alla salute, si tollera l’uso e si punisce giustamente l’abuso per chi viene trovato alla guida di un mezzo di trasporto.
Questa visione non viene mantenuta per quanto riguarda la cannabis poiché si sostiene che rechi danni neurologici irreversibili a lungo termine, ipotesi per cui viene menzionata una letteratura scientifica ad hoc di cui però non vengono fornite le coordinate. Di questo passo i consumatori di questo tipo potrebbero affluire più ad un servizio sociale per l’handicap che a un Ser.T e la cosa oltre ad apparirmi metodologicamente ridicola mi lascia perplessa dato che gli studi che vedono un lineare rapporto causa-effetto tra cannabis e compromissione cognitiva vengono fatti soprattutto su persone che hanno avuto nella loro vita vari poliabusi. Vorrei porre all’attenzione di Serpelloni altri recenti studi: Gender moderates the impact of stereotipe threat on cognitive function in cannabis users-Addict Behav (Settembre 2010); Testing for cannabis in the work place: a review of the evidence Addiction (Marzo 2010); Neurophisiological and cognitive effects of smoked marijuana in frequent users- Pharmacol Biochem Behav (Settembre 2010). Ne ho citati solo alcuni, solo per dimostrare che sia io che l’Associazione Forum Droghe non ignoriamo di certo la letteratura scientifica sull’argomento e non siamo contro «a priori».
Un ultimo punto riguarda proprio l’Associazione Forum Droghe. Caro Serpelloni, se avrà avuto l’umiltà, e il buon senso a cui lei ci invita, di vedere di quali professionalità è composta, constaterà che siamo un gruppo molto eterogeneo di operatori dei Servizi di tutta Italia sia del pubblico che del privato sociale, attivisti, garanti dei detenuti e anche sociologi e sindacalisti che vedono da varie prospettive i problemi dei consumatori di sostanze. Non siamo né «tuttologi», né «opinionisti estivi» e respingiamo al mittente le accuse di incompetenza. Il suo tipo di comunicazione intenzionalmente offensiva assomiglia molto, e ne è sicuramente parente, al «vizio» di questo governo di tentare di screditare l’interlocutore per non confrontarsi sui contenuti. La invitiamo perciò noi all’umiltà e al rispetto delle opinioni altrui, perché il nostro concetto di salute e la preoccupazione per la salvaguardia dei diritti umani non ci permette di trattare certi argomenti come chiacchiere da ombrellone.
Per finire, siamo pienamente d’accordo con lei nel distinguere ruoli e competenze. Uno dei suoi compiti istituzionali sarebbe stato quello, ad esempio, di partecipare alla recente conferenza mondiale sull’Aids a Vienna, in cui il governo italiano era assente. Spero comunque che abbia letto la Dichiarazione uscita dal summit; si sarà potuto rendere conto che le politiche sulle droghe in Italia sono arretrate e di certo non sempre condivise a livello internazionale.
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Prosegue la Serpelloneide in questo modo:
Olimpia al patibolo
27/08/2010
Il lettore che abbia la pazienza di leggere sotto l’ennesima controdeduzione del Capodipartimento antidroga a quanto da noi recentemente pubblicato e alle osservazioni a firma di Olimpia de Gouges, non avrà difficoltà a capire perché Olimpia si sia inserita nel botta e risposta. Chi se non Olimpia avrebbe potuto affrontare il patibolo degli insulti serpelloniani? Chi se non Olimpia avrebbe potuto richiamare le ragioni del dubbio e la passione per il vero dialogo contro la lama arrogante e affilata delle certezze del nostro interlocutore?
Su ispirazione di Olimpia, anche noi invitiamo il Capodipartimento alla moderazione e alla cautela. Cautela nell’interpretare i dati della ricerca neuroscientifica e nel leggere i suoi risvolti sul piano clinico. Soprattutto cautela nel tradurre meccanicamente i risultati di un filone di ricerca, comunque parziale, nella scelta politica della proibizione.
Da questo confronto agostano vogliamo però ricavare un risvolto positivo. Da tempo pensavamo di organizzare un seminario fra esperti di ambiti disciplinari diversi proprio sulla ricerca neuroscientifica, sul rilievo che ha di recente assunto, ma anche sui suoi limiti. Più in generale, sul suo significato nell’ambito del dibattito politico sulle droghe.
E’ ora di affrettarsi a mettere in atto questo proposito. Non mancheremo di invitare anche il dottor Serpelloni.
A proposito: Olimpia de Gouges presiederà l’incontro.
Giovanni Serpelloni ha scritto:
Olimpia de Gouges, morta ghigliottinata a Parigi il 3 novembre del 1793 da Robespierre per essersi opposta alla decapitazione di re Luigi XVI, risponde il 19.08.2010 dall’aldilà al mio articolo del 15 agosto sui danni cerebrali derivanti dall’uso di sostanze stupefacenti. Si fanno resuscitare i morti per poter nascondere la vera identità di chi, con insolenza e maleducazione, entra in un dibattito screditando le competenze altrui senza far comprendere le proprie e celandosi vigliaccamente dietro ad un nobile quanto encomiabile pseudonimo. Si sveli cara, madame de Guoges, affinché tutti noi possiamo apprezzare le basi di competenza e conoscenza su cui lei fissa nella sua raffinatezza di eloquio e di pensiero, le sue controdeduzioni.
Detto questo, credo che alcune delle ingenue domande possano trovare facilmente risposta nelle due monografie sulle neuroscienze dell’addiction da me curate e che invito i veri curiosi a sfogliare e se gradito a scaricare gratuitamente (http://www.dronet.org/monografia.php?monografie=70).
Certamente ed ovviamente esistono delle differenze nei danni cerebrali in base all’esposizione al consumo (dipendenti da condizioni neuropsichiche individuali, quantità, durata, tipo di sostanza e mixing), come altrettanto chiaramente esistono una serie di correlati clinici e sintomatologici relativi ai danni neuropsichici sottostanti, conosciuti da anni e tali da giustificare la sospensione cautelativa dalle mansioni a rischio. Ma bisogna avere la pazienza di leggerli e studiarli approfonditamente (di solito proprio durante il sabato e la domenica!) e smetterla di rovistare tra la letteratura scientifica accreditando e prendendo in considerazione solo quegli articoli che avvalorano la tesi che le varie sostanze stupefacenti facciano bene alla salute e perlomeno non si sappia ancora precisamente quanto male facciano. E poi di quale “male” stiamo parlando? Quello che solo i nostri occhi inesperti vedono o quello che raffinate tecniche diagnostiche possono mostrare? In quanto alla tossicità dell’alcol e alla pericolosità dell’abuso alcolico, il Dipartimento per le Politiche Antidroga non ha mai sottovalutato la questione né sminuito la portata sociosanitaria di tale problematica.
Relativamente alla citata classificazione di rischio delle sostanze di Bernard Roques, credo sia opportuno che madame de Gouges rilegga bene e più approfonditamente tale articolo che prende molto poco in considerazione, nei criteri di classificazione relativi alla tossicità, proprio i più moderni studi di neuroscienze ed in particolare di neuroimmaging funzionale ad alta risoluzione. Esattamente quello che invece si è ora in grado di dimostrare come, per esempio, le significative alterazioni nei consumatori di cannabis dello spessore della corteccia cerebrale (aree temporo-mesiali e nella corteccia cingolata anteriore e cioè in associazione con deficit neuropsicologici di attenzione e memoria). Altri studi sulla maturazione e sullo sviluppo cerebrale degli adolescenti mediante il tensore di diffusione – DTI, soprattutto sulla sostanza bianca del cervello, hanno dimostrato recentemente come queste strutture vengano modificate sotto l’effetto delle sostanze stupefacenti compresa la Cannabis, inducendo deviazioni del normale sviluppo. Vogliamo continuare a tenere gli occhi chiusi? Vogliamo continuare a trovare giustificazioni per poter utilizzare senza preoccupazione le varie sostanze? Vogliamo continuare a leggere solo le pubblicazioni che ci danno ragione e scotomizzare ciò che demolisce le ormai traballanti ipotesi, insultando anche pubblicamente chi si permette di dire cose contrarie a certi principi e assunti? Io credo che i veri problemi, da affrontare per la tutela della salute pubblica in relazione all’uso di sostanze stupefacenti e alcol, stiano da un’altra parte cara madame de Gouses. In quanto al rapporto della Global Cannabis Commission, invito i lettori ma soprattutto lei, madame, a rileggerlo approfonditamente perché non sostiene affatto le tesi dell’innocuità della cannabis sui sistemi cerebrali ma anzi ne sottolinea le problematiche e i dubbi che solleva sono anche conseguenti al fatto che non sono stati prese in considerazione pubblicazione uscite dopo la stesura del rapporto, come ho avuto modo di discutere personalmente con i colleghi inglesi. Oltre, a quel rapporto consiglio madame, di cui a questo punto chiediamo esplicitamente di conoscere identità e competenze in ambito di neuroscienze, di aggiornare le sue letture con articoli scientifici nel campo del neuroimmaging usciti per l’appunto dopo quel rapporto, che non lasciano dubbi su come dovremmo atteggiarci all’interno di un approccio cautelativo e preventivo di sanità pubblica, verso sostanze come il THC, che sono in grado, per esempio, di alterare inequivocabilmente (rilevato con spettroscopia) il metabolismo del glutammato nel cervello (neurotrasmettitore fondamentale per il regolare funzionamento cognitivo) o di creare una frammentazione del DNA dei neuroni dell’ippocampo (sindrome conosciuta fin dal 1999 se per caso le fosse sfuggito). Ci spieghi, madame, perché contemporaneamente ci si batterebbe, affinché, alcune sostanze alimentari (non considerate “droghe”) che inducano solo il minimo sospetto (non la certezza)di poter danneggiare la salute o il DNA dei neuroni del nostro cervello (con caratteristiche di pericolosità quindi anche molto meno rilevanti rispetto per esempio a quanto rilevato per la cannabis), vengano vietate in via cautelativa, proibite ed escluse dalla produzione e dal commercio, mentre invece si tollera o addirittura si auspica che la cannabis (che presenta sicuramente tali effetti) venga messa a disposizione di tutti e glorificata come innocua se non addirittura salutare.Concetti e parole forse troppo difficili ma che le saranno di stimolo per studiare ed approfondire l’argomento, magari la domenica, come molti medici e studiosi fanno, compreso il sottoscritto. Sempre a disposizione.
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Per finire questo magistrale saggio di Stefano Vecchio che fortunatamente riporta il dibattito scientifico sugli effetti delle sostanze a un livello insperato di lucidità metodologica e ricchezza culturale.
Neuroscienze, oltre un pensiero unico sulle droghe
L’articolo di Stefano Vecchio, comitato scientifico di Forum Droghe, sul dibattito droghe-neuroscienze per la rubrica di Fuoriluogo pubblicata sul Manifesto dell’8 settembre 2010.
Fonte: Il Manifesto, di Stefano Vecchio 08/09/2010
Una delle questioni più controverse, oggetto del dibattito attuale, riguarda la legittimità della relazione tra le ricerche neuro scientifiche, la realtà della clinica delle dipendenze e l’orientamento stesso delle scelte delle politiche sulle droghe.
L’uso continuo delle spiegazioni neurobiologiche per stabilire pressoché tutte le questioni collegate ai consumi di sostanze stupefacenti sollecita una domanda sui rischi di un pensiero unico sulle droghe a cui si attribuisce il potere di dare una spiegazione ultima su qualunque aspetto a queste collegate.
Tale domanda è legittimata dal fatto che noi tutti condividiamo il riconoscimento della complessità del fenomeno, caratterizzato dall’intreccio delle diverse componenti fisiologiche, psicologiche, sociali e culturali, esemplificata dal celebre paradigma di interpretazione dei consumi di Norman Zinberg: drug, set, setting (la droga, la psicologia del consumatore, il contesto di consumo).
Tale complessità, esclude, almeno per ora, affermazioni semplificate quali quelle secondo cui le neuroscienze avrebbero dimostrato la compromissione delle funzioni cognitive superiori nei consumatori (tesi per la verità non nuova,giornalisticamente nota come “droga bruciacervello”).
Certo una spiegazione ultima presenta l’indubbio vantaggio di rassicurare operatori e cittadini proponendo certezze riduttive e semplificate ma sostanzialmente fa un torto all’esperienza clinica nei servizi territoriali in quanto nega di fatto a questi la capacità autonoma di produrre conoscenza; crea, inoltre, una gerarchia tra i diversi modelli di conoscenza stabilendo, arbitrariamente, che ve ne sia una più attendibile delle altre; tende infine a determinare un conflitto tra diversi saperi.
Di fatto, un malinteso del genere ostacola una discussione a più voci, attribuisce alla comunità neuro scientifica una mission che, a quanto mi risulta, non è nemmeno ricercata dai suoi rappresentanti.
La provvisorietà dei modelli attestata dagli stessi neuroscienziati, testimoniata anche dalla continua evoluzione delle teorie sull’addiction, la varietà di ricerche non comparabili metodologicamente tra loro, ci dicono che le neuroscienze ci offrono un panorama molto interessante e affascinante di conoscenze ma che queste hanno, per ora, un’importanza molto limitata per le pratiche cliniche dei servizi, per il lavoro di strada, per il lavoro nei contesti del divertimento, per le diagnosi di dipendenza, per la valutazione dei rischi etc.
Sono convinto, comunque, che quando una ricerca neurobiologica rileva che una qualche modificazione indotta nel cervello dall’effetto di una sostanza si possa configurare come un danno, questa acquisizione deve interessarci e indurci a valutare, anche se non meccanicisticamente, le implicazioni sul piano clinico e delle azioni di prevenzione selettiva. Ma allo stesso modo sono convinto che se una ricerca ben documentata dice che una strategia di riduzione del danno ha evitato un certo numero di overdose, o ha ridotto la microcriminalità e la carcerizzazione, ha limitato fortemente le malattie infettive, ha migliorato alcuni processi di socializzazione, deve farci seriamente prendere in considerazione queste prospettive e valutarne il possibile impatto nelle politiche dei servizi e i possibili vantaggi per gli utenti e la popolazione.
Per me, una tale impostazione pragmatica può contribuire a promuovere una prospettiva laica e pluralistica delle conoscenze, consente di rispettare punti di vista anche distanti e contrapposti, permette un allargamento delle competenze e forse riduce alcune differenze, rilevando più punti in comune di quanto si possa pensare.
Tornando al dibattito aperto in questa rubrica sui test per i lavoratori, e in specifico per i lavoratori dei trasporti, è importante chiarire che però la norma prevede la sanzione solo ed esclusivamente nel caso in cui il SerT accerti uno stato di tossicodipendenza.
Il discorso a questo punto si complica e richiede altri spazi e altri tempi. Sempre nel riconoscimento della ricchezza delle diversità, quale prospettiva culturale utile a costruire un “paradigma ospitale e cooperativo” sul fenomeno dei consumi di droghe.
Infine vi consigliamo vivamente di consultare il
“Manuale di Autodifesa” per accertamenti sull’uso di sostanze
che informa sulle procedure di controllo in merito a sostanze e alcool e ci illustra i reali processi innescati dalle leggi a tutela della sicurezza sulla strada e sul lavoro, a cura di
Coordinamento Operatori Bassa Soglia del Piemonte e Collettivo Infoshock del Csoa Gabrio di Torino.
Mentre in Italia decine di lavoratori da diversi mesi sono stati sospesi dal lavoro o direttamente licenziati per uno spinello fumato giorni o settimane prima, divampa la polemica estiva sui test antidroga sui lavoratori che riguarda poi direttamente altre migliaia di patenti ritirate ingiustamente.
Dopo l’articolo Test antidroga ai lavoratori, l’inutile persecuzione (che condividiamo in pieno) di Giuseppe Bortone, Responsabile tossico-dipendenze Cgil nazionale, scritto per la rubrica settimanale di Fuoriluogo pubblicata da il Manifesto il 21 luglio 2010, è arrivata (purtroppo) la risposta tutta ideologica di Giovanardi, campione nostrano di ineguagliabile inquisizione bigotta:
Test antidroga, irresponsabile chi è contrario.
Sempre sulla rubrica del Manifesto l’11 agosto risponde alle accuse arroganti di Giovanardi la nostra amica Susanna Ronconi, con questo articolo: Narcotest, l’arroganza della tolleranza zero che ci permettiamo di citare per riassumere i punti essenziali della questione:
“Conviene non far passare sotto silenzio la polemica aperta dal sottosegretario Giovanardi…. Perché è questione di civiltà, perché tocca molti lavoratori, molti di noi e perché riguarda la sicurezza di tutti.
…i test, per essere utili a prevenire danni correlati allo stato di alterazione dei lavoratori durante lo svolgimento delle loro mansioni, devono verificare a) che davvero il lavoratore abbia assunto la sostanza subito prima o durante il lavoro, e pertanto b) che sia in uno stato di alterazione tale da compromettere funzionalità, capacità e attenzione ed esporre al rischio la sicurezza altrui e propria. In assenza di questa doppia verifica – alterazione al momento e disfunzionalità correlata – i test non solo non tutelano pragmaticamente nessuno, ma finiscono con il punire non un comportamento irresponsabile bensì uno stile di vita del lavoratore. E i dati governativi danno ragione in modo inequivocabile a questa osservazione critica, quando dicono che il 64% di chi è risultato positivo (l’1,2% dei testati) lo è alla cannabis, una sostanza i cui metaboliti sono rintracciabili nell’organismo anche 30 giorni e più dopo l’assunzione.
Dunque, con le attuali metodiche di accertamento, si impone un cambiamento di mansione – con possibile perdita di reddito e ruolo, e stigma sociale annessi – a lavoratori che possono aver assunto cannabis il sabato sera, averla “smaltita” dopo poche ore, ed essere al lavoro il lunedì mattina in piena responsabilità. Facendo il parallelo con una droga legale, è come se un lavoratore brindasse a prosecco per il battesimo del figlio il sabato e andasse al lavoro il lunedì. Per capirci, stando sull’esempio: l’attuale normativa non richiede lucidità sul lavoro, impone di essere astemi. E non è la stessa cosa.”
Facciamo poi notare che oltre a noi “irresponsabili”, secondo Giovanardi, è anche la Magistratura a negare più volte negli ultimi anni la validità dei test sulle urine per rilevare l’uso di cannabis nelle ore immediatamente successive all’assunzione, cioè quando effettivamente risultano alterate le prestazioni psico-fisiche del soggetto. Ecco alcune delle ultime sentenze:
Cannabis, alla guida e positivo al test, giovane assolto: “Il fatto non sussiste”
Test positivo dopo incidente, assolto: impossibile stabilire quando aveva assunto droga(cannabis)
Assoluzione per chi guida sotto effetto di stupefacenti(cannabis)
Tribunale: esame urine non basta per condannare conducente
Tribunale: esame delle urine non sufficiente a dimostrare guida sotto effetto di stupefacenti
Queste sentenze di assoluzione relative a procedimenti riguardanti il ritiro di patenti, sono ovviamente parte dello stesso problema e della stessa battaglia di tutela dei diritti di lavoratori e cittadini ingiustamente privati di patente, auto e molto molto denaro. D’altra parte questo governo sta facendo di tutto per eliminare qualsiasi forma di dissenso o tutela istituzionale proveniente dalla Magistratura, con leggi , leggine e decreti su misura per assicurare l’impunità alla solita “cricca”, quindi nessuna sorpresa se il sottosegretario Giovanardi non si cura minimamente di queste sentenze, che invece sono importantissime per le vittime di questa insensata campagna inquisitoria, che invitiamo a fare SUBITO RICORSO rivolgendosi a legali esperti in materia, come il nostro sportello legale di consulenza gratuita: L.S.D.c (Legal Service Drug-consulting).
Per finire offriamo, come nostra abitudine una serie di studi scientifici che dimostrano dov’è la realtà e dove abita l’ideologia, la menzogna e l’ipocrisia di questi governanti senza vergogna, che preferiscono accanirsi contro chi usa cannabis per motivi
terapeutici ( Pazienti Cannabis ), dietetici ( Semi di Canapa: Concentrato di Salute e Benessere dalla Natura) o semplicemente per libera scelta personale, per rilassarsi dai ritmi forsennati di questo sistema consumi stico ormai al collasso.
Le ricerche seguenti dimostrano, se ce ne fosse ancora bisogno, che utilizzare cannabis alla sera, dopo il lavoro, non pregiudica in alcun modo le funzioni cognitive alla ripresa del lavoro il mattino seguente, neppure nei fumatori abituali.
Cannabis. Studiosi costretti a sfatare stereotipi su ipotetici effetti negativi: alterano risultati
Cannabis e lavori pericolosi. Esami delle urine non servono a niente. Studio
Cannabis non influisce su funzioni cognitive dei fumatori abituali
Criminalizzare in questo modo la cannabis significa spingere migliaia di persone ad utilizzare psicofarmaci, il cui consumo in Italia è aumentato in modo preoccupante negli ultimi anni. Secondo l’Osservatorio Nazionale sull’impiego dei medicinali (Osmed) dal 2000 al 2003 si è registrato un aumento del 75%. Nel rapporto ESPAD 2007 dell’Osservatorio Europeo sulle droghe e Tossicodipendenze, uno studio svolto in 35 Paesi europei su 100 mila studenti tra i 15 e i 16 anni, per stimare l’andamento del consumo di tabacco, alcol, cannabis, inalanti e psicofarmaci tra i giovani, quelli italiani sono al quinto posto per tranquillanti e sedativi.
Immaginate ora se tutti i consumatori di cannabis per rilassarsi dopo il lavoro (autisti, dottori, mulettisti, ecc..) fossero costretti a utilizzare psicofarmaci per dormire la notte o per fronteggiare lo stress, chi ha provato a svegliarsi la mattina dopo aver preso un sedativo, anche leggero, per dormire la notte precedente, sa bene in quale stato di intorpidimento fisico e mentale si ritrovi per buona parte della mattinata.
Ebbene, questo sta già succedendo in tutta Italia, con buona pace della sicurezza sui luoghi di lavoro, con il plauso e la connivenza delle multinazionali degli psicofarmaci che aumentano i profitti, e con la garanzia che con questo sistema di monitoraggio “taroccato” sarà sempre impossibile valutare la reale idoneità dei soggetti ad attività psicofisiche che richiedono prontezza e lucidità, poichè nelle urine vengono rilevati sia tutti gli psicofarmaci (sino a 7 giorni dopo l’uso) che i cannabinoidi (sino oltre 1 mese dopo l’uso) , ma gli psicofarmaci sono legali, sebbene provochino tossicodipendenza e uno stato di alterazione psicofisica che va ben oltre le poche ore descritte nelle avvertenze che trovate nei bugiardini, mentre la cannabis è proibita e va perseguitata come il demonio anche se i suoi effetti non sono un pericolo per nessuno appena terminate le 2-3 ore di azione.
Vedi anche Tracce delle sostanze (sangue-urina-capello)
Giudicate voi stessi ora il livello di arroganza, ipocrisia e totale malafede di Giovanni Serpelloni, Capo del Dipartimento Antidroga, che il 15 agosto sul Manistesto ha risposto a Susanna Ronconi, senza citare nemmeno una straccio di studio scientifico per confermare le sue farneticazioni, e senza rispondere nel merito, poichè fino a prova contraria l’alcool è uno stupefacente, una “droga“, (quello che crea più morti e più tossicodipendenti tra l’altro!!!!) e la sua assunzione saltuaria è tollerata dalla legge, anzi incoraggiata da imponenti campagne pubblicitarie.
Caro esimio inquisitore azzeccagarbugli dottor (anche se non si direbbe per nulla) Serpelloni, di tutti i danni a breve e lungo termine dell’alcool sappiamo tutto, eppure sua maestà ci concede persino di crepare di coma etilico a norma di legge, a patto che lo facciamo alle ore da vossignoria ritenute adeguate, invece sui danni, le overdose e le tossicodipendenze da cannabis non sa proprio niente nessuna società scientifica o rivista specializzata, sappiamo invece che la Cannabis è uno dei più potenti antiepilettici e antitumorali esistenti in natura, giusto per citare solo alcune delle malattie curabili:
Lo sa persino uno dei Ministeri del suo Governo, uno a caso, il Ministero della Salute:
Applicazione dei Medicinali cannabinoidi dal sito del Ministero della salute italiano!!!
Cannabinoidi inibiscono la crescita del cancro mammario
Vedi anche la nostra scheda sulla Cannabis
Vedi tutte le ultime applicazioni terapeutiche, studi e ricerche sulla cannabis
dal sito P.I.C. Pazienti Impazienti Cannabis
Se non fosse tutto penosamente vero, sembra di rivedere un famoso film di Fantozzi, dove la Contessa Serbelloni Mazzanti Vien Dal mare abbatte una ad una le autorità disponibili nel tentativo di varare una nave….!!
poveri noi…
- COMMENTO | di Giovanni Serpelloni
POLEMICHE
PERCHÈ VIETARE SEMPRE L’USO DI STUPEFACENTI
In relazione all’articolo a firma di Susanna Ronconi, ancora una volta si leggono cose che impostano scorrettamente il problema dell’uso di droghe per chi svolge mansioni a rischio, ma soprattutto non tengono conto di quanto la ricerca nel campo delle neuroscienze ha dimostrato in relazione alla compromissione delle funzioni cognitive superiori, quelle che utilizziamo anche per svolgere le mansioni a rischio, anche dopo mesi dalla sospensione dell’uso di sostanze. Il fatto quindi di voler rilevare, come riportato nell’articolo, solo l’immediata assunzione di droghe (e cioè durante o subito prima dello svolgimento delle mansioni) e addirittura se questa assunzione abbia dato alterazioni, risulta totalmente errato al fine di assicurare, con criterio prudenziale e veramente preventivo basato sulle evidenze scientifiche e non sulle opinioni estive, che quella persona non svolga azioni potenzialmente lesive della salute ed incolumità altrui e propria, in conseguenza all’uso di sostanze.
Bisogna ricordare, anche ai non addetti ai lavori, che le sostanze stupefacenti non alterano il metabolismo del nostro cervello e, quindi le sue funzioni solo per il tempo in cui che esse restano nel nostro organismo (come erroneamente ritenuto da molti) ma operano e fissano disfunzioni neuropsichiche che persistono anche dopo il loro catabolismo ed espulsione. Le alterazioni neuropsichiche e metaboliche cerebrali non sono strettamente legate solo alla farmacocinetica della sostanza. Basterebbe avere l’umiltà e il buon senso di leggere un po’ di letteratura scientifica sull’argomento. Che siano poi sindacalisti e sociologi a portare avanti tesi che contestano anche le basilari scoperte delle neuroscienze in materia, ci sorprende ancora di più. Ad ognuno il proprio mestiere quindi e tentiamo di non trasformarci in tuttologi. Il concetto ruspante che lo “smaltimento” delle sostanze dal nostro sangue voglia significare che con i loro metaboliti se ne vanno anche gli effetti neuropsichici e le compromissioni cognitive correlate è profondamente errato e frutto di incompetenza in materia, che auspicabile venga rivisto. L’uso di sostanze può portare ad alterazione del normale metabolismo del lobo prefrontale, sede del controllo volontario dei comportamenti, delle funzioni cognitive superiori, della personalità, in altre parole di tutto ciò che ci distingue fondamentalmente dagli animali e che ci permette di stimare correttamente il pericolo.
Non è accettabile le teoria sostenuta implicitamente che una persona tutti i fine settimana nella sua vita “privata” assuma sostanze e durante gli altri giorni (nella sua vita “pubblica”) guidi allegramente un autobus o un treno o manovri gas tossici o sostanze radioattive, perché comunque le sue funzioni cognitive superiori, prima di tutto l’attenzione, la concentrazione e i riflessi, saranno compromessi e non permetteranno lo svolgimento di tali compiti in totale sicurezza. Detto questo, credo sia venuto il momento anche di chiarire che né la costituzione né la legislazione italiane sanciscono come diritto individuale e inviolabile quello di drogarsi. La libertà di determinare i propri comportamenti esiste, compresa quella di assumere sostanze, ma contemporaneamente esiste anche la necessità prioritaria di non far pagare agli altri le proprie scelte personali. Proprio per questo esiste anche una legislazione che afferma che l’uso di sostanze è illegale e sanzionabile amministrativamente (non penalmente), proprio per i danni sociali ed individuali che questo comporta, anche per la salute. Vale solo la pena di ricordare i recenti decessi della strada vittime di persone sotto l’effetto di sostanze e di alcol. Vietare l’uso di sostanze stupefacenti, anche fuori dall’ambiente di lavoro a chi svolge mansioni a rischio per terzi, è atto dovuto e di profonda civiltà che in ogni paese europeo trova applicazione da anni, senza che nessuno si erga a paladino di un diritto inesistente e a svantaggio di terze persone. Quanto alla distinzione tra uso sporadico e dipendenza, ancora una volta siamo di fronte ad un approccio non condivisibile perché privilegia la possibilità che qualcuno possa usare saltuariamente sostanze stupefacenti per il suo divertimento, a scapito della sicurezza di terzi. Chi si occupa di salute pubblica veramente e tutti i giorni, non solo come opinionista, ma da medico responsabile, lo sa molto bene. Non è un caso infatti che tutte le società scientifiche in materia abbiano condiviso l’impostazione assunta nel nostro Paese.
* Capo Dipartimento politiche antidroga
Infine vi consigliamo vivamente di consultare il
“Manuale di Autodifesa” per accertamenti sull’uso di sostanze
che informa sulle procedure di controllo in merito a sostanze e alcool e ci illustra i reali processi innescati dalle leggi a tutela della sicurezza sulla strada e sul lavoro, a cura di
Coordinamento Operatori Bassa Soglia del Piemonte e Collettivo Infoshock del Csoa Gabrio di Torino.
Un viaggio nel controverso mondo dei rave parties illegali
insieme al LAB57 ALCHEMICA e MEDICIN DU MONDE:
tutto quello che avete sempre voluto sapere e non avete mai osato chiedere…
Video girato durante l’intervento del Lab57 al free party Tekno dei Mad Factory, Pyrotek, Nonem di giugno 2009 in Liguria
Una produzione TELEIMMAGINI !!!
Venerdì 17 aprile 2009
Lab57 con XM24 Ex Mercato24 hanno dato vita a questa performance di denuncia pubblica.
Guarda le foto grafie….
Guarda il video…..
Di seguito il comunicato.
Cari abitanti della Bolognina,
oggi abbiamo deciso di riconsegnare al quartiere questo enorme piazzale dietro all’ ex mercato ortofrutticolo colpevolmente lasciato abbandonato a se stesso da ormai 10 anni.
Nel corso degli anni questo *“non luogo”* è divenuto teatro di spaccio, bivacco a cielo aperto per tossicodipendenti, stupri e morti di overdose di fronte alla più completa indifferenza dell’amministrazione comunale.
Sia chiaro che questa non vuole essere in nessun modo l’ennesima vergognosa campagna mediatica contro il “tossico” o l’immigrato spacciatore portata avanti dalla destra fascista e razzista unicamente per motivi elettorali, questa è un’assunzione di responsabilità da parte di uno spazio sociale come XM24 per ridare vita e socialità ad un luogo sempre più pericoloso e impraticabile divenuto il simbolo della desertificazione ambientale e del degrado della dignità umana che non sono altro che i frutti della speculazione edilizia esasperata di questi ultimi anni.
Dopo aver pulito una parte del piazzale da siringhe, cocci di vetro e rottami inizieremo a costruire campi da gioco, orti e giardini con l’aiuto e la collaborazione dei bambini di tutte le età che non trovano spazi di socialità in questa parte della città.
La nostra vuole anche essere una denuncia pubblica del sindaco come primo responsabile legale della salute pubblica nel territorio comunale per aver colpevolmente lasciato degradare questo spazio impedendo di fatto al camper delle unità di strada ed agli operatori di passare in questa zona,per aver tagliato parte dei fondi destinati alle Unità di strada ed al Drop-in di via Paolo Fabbri che è stato notevolmente ridimensionato e militarizzato spingendo i tossicodipendenti a nascondersi nei parchi pubblici e nelle zone dismesse come queste mettendo a repentaglio la vivibilità e la salute pubblica di tutti i residenti.
Voi abitanti di via Gobetti sapete bene cosa succede tutto il giorno in questo piazzale, vi basta guardare dalle finestre, ma forse non sapete perché vengono proprio qui questi tossicodipendenti quasi tutti non residenti a Bologna, se provate a chiedere loro il motivo, vi risponderanno quasi sempre che non sanno dove altro andare perché le forze dell’ordine li mandano qui.
In tutta Europa sono attive da anni decine e decine di “stanze del consumo sicuro” dove i consumatori possono incontrare personale medico preparato per evitare overdose e infezioni pericolose e magari iniziare percorsi di uscita dalla dipendenza. Ovunque nel mondo siano state aperte queste strutture sono diminuiti enormemente i reati di microcriminalità legati all’uso di sostanze, sono praticamente sparite le siringhe abbandonate in giardini o spazi pubblici e si sono abbassati sensibilmente i livelli di infezione da HIV ed epatite tra gli utenti delle zone circostanti.
Questi dati scientifici inconfutabili sono a disposizione da anni del sindaco e degli altri amministratori di ASL, Sert e ospedali del territorio comunale, ma il Comune preferisce investire in forze dell’ordine e repressione spostando il problema da una zona all’altra della città, mentre scoppiano le carceri della nostra regione che hanno raggiunto il 180% di sovraffollamento rispetto alla capienza “ufficiale”, primi in Italia in questa triste classifica.
Abitanti e frequentatori della Bolognina aiutateci a dire basta a questa SPECULAZIONE TOSSICA che avvelena il nostro quartiere.
Ex Mercato 24
via Fioravanti 24
Bologna
Guarda le foto grafie….
Guarda il video…..
Articolo su Repubblica Bologna
CONVEGNO ALTRA TRIESTE: L’INGANNO DROGA CONTINUA
Dal 12 al 14 marzo 2009 si è svolta a Trieste la 5 conferenza governativa sulle tossicodipendenze, un luogo blindato dall’ideologia proibizionista, dove preti e psichiatri pretendevano di “guarire dalla droga” con la “cristoterapia” e tonnellate di psicofarmaci.
Il Lab57 ha invece contribuito alle mobilitazione antagonista ALTRA TRIESTE:
>>GUARDA la dimostrazione del Test rapido delle sostanze(vedi info) ripreso con un cellulare e proiettato poco dopo sullo schermo del Teatro Miela di Trieste davanti a centinaia di giornalisti, medici e operatori esterreFATTI!!!
>>ASCOLTA il primo e il secondo intervento di Max Lorenzani, coordinatore del Lab57, al convegno Altra Trieste al Teatro Miela di Trieste.
>>Vai al programma del convegno Altra Trieste
>>Vai a tutti gli Audio e le Fotografie del convegno Altra Trieste
Il 12 e 13 marzo, al contrario, al Teatro Miela sarà possibile discutere e confrontarsi apertamente sulle culture e le pratiche di riduzione dei rischi che in tutti questi anni hanno dimostrato la loro efficacia sia tra i consumatori che tra gli stessi operatori pubblici che presenti alla conferenza governativa. Il tutto si concluderà Sabato 14 marzo alle ore 15 con un corteo antiproibizionista che attraverserà la città di Trieste organizzato dagli Spazi sociali Venezia-Giulia.
La conferenza nazionale sulle tossicodipendenze organizzata dal sottosegretario Giovanardi, padre della omonima legge, è stata definita dal percorso territoriale fvg di operatori e cittadini sensibili, un “non luogo”. La conferenza nazionale è uno strumento che in primis servirebbe agli operatori per poter effettuare delle verifiche sulla legge in atto, scambiare pratiche e sperimentazioni, utilizzare gli strumenti scientifici per migliorare efficacia e obiettivi nel rispetto della salute e dei diritti di sovranità del proprio corpo che tutte le persone hanno.
E’ stata definita un “non luogo” perché la convinzione risiede nel fatto che in quelle giornate non verranno prese alcune decisioni. La linea politica della Fini-Giovanardi è ben chiara a tutti. Sempre più utenti oramai composti da una maggioranza di persone che assolutamente non possono essere definite tossicodipendenti e sempre meno finanziamenti per invii in comunità, inserimenti lavorativi, progettazioni di percorsi individuali.
Potremmo paradossalmente già presentare le conclusioni della conferenza governativa. Giovanardi ha già stabilito anche in sede Onu la linea dell’Italia che tra l’altro è in controtendenza rispetto all’Europa. Non vogliamo essere complici di una criminalizzazione di un settore della società che di per se registra nel frattempo aumenti di consumi indifferenziati, grosse ricchezze per le mafie e migliaia e migliaia di denunciati, arrestati, ricattati.
La costruzione quindi delle due giornate al Teatro Miela di Trieste è uno spazio attraversabile da tutti, compresi per gli operatori che parteciperanno alla conferenza governativa. Le discussione strutturate avranno sempre seguito ad un dibattito con le persone partecipanti. Vogliamo avere la reale possibilità di fare ciò che nella conferenza governativa non è permesso.
Invitiamo quindi tutti e tutte a partecipare perché la questione non è una cosa relegabile esclusivamente al mondo dei servizi, ma anzi crediamo che la società tutta, compresa chi con droghe non ha mai avuto a che fare, capire e comprendere quali siano le politiche adatte ad affrontare un fenomeno non di nicchia. Non esistono ricette precostituite, cosa che l’ideologia attuale si arroga il diritto di affermare, esistono possibilità e la ricerca non solo medica come strumento che aiuta a dare interpretazioni. Esistono i diritti che appartengono a tutti/e e che non possono essere calpestati.
PROGRAMMA:
MERCOLEDI’ 11/03/2009
dalle ore 15:00
presso l’Aula Magna di Scienze della Formazione (Via Tigor 22)
DIBATTITO: “Dipendenze: dicotomia tra politica e realtà… e le sue conseguenze”
con Lidia Devetak, Luciano Capaldo, Roberto Pagliara, Moreno Castagna
GIOVEDÌ 12/03/2009
ore 14:30
APERTURA DEI LAVORI
Rete Operatori FVG
ore 15:30
I SERVIZI ALLA PERSONA NELLA SOCIETA’ DEL CONTROLLO
Laura Tartarini, avvocato Genova
Gianni Cavallini, medico Gorizia: “La sanità pubblica verso la sua militarizzazione”
Stefano Vecchio, Ser.T. Napoli
Antonina Contino Ser.T. Trieste
Riccardo Zerbetto, docente università di Siena: “Il diritto alla cura è dovere di curarsi? Quanti italiani dovremo mettere in galera?”
Legacoop Sociale Friuli Venezia Giulia
a seguire:
Hand Made Labe videoproiezioni
Ore 19:00
CONFERENZA di Roberto Pagliara
Dall’oppio dei poeti alla Beat Generation. Microstoria delle sostanze nella cultura occidentale
VENERDÌ 13/03/2009
ore 9:30
TAVOLA ROTONDA APERTA
Nuove tendenze e nuove pratiche
intervengono:
Stefano Bertoletti C.A.T. Firenze; Moreno Castagna Duemilauno Agenzia Sociale Trieste; Drog Art Lubljiana;
Massimo Lorenzani Lab 57 Alchemica Bologna; Progetto Nautilus Lazio; CSO Gabrio Torino; Infoshock Roma; Luca Mori Univesità di Verona; Marco Battini Papa Giovanni XXIII Reggio Emilia; Pino di Pino progetto TIPS&TRICKS-Venezia; Progetto Neutravel Piemonte
a seguire:
Hand made labe videoproiezioni
ore 14:30
WORKSHOPS E DIMOSTRAZIONI
Pill testing: Check-it Vienna, presentazione progetto laboratorio portatile analisi sostanze
Test rapido sostanze: Dimostrazione a cura di Lab57 Alchemica Bologna e CSO Gabrio Torino
SIMULAZIONE DI UNA STANZA DEL CONSUMO
a cura del CSO Gabrio di Torino e del Coordinamento Operatori Bassa Soglia del Piemonte
ore 16:00
G. Zuffa, Franco Corleone, Susanna Ronconi
La conferenza ONU di Vienna e la Conferenza Governativa di Trieste
ore 17:00
ASSEMBLEA PLENARIA
APERTURA DI DON ANDREA GALLO: L’INGANNO DROGA CONTINUA
ore 19:00
dj set nel bar del Miela
SABATO 14/03/2009
ore 15:00
MANIFESTAZIONE
Il programma potrebbe subire modifiche in itinere in quanto è aperto anche a proposte che potrebbero arrivare in seguito alla sua pubblicazione.
UN’ALTRA OVERDOSE DI PROIBIZIONISMO: MUORE UN DICIANNOVENNE AL RAVE PARTY DI PASQUA 2008
Puntata di Jalla Jalla, programma di Radio Città del Capo di Bologna, dedicata alla vicenda del ragazzo morto al rave party di Pasqua 2008 a Milano con l’intervento telefonico di Massimo Lorenzani, coordinatore del Lab57 e Pierfrancesco Pacoda, scrittore.
>>Ascolta la puntata di Jalla Jalla..
A distanza di un anno o poco più muore un altro ragazzo nella periferia industriale di Milano durante un rave-party.
Allora fu un’overdose di eroina, questa volta un letale mix di sostanze sconosciute di cui difficilmente sapremo in seguito qualcosa dai media ufficiali a cui basta gridare allo scandalo mostrando tutto il peggio del peggio riguardo al fenomeno “rave-party”, che sembrano di colpo il condensato diabolico di tutto il “degrado e l’illegalità” che traviano giovani allo sbando.
Vergognosa la risposta, sempre e comunque repressiva, della politica e delle istituzioni che ipocritamente fingono di non sapere nulla di questi eventi, pubblicizzati on-line a volte anche mesi prima e lasciati solo nelle mani delle forze dell’ordine o del 118, mentre le unità di strada che fanno informazione e riduzione del danno sono sempre meno supportati e finanziati.
Una doppia ipocrisia se si pensa che nonostante le migliaia di ragazzi che popolano quasi ogni sabato sera decine di rave-party in tutta Italia, questi eventi drammatici sono fortunatamente rarissimi, meno di uno ogni anno, mentre è continua la strage continua di giovanissimi che ogni week-end perdono la vita al volante uscendo da pub e discoteche che “legalmente” vendono alcool e vengono forzatamente messi fuori dai locali alle luci dell’alba sotto l’effetto di tutte le sostanze che offre il supermercato nero del proibizionismo 24 ore su 24.
Un morto al mese o all’anno è sempre troppo, comunque.
I rave-party nascono come eventi liberi, fuori dal mercato del divertimento massificato che riutilizzano temporaneamente aree dismesse, abbandonate.
Con lo sviluppo tecnologico delle comunicazioni con telefonini e il diffuso utilizzo della rete, è diventato relativamente semplice accedere e frequentare rave-party per giovani e giovanissimi spesso totalmente inesperti nella gestione di questi eventi e soprattutto nell’uso di sostanze psicoattive.
Quando 10 anni fa il Lab57 iniziò a intervenire nella scena tecno-rave, ci rendemmo conto che l’unico antidoto ai rischi e abusi legati al mondo delle sostanze, è il passaggio di pratiche e saperi proprio nei luoghi dove si materializzano questi eventi.
Da allora invece di andare avanti di è tornati indietro, pochissime unità di strada intervengono in Italia nei raves, mentre pratiche come il test-rapido delle sostanze negli eventi sono ancora illegali e nelle mani di chi come noi rischia personalmente per metterle in campo.
I servizi do pronto soccorso sono del tutto inadeguati a intervenire sugli abusi di sostanze illegali, perché nessuno si occupa di una formazione specifica a medici, infermieri e volontari, mentre i dati delle analisi tossicologiche nei casi letali o critici non sono ancora a disposizione degli operatori delle unità di strada, che quindi non possono essere preparati a dovere.
La repressione proibizionista oscurantista non fa che aumentare il consumo sommerso e ignorante del “proibito”, mentre drammaticamente tornano ad aumentare anche le overdose di eroina in tutta Italia.
I costi sociali in termini di carcerazioni e danni sanitari sono enormi, mentre costerebbe molto meno, in tutti i sensi, per organizzare servizi come le unità di strada per coprire eventi e bisogni sempre più difficili da ignorare.
Disponibile il download della diretta radiofonica su Radio città del Capo di Bologna con interventi di Pierfrancesco Pacoda critico musicale e saggista autore di ” Sulle rotte del rave”, Massimo Lorenzani coordinatore di Lab57 – Alchemica e una sintesi delle telefonate da Milano di partecipanti al rave di Segrate e operatori del 118 che vi hanno prestato soccorso.
STOP ALLA GUERRA ALLE DROGHE: VIENNA 2008
Il 7, 8 e 9 marzo 2008 si riunisce a Vienna il controvertice dei movimenti antiproibizionisti europei in occasione della Conferenza mondiale delle politiche sulle droghe organizzata dall’ONU che affronta la problematica da un punto di vista esclusivamente repressivo.
>> ASCOLTA IL REPORT AUDIO (7 marzo 2008)
>> GUARDA LA GALLERIA FOTOGRAFICA
>> IL SITO del Controvertice
by Lab57 feat Reporter_Libertario